Abstract
Esistono dei crimini che non si può né perdonare né punire. Davanti a una violenza estrema, che uccide, stupra, mutila, tortura massivamente e sistematicamente, una violenza che porta il nome di Auschwitz, di gulag, di Hiroshima, di Srebrenica e molti altri nomi ancora, ogni tentativo di comprendere e di giudicare sembra destinato allo scacco. Davanti all’orrore indicibile che ci supera, sperimentiamo l’incapacità di rendere giustizia alla realtà: di metterla in parole.