Carlo Maria Martini al Sinodo: che cosa avrebbe detto?


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  Nel dibattito che si sta sviluppando con sempre maggiore intensità nel Sinodo le parole dei Padri sinodali testimoniano della forza e della bellezza del confronto ecclesiale, che porta tutti coloro che entrano nel confronto a fare esperienza di ascolto e di conversione. Non solo a cambiare le risposte, ma anche a formulare diversamente le domande. Riporto qui un brano dell’ultima intervista del Card. Martini, che ho citato come spunto per scrivere il mio testo raccolto nel bel volume curato da Marco Vergottini Martini e noi. Può essere utile a tutti, soprattutto in questo ricco passaggio sinodale, confrontarsi con la forza del suo domandare e con la libertà del suo rispondere.

Domandare con autorità, rispondere con libertà

Portiamo i sacramenti agli uomini che necessitano una nuova forza? Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale... La domanda se i divorziati possano fare la Comunione dovrebbe essere capovolta. Come può la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi ha situazioni familiari complesse?”                  Carlo Maria Martini1

In questo brano dell’ultima intervista di Carlo Maria Martini appaiono in modo luminoso alcune caratteristiche speciali del suo magistero teologico e pastorale: la libertà di parola, la capacità di una autentica e rarissima “conversione nel domandare” e la visione profetica verso un futuro rinnovato. Queste tre caratteristiche sono tra loro correlate e interdipendenti. Non c’è libertà di parola se non si sa formulare la domanda in modo nuovo; e non c’è vera novità se non si legge il presente alla luce dell’avvenire. Vorrei sostare su ognuno di questi aspetti del magistero di Martini.

Libertà di parola: essa è possibile solo sotto la autorità di una Parola indicibile, eppure mille volte detta e ridetta, ascoltata, annunciata, pregata, sussurrata, cantata, meditata. Alla scuola della Parola, che è scuola di testi e di gesti, di pagine di carta e di compagini di carne, si matura una freschezza di linguaggio e una sorpresa nello sguardo. Con la consapevolezza, segreta ma contagiosa, che la verità del testo non sta “dietro”, ma “davanti” ad esso.

Saper convertire la domanda: quanto abbiamo bisogno, anche oggi, di questa capacità – realmente evangelica – di rispondere con una grande conversione del domandare! Ascoltando il card. Martini accadeva sempre questo miracolo: le domande più comuni acquisivano una diversa profondità, una forza sconosciuta ed emergevano dal tessuto della esperienza con rinnovata autorevolezza e con insperata pertinenza. Ma questo aveva, come conseguenza, una vera conversione. Soprattutto sui temi “scottanti” del rapporto tra fede ed esperienza, questa grandiosa capacità di riformulazione aveva, come esito, una straordinaria semplificazione, una scoperta della elementare logica del Vangelo e del discepolato.La riformulazione del domandare, purificando l’aria, acuisce la vista e tutti i sensi. Diventiamo, alla luce di questo nuovo domandare, capaci di una percezione più diretta e più immediata dello stesso Vangelo.

Saper guardare più lontano: infine, le prime due “mosse” avevano, come esito, un purificarsi e un potenziarsi dello sguardo, un occhio più acuto e una vista più perspicace. Questo sguardo profondo poteva, in qualche caso, apparire sorprendentemente “inattuale”. Non aveva mai la attualità della chiacchiera, non cadeva mai nel consenso del luogo comune. Poteva invece rilevare, profeticamente, il grave ritardo delle domande trite e delle risposte scontate, incapaci di cogliere le nuove dinamiche della società e le nuove esigenze dei credenti.

Riformulare con libertà il linguaggio, saper sollevare la domanda più opportuna e trovar la forza per alzare gli occhi e guardare “oltre la siepe” sono parola ancora viva del magistero di Carlo Maria Martini. Che forse per questo poteva anche vedere la Chiesa “indietro di 200 anni”, ma non con il tono disfattista, che anche qualche “autorità” osò rimproverargli (proprio a lui!), ma con il tono del profeta sapiente e pacato. Profeta di una “chiesa in uscita”, che faticosamente prova a uscire anzitutto dal proprio vecchio domandare, ma ancor più dal proprio vecchio rispondere.

1Si tratta dell’intervista che P. G. Sporschill e Federica Radice hanno tenuto con il Cardinale il giorno 8 agosto del 2012, e che venne pubblicata sul “Corriere della Sera” il giorno dopo la sua morte, il 1 settembre 2012, con il titolo “Chiesa indietro di 200 anni”.
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