Donne e ordine: S. Tommaso d’Aquino nel magistero (/1), di Riccardo Saccenti


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Ch. Dickens ha scritto buona parte dei suoi romanzi a puntate, pubblicandole su riviste settimanali, un capitolo per volta, spesso consegnandolo all’ultimo momento. Anche la teologia e la storia si può fare così. E ogni capitolo può anche finire con una certa “suspence”! In realtà qui è solo una finzione. Già il testo è stato scritto integralmente. L’autore non dovrà fare le corse e perdere le notti di sonno per consegnare ogni giorno il “pezzo nuovo”. Ma l’esperto di teologia medievale, che gentilmente ha messo a disposizione il suo scritto prezioso, uscirà, giorno dopo giorno, per un suo “esamerone”.  In nostro studioso è Riccardo Saccenti, che insegna Storia della Filosofia Medievale all’Università degli Studi di Bergamo. Si è occupato di dottrina del diritto naturale fra XII e XIII secolo, di questioni etiche (psicologia dell’atto morale) e della tradizione delle Sententiae di Pietro Lombardo. Lo ringrazio di cuore per questo regalo e invito i lettori a non perdersi queste “sei puntate” su un tanto delicato quanto importante. (ag)

 

Donne e ordine. Note sull’uso di Tommaso d’Aquino nei documenti del magistero. 1: Inter insigniores

di Riccardo Saccenti

Fra le molteplici questioni teologiche che negli anni del pontificato di Francesco sono tornate oggetto di studio e di discussione pubblica all’interno della chiesa cattolica vi è quella relativa al rapporto fra le donne e il sacramento dell’ordine. Le ripetute iniziative a favore dell’istituzione del diaconato femminile, gli studi storici e teologici che hanno cercato di fare luce sulle tradizioni antiche nella plurale esperienza della chiesa, i lavori della Commissione pontificia – da poco rinnovata per proseguire un lavoro di approfondimento –, rappresentano alcuni degli elementi di uno sforzo che vede coinvolta la comprensione teologica tanto del sacramento dell’ordine quanto della dignità riconosciuta alla donna e accanto a questa il modo in cui il magistero recepisce e utilizza gli sviluppi dell’intelligenza della fede. Attorno alla specifica questione della possibilità di ordinare delle donne, si registra un diffuso utilizzo di categorie “tomiste”, quali quelle di necessitas sacramenti o di defectus eminentiae gradus, alle quali si ricorre anche nei documenti del magistero papale. È ricorrendo a questi concetti che si tende a ribadire l’impossibilità per a chiesa cattolica di aprire l’ordinazione presbiterale alle donne, le quali, proprio per la loro appartenenza di genere, non sarebbero in grado di soddisfare le caratteristiche essenziali per il sacramento: in particolare, quella di esprimere il ruolo di Cristo nell’Eucaristia attraverso il principio della “naturale rassomiglianza”. Questa visione teologica, sviluppata mediante l’esplicito uso autoritativo di alcuni luoghi dell’opera teologica di Tommaso d’Aquino, trova un’esplicita formulazione già in Inter insigniores, dichiarazione con la quale nel 1976 la Congregazione per la dottrina della fede prendeva posizione contro la possibilità dell’ordinazione femminile.1

La questione dell’uso di categorie teologiche tratte dagli scritti dell’Aquinate nell’attuale dibattito teologico e nella produzione magisteriale contemporanea, riemerge dunque in questa circostanza e oltre a porre la questione dell’assolutizzazione di una fra le molteplici tradizioni teologiche espresse dalla chiesa, solleva anche quella relativa alle modalità con le quali si fa appello alle parole di uno dei maggiori teologi del medioevo, la cui forma mentis risponde alle categorie storico-culturali e religiose dell’Europa latina nei decenni centrali del XIII secolo. L’intento della rassegna che segue è quello di tornare sul luogo di Inter insigniores nel quale si ricorre a Tommaso per argomentare l’impossibilità del genere femminile di significare adeguatamente Cristo e il suo ruolo nella Chiesa e di vagliare poi il testo dell’Aquinate per coglierne l’argomentazione teologica e precisarne i contorni concettuali2. Un orientamento, questo, che richiede una storicizzazione delle parole del teologo domenicano, la quale non è da confondere con un atteggiamento teoreticamente relativista: al contrario, la comprensione di un testo nel perimetro culturale da cui emerge e nel quale viene elaborato, contribuisce alla sua intelligenza e dunque anche a quella del dispositivo argomentativo che esso dispiega. Emerge così quello che è il ragionamento dell’autore, in questo caso Tommaso, con il quale il teologo può misurarsi con maggiore rigore.

È opportuno rileggere il passo della dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede del 1976 per poi esaminare come i testi tommasiani vengano rifusi in essa per sostenere l’impossibilità dell’ordinazione delle donne.3 L’Aquinate viene chiamato in causa nel quinto capitolo, là dove la Congregazione affronta la questione non da un punto di vista di rassegna della prassi o della traditio ma guardando al nodo teologico della natura del ministero dell’ordine «nel suo riferimento specifico al ministero di Cristo». Il principio su cui viene fondata l’argomentazione è quello dell’analogia fra lo status connesso all’ordinazione e quello di Cristo stesso rispetto alla Chiesa. È in ragione di tale orientamento analogico che la Congregazione nega la possibilità dell’ordinazione delle donne, perché il sesso femminile rappresenterebbe un oggettivo impedimento al pieno realizzarsi della analogia fra la posizione di Cristo e quella di chi riceve il sacramento. È a sostegno di questa tesi che viene richiamato un luogo del quarto libro del Commento alle Sentenze di Tommaso.

Si legge dunque in Inter insigniores:

 Il sacerdozio cristiano è, dunque, di natura sacramentale: il sacerdote è segno, la cui efficacia soprannaturale proviene dall’Ordinazione ricevuta, ma un segno che deve essere percettibile e che i fedeli devono poter riconoscere facilmente. L’economia sacramentale è fondata, in effetti, su segni naturali, su simboli che sono iscritti nella psicologia umana: “I segni sacramentali – dice S. Tommaso – rappresentano ciò che significano per una naturale rassomiglianza”. Ora, questo criterio di rassomiglianza vale, come per le cose, così per le persone: allorché occorre esprimere sacramentalmente il ruolo del Cristo nell’Eucaristia, non si avrebbe questa “naturale rassomiglianza”, che deve esistere tra il Cristo e il suo ministro, se il ruolo di Cristo non fosse tenuto da un uomo: in caso contrario, si vedrebbe difficilmente in chi è ministro l’immagine di Cristo. In effetti, il Cristo stesso fu e resta uomo.

 Il testo ricorre a due citazioni dell’Aquinate. La prima viene utilizzata per richiamare la natura del sacramento dell’ordine quale signum con le conseguenze che ciò implica: la capacità del segno di “significare” la realtà a cui rimanda richiede non solo la presenza di una res qualsiasi, ma nello specifico di una cosa che sia adeguata al compito di significare. Occorre cioè, questo il senso dell’uso che qui si fa della frase di Tommaso, che la res sacramenti sia capace, per le proprie caratteristiche naturali, di significare adeguatamente ciò di cui è segno. È in ragione di questo che, spiega la dichiarazione, la donna non può ricevere l’ordine: perché come res sacramenti non avrebbe le caratteristiche “naturali” per poter adeguatamente significare ciò di cui è segno, ossia lo status di Cristo nella Chiesa. Tommaso viene qui citato per richiamare il criterio della naturalis similitudo, che il documento della Congregazione traduce chiaramente nei termini “biologici” di differenza di genere. Dal momento che Cristo «fu e resta uomo», solo un uomo è nella condizione di esserne segno, perché solo un uomo ha la piena somiglianza fisica e corporale con l’uomo Cristo.

Tommaso viene dunque utilizzato a sostegno di una impostazione simbolica, nella quale l’analogia fra Cristo e il ministero ordinato si declina secondo il criterio della somiglianza naturale, cioè, in questo caso, biologica, fra realtà significante – il segno, che in questo caso è chi riceve l’ordine – e realtà significata – ossia Cristo stesso. 

(segue – 1)

1Per un quadro della discussione si veda la discussione sviluppata sul blog Come se non di Andrea Grillo: http://www.cittadellaeditrice.com/munera/come-se-non/.

3Il testo della dichiarazione citato di seguito è accessibile in rete sul sito http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_19761015_inter-insigniores_it.html.

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