Il rischio di un risentimento dello spazio contro il tempo. A proposito di una critica di Don Giulio Meiattini a papa Francesco
Da tempo conosco Don Giulio Meiattini, monaco benedettino, professore di teologia e mio collega a S. Anselmo. Molte volte è capitato che ci confrontassimo piacevolmente e che discutessimo con gusto e con passione su tematiche teologiche, soprattutto di carattere sacramentale e liturgico. Ho letto la sua critica al “principio” della superiorità del tempo sullo spazio nel magistero di papa Francesco ( http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351356) e trovo che in questo caso egli abbia rivolto ai documenti del papa – soprattutto a EG, ma anche a LS e ad AL – una censura troppo forte, troppo sopra le righe, che rischia di non cogliere ciò che è in gioco in quei 4 principi, di cui Meiattini critica soprattutto il primo.
Vorrei cercare di mostrare questo limite in tre passaggi: sullo schema che egli applica alla questione, sul vero centro della critica e infine sulle conseguenze che ne trae circa l’ultimo documento, ossia Amoris Laetitia.
a) Il magistero non è né filosofia né scienza
La conclusione che Meattini trae dal suo articolo – e che suona: “dai pronunciamenti magisteriali sarebbe da attendersi un linguaggio più sorvegliato e una maggiore lucidità di pensiero” – mi sembra molto grave, soprattutto perché non riconosce la originalità del “processo” che questo tipo di magistero introduce nella esperienza ecclesiale. La sua critica assomiglia molto a quella di coloro che, subito dopo il Concilio Vaticano II, lamentavano che i documenti conciliari non erano rigorosi, argomentati, strutturati secondo il classico stile del magistero…Sorvegliare il linguaggio e definire rigorosamente i concetti è in realtà ciò che non è più sufficiente alla esperienza ecclesiale.
Una prima osservazione mi sembra quindi necessaria. Meiattini contesta l magistero di Francesco, e il suo modo di parlare del tempo, sul piano di una critica scientifica e di una critica filosofica. Sembra quasi ignorare che Francesco sta svolgendo un “ministero pastorale”, e sta parlando il linguaggo di una magistero specificamente pastorale. Controllarlo semplicemente sul piano scientifico e filosofico – cosa sempre possibile e anche necessaria – rischia di sfigurarlo irrimediabilmente e di spostarne sensibilmente il centro.
b) Il “processo” è la vera questione
In realtà, come appare chiaramente dal tenore del testo di Meiattini, il vero centro della questione è la “opportunità” di “avviare processi”. Per Meiattini in gioco non è tanto la chiarezza del linguaggio o il rigore delle categorie, ma il fatto che Francesco voglia “avviare processi”: questo, per Meiattini, sembra il centro dello “scandalo”. Anzi, Meiattini propone una ricostruzione capovolta della relazione tra Chiesa e mondo. Se per Francesco la questione oggi decisiva è quella di una Chiesa capace di avviare processi di conversione e di misericordia nel mondo, per Meiattini, in un mondo dedito a continui processi e ad un movimento continuo, la Chiesa dovrebbe invece garantire pause, spazi di decantazione e di sosta. Qui non è più in gioco né il linguaggio né il concetto, ma una specifica relazione tra Chiesa e mondo, che predetermina ogni gudizio e che rischia di scivolare, se non adeguatamente controllata, nel pregiudizio. A leggere il testo di Meiattini a partire dal suo vero “fuoco” – ossia il rifiuto di una “Chiesa in uscita” – si rischia di comprendere tutto ciò che precede come un semplice pretesto. Il che sembra apparire, nel modo più chiaro, nell’ultima parte dell’articolo.
c) Le conseguenze su AL e il fraintendimento del processo iniziatico
Proprio la applicazione ad AL del criterio di lettura adottato mi sembra particolarmente illuminante. Ecco la sequenza della argomentazione proposta da Meiattini:
– la applicazione del principio della “superiorità del tempo sullo spazio”, proprio all’inizio di AL, risulterebbe enigmatico. Vorrebbe dire che occorre ridurre il potere del magistero? Questo a Meiattini appare infondato;
– a suo avviso, invece, il principio avrebbe attivato “processi” che a suo avviso avrebbero determinato soltanto confusione e contraddizioni maggiori;
– l’unica cosa che, secondo Meiattini, sarebbe importante è di garantire la formazione dei soggetti che si sposano. Perché i sacramenti siano “dati” a chi è veramente cristiano.
Ora qui a me pare che, in un sol colpo, ci si voglia immunizzare dalla storia degli ultimi 150 anni, rispetto a cui Francesco cerca invece di assumerne eredità e peso. La riduzione del matrimonio a “potere ecclesiale”, la esigenza di processi di accompagnamento, discernimento e reintegrazione, e il riconoscimento che il matrimonio è “più grande” della stessa iniziazione cristiana sono tre “processi” che Meiattini sembra ridurre ad una “quantité négligeable”.
So bene che così non è. E so anche che Meattini conosce con finezza tutto il percorso che ha riconosciuto come anche la “iniziazione cristana” sia un processo complesso, irriducibile ad una dottrina o a una disciplina. Ma è francamente piuttosto curioso che Meiattini voglia squalificare il concetto di processo utilizzato da Francesco e poi si rifugi, in conclusione, nell’elogio di un processo, come quello iniziatico, isolandolo dalla più ampia processualità culturale. Credo che se egli avesse letto i testi di Francesco senza il pregiudizio che irrigidisce i concetti in accezioni senza elasticità, avrebbe compreso che alla sua istanza oggi si può rispondere non secondo la logica della alternativa Chiesa/mondo, ma secondo una relazione di reciprocità e di dialogo. Quando papa Francesco parla di “primato del tempo sullo spazio”, propone una autorevole traduzione del Concilio Vaticano II. Non vorrei che il vero problema, in tutta questa analisi critica del “primato del tempo”, fosse proprio il Vaticano II e il processo di riforma che ha introdotto irreversibilmente nella esperienza ecclesiale e nella teologia. L’ansia di “negare i processi” è veramente garanzia di magistero affidabile? E il risentimento dello spazio verso il tempo è davvero un principio convincente? O anche questo dovrà essere giudicato un “linguaggio poco sorvegliato e senza rigore”?
Caro Andrea, mi fa piacere ricevere una tua lettura critica del mio contributo. Devo dire che, seguendo sporadicamente i tuoi interventi stampati e digitali, di questi ultimi tempi, mi aspettavo che saresti intervenuto tempestivamente e che mi avresti rivolto proprio questo tipo di obiezione. Ovvero, che nella mia lettura sono andato “sopra le righe” perché, a un documento pastorale, ho chiesto una coerenza scientifica, filosofica, che esso, per sua natura, non si propone. A me sembra che questa osservazione non colga il merito delle mie critiche, perché è un’osservazione a sua volta “postulatoria”: infatti, bisognerebbe dimostrare previamente il fatto fondamentale che i quattro principi di papa Francesco in EG, non sono principi di carattere filosofico, non sono dei “postulati” apriorici, e che, soprattutto, sono sostenibili così come suonano (se le parole hanno un significato). In ogni caso non sono affermazione teologiche. Il fatto che siano contenuti in un documento pastorale, non dimostra ancora che essi non siano affermazioni filosofiche (le note di quei numeri, come ho fatto osservare, sono tutte rimandi a opere di filosofia) e che non vadano prese come tali.
Inoltre, è troppo facile “alleggerire” la responsabilità e le implicazioni teoriche di un testo dicendo che è “pastorale”, salvo poi rovesciare l’argomento (quando serve) dicendo che ciò che è “pastorale” non per questo non ha validità “teologica” o rilevanza “antropologica”. Questo è un gioco che troppo spesso è stato fatto dopo il Concilio: prima attenuare e ammorbidire con l’attributo “pastorale”, per parlare in modo teoricamente meno attento e più disinvolto, poi intensificare portando l’accento sulla rilevanza “veritativa” del pastorale stesso. In tal modo si compromette e la teologia e la pastorale. Con questo non nego l’interconnessione fra verità e azione, ci mancherebbe, ma proprio perché questa reciprocità esiste, è proprio essa che deve essere messa in atto in modo molto oculato. La lucidità che io auspico, e che mi sembra manchi, fra l’altro, nei famosi quattro postulati di EG, non è la sola lucidità teorica, ma quella relativa alla menzionata implicazione fra idea a azione.
Tu poi aggiungi anche che “sorvegliare il linguaggio e definire rigorosamente i concetti è in realtà ciò che non è più sufficiente alla esperienza ecclesiale”. Che questo non sia “sufficiente” sono del tutto d’accordo, e io infatti non ho detto che lo sia. Non lo è mai stato. Quando mai la chiesa si è limitata a sorvegliare i concetti e verificare gli argomenti? La chiesa non è un’accademia. Io non dico che questo sia sufficiente, dico che è “necessario, anche se non sufficiente”, perché, come ho notato di passaggio nel mio contributo “gesti e parole” devono andare insieme e si sostengono o si equivocano a vicenda.
Ho poi l’impressione che, dopo avermi benevolmente rimproverato una eccessiva esigenza teorica nella lettura di EG, tu ti contraddica rimproverandomi l’errore opposto: “Per Meiattini in gioco non è tanto la chiarezza del linguaggio o il rigore delle categorie, ma il fatto che Francesco voglia ‘avviare processi’: questo, per Meiattini, sembra il centro dello scandalo”. Io ho l’impressione di aver scritto il contrario. La mia critica al postulato o ai postulati di papa Francesco, non è animata innanzitutto da un “interesse” (allergia ai processi). Se questo fosse, commetterei lo stesso errore metodologico che invece imputo al testo pontificio: quello di anteporre l’interesse alla coerenza intrinseca della conoscenza. Anche se fra interesse e conoscenza, teoria e azione, teologia e pastorale c’è una reciprocità, ognuno dei due ordini ha esigenze proprie e specifiche di coerenza, che non vanno confuse (inconfuse, indivise). Io non sono per nulla scandalizzato dai processi (e chi legge con attenzione il mio testo dovrebbe averlo compreso). Però, come ho scritto, ritengo che “avviare processi” non è un fatto intrinsecamente innocente. Dipende dai motivi e dagli orientamenti dei processi e anche dai loro risultati obiettivi (attenzione all’eterogenesi dei fini, o degli effetti, possono capitare brutti scherzi).
Che poi la mia analisi sia riducibile a “un risentimento dello spazio contro il tempo”, mi sembra che sia del tutto insostenibile. Io ho semplicemente ribadito l’inseparabilità delle due dimensioni, senza nessun tipo di superiorità di uno dei due poli sull’altro. Non ho detto che l’alternativa sarebbe la superiorità dello spazio sul tempo, ma che è necessario riconoscere la loro interdipendenza.
Quindi, se si ritiene che siano necessari dei cambiamenti e delle conversioni (questa sì una parola evangelica, che va bene per tutti, fra l’altro), va bene! Ma per favore lasciamo stare le relazioni fra lo spazio e il tempo. O almeno, se proprio interessano, si studi filosofia o fisica pura.
Concludo dicendo che in tutto quello che tu dici, non c’è la minima giustificazione del “perché” il tempo (e dunque il processo) è superiore allo spazio. Siamo al punto di prima.
Un saluto e un grazie!
Caro don Meiattini, non sarà certamente un povero fedele come me a prendere la difesa di Lei, fine teologo, ma mi permetta di sottolineare un Suo passaggio che condivido in toto: ” La lucidità che io auspico, e che mi sembra manchi, fra l’altro, nei famosi quattro postulati di EG, non è la sola lucidità teorica, ma quella relativa alla menzionata implicazione fra idea a azione”. Un esempio banale? Quante volte sentiamo nelle omelie domenicali delle nostre parrocchie le parole del Papa usate in senso banalizzante, per giustificare i più triti qualunquismi? Credo che per qualunque politico sia facile lanciare slogan… il guaio è che l’attuale Vescovo di Roma non dovrebbe comportarsi come un premier di turno (non faccio nomi).
La ringrazio ancora per la Sua lucidità, ce ne fossero di sacerdoti come Lei. Il guaio è che, appena parlano, vengono subito tacciati di essere “massimalisti-tradizionalisti”, “trasformatori di parole in pietre”…. gli esempi li conosce meglio Lei. Un cordiale saluto dal bellunese.
Caro Don Giulio,
il tuo commento apre uno scambio di idee molto fecondo. Ti segnalo un contributo che discute le stesse questioni: S. Biancu, L’éthique théologique, le temps, la réalité et l’art de vivre, apparso in “REVUE D’ÉTHIQUE ET DE THÉOLOGIE MORALE”, N° 291 JUIN 2016, 71-80.
Caro Grillo, mi ha preceduto! Avrei voluto segnalarle già ieri l’intervento di Meiattini, che, a mio avviso, coglie nel segno e sistematizza quanto già da tempo cerco di dirLe; ma poi mi ero astenuto, per non sembrare il guastefeste di turno. Evidentemente abbiamo gli stessi gusti, non lo immaginavo!
Ovviamente sono d’accordo con la tesi di Meiattini. Tutti questi “processi di novità” avviati da quest’ultimo Pontificato, sembrano effettivamente poco coordinati e molto confusi. Dire che equivalgono ad assiomi della “nuova chiesa in uscita”, oltre che ad essere qualunquista è anche grottesco: ci licenzierete tutti? A partire da un linguaggio poco rigoroso. Novità e freschezza pastorale? Dipende dai punti di vista. Se cogliamo nei segni dei tempi gli indizi di una rinnovata primavera, possiamo certamente scambiare il dorso di vipere per fiori… fuor di metafora: se davvero il nostro intento è di buttare all’aria tutto in campo dottrinale, allora il linguaggio papale è certamente quello più indicato: devo essere io a ricordarle quel “Non so fate voi?” preoccupante riguardo all’Eucarestia?
Guardi, caro Grillo, Lei non mi toglierà dalla testa questa convinzione: che la demolizione di sacramenti cattolici come Eucarestia ed Ordine Sacro sia il vero obiettivo, taciuto, di questo pontificato, in nome di un non-so-che di affratellamento religioso. Torno a consolarmi con i miei amici della “Chiesa in entrata”.
[…] ho letto con molto interesse la riflessione del prof. Meiattini sui quattro principi di papa Francesco (http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351356), come anche la tua risposta (http://www.cittadellaeditrice.com/munera/il-rischio-di-un-risentimento-dello-spazio-contro-il-tempo…). […]
[…] > A proposito di una critica di don Giulio Meiattini a papa Francesco […]
[…] Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. Con immediata controreplica del dotto benedettino: > A proposito di una critica di don Giulio Meiattini a papa Francesco. Il postulato caro a Jorge Mario Bergoglio sul quale i due hanno polemizzato è il primo: quello […]
Perchè il mio post non è stato pubblicato? Che senso ha allora questa possibilità?
Gent.mo prif. Meattini, condivido in pieno le sue osservazioni e anche la sua risposta,. Credo però, che lei stia solo peredendo tempo, con interlocutori, che di fatto negano, sia la realtà delle cose, tipo p. Es che due conferenze episcopali, come quella argentina e polacca, ma non solio, abbiano dato interpretazioni opposte ad A. L. Per non parlare poi, del caos su tutto, infatti, ultimamentw, ma è ultimo di tanti episodi, è intervenuto il caedinale Muller, con il manifesto sulla fede, per ridare i chiari punti di fede e dottrina Cristiana, seria bimillenaria, che Bergogluo e i suoi modernisti, hanno cercato in tutti i modi di falsare. Per grazia di Dio, esistono dicumenti scritti e trattati di santi papi e dottori i dela Chiesa, oltre che tradizione viva, che non hanno nulla, da spartire con le idiozue di Karl RAHNER , di cui questi sono seguaci, non a caso Bergoglio è Gesuita. Ecco perché, poi, la confusiine su tutto e pseudo pastorali ambigue e fuorvianti. Poi mi chiedo, se i suoi interlocutori CONOSCONO SAN AGOSTINO E SAN TOMMASO, che si rifacevani, giustamente al modello metafisico, come filosofia di supporto per ka fede, e non a quello interporetativi relativo del confuso RAHNER. Per cui credo che non siano in grado di capire altro, in quanto non formati e incompetenti a riguardo. Va da se, allora, se si negai la realtà deu fattti e non si conosce la vera fede è dottrina cattolica bimillenaria, che soeto sapoiano NIN È OOERA DI BERGOGLIO…… E HA DUEMILA SOTTOLINEO DUEMILA ANNI…. si segue solo un confuso vestito di bianco, al laccio di un pseudo teologo eretico, in forza della PASCENDI di San Pio X, e di qui solo inutili diatribe e discorsi, interpretazione faziose, dei suoi scritti, in nome di un pseudo pontificato ambiguo, che di cristianio cattolico, non ha che il nome, cosa dimosteabile in ogni momento, prof. N liberio IDR della Chiesa cattolica.
Gent.mo prif. Meiattini, condivido in pieno le sue osservazioni e anche la sua risposta,.ai suoi interlocutori. Credo però, che lei stia solo peredendo tempo, con interlocutori, che di fatto negano, sia la realtà delle cose, tipo p. Es che due conferenze episcopali, come quella argentina e polacca, ma non solio, abbiano dato interpretazioni opposte ad A. L. Per non parlare poi, del caos su tutto, infatti, ultimamentw, ma è ultimo di tanti episodi, è intervenuto il caedinale Muller, con il manifesto sulla fede, per ridare i chiari punti di fede e dottrina Cristiana, seria bimillenaria, che Bergogluo e i suoi modernisti, hanno cercato in tutti i modi di falsare. Per grazia di Dio, esistono dicumenti scritti e trattati di santi papi e dottori i dela Chiesa, oltre che tradizione viva, che non hanno nulla, da spartire con le idiozue di Karl RAHNER , di cui questi sono seguaci, non a caso Bergoglio è Gesuita. Ecco perché, poi, la confusiine su tutto e pseudo pastorali ambigue e fuorvianti. Poi mi chiedo, se i suoi interlocutori CONOSCONO SAN AGOSTINO E SAN TOMMASO, che si rifacevani, giustamente al modello metafisico, come filosofia di supporto per ka fede, e non a quello interporetativi relativo del confuso RAHNER. Per cui credo che non siano in grado di capire altro, in quanto non formati e incompetenti a riguardo. Va da se, allora, se si negai la realtà deu fattti e non si conosce la vera fede è dottrina cattolica bimillenaria, che soeto sapoiano NIN È OOERA DI BERGOGLIO…… E HA DUEMILA SOTTOLINEO DUEMILA ANNI…. si segue solo un confuso vestito di bianco, al laccio di un pseudo teologo eretico, in forza della PASCENDI di San Pio X, e di qui solo inutili diatribe e discorsi, interpretazione faziose, dei suoi scritti, in nome di un pseudo pontificato ambiguo, che di cristianio cattolico, non ha che il nome, cosa dimosteabile in ogni momento, prof. N liberio IDR della Chiesa cattolica.