Pio V, Francesco e Von Balthasar: piccola quaestio disputata


 

HUvB

In un recente post sul suo blog (che si può leggere qui), Sandro Magister ospita il testo di uno storico del medioevo e Fellow a Berkley, Nicola Lorenzo Barile, che prova a confutare ciò che ho scritto alcuni mesi fa, sul mio blog (che si può leggere qui), mostrando come anche Von Balthasar potrebbe essere d’accordo con “Traditionis custodes”, sulla base di un suo testo del 1980. Vorrei discutere il testo in forma medievale, come una breve “questio disputata”, da cui trarre alcune conseguenze.

Se H. U. von Balthasar possa essere d’accordo con Traditionis Custodes di papa Francesco

Sembra che HUvB non possa essere d’accordo con Francesco:

1. HUvB era un fiero difensore della tradizione, perciò non può essere d’accordo con un testo che contesta il ricorso ad un rito della tradizione;

2. Tra HUvB  e J. Ratzinger vi era grande e accertata affinità e amicizia. Quindi non è pensabile che HuvB potesse condividere la abrogazione di un documento voluto da J. Ratzinger-papa Benedetto;

3. Contestualizzando la affermazione di HUvB nell’intero testo in cui appare, si dovrebbe intenderla in sintonia con i timori dell’allora Card. Ratzinger verso la Riforma Liturgica.

Sed contra

1. La affermazione esplicita che Von Balthasar fa nel testo da me citato non viene contestata: Von Balthasar dice esplicitamente che il VO è destinato ad estinguersi, esattamente come dice papa Francesco in TC;

2. Von Balthasar accetta la riforma liturgica, di cui può contestare aspetti anche rilevanti, ma resta all’unica forma vigente. Sa perciò di collocarsi, ecclesialmente, teologicamente e sacramentalmente, “oltre Pio V” proprio perché la tradizione non sta ferma, ma si muove.

Respondeo dicendum

Il testo del prof. Barile si muove sul piano storico, ma ripete “principi sistematici, giuridici e liturgici” ai quali sembra estraneo e di cui non mi sembra che colga la fragilità e la arbitrarietà. La questione del VO non è storica, ma teologica e sistematica. Invece HUvB, da grande teologo, sapeva bene che il rapporto con la tradizione non è il rapporto con un museo, ma con un giardino. Nel corso del suo testo da un lato Barile invoca altri testi di HUvB, che però non sono mai diretti o appaiono congetturali (visto che con le amicizie o con interviste segrete non si fa teologia). D’altra parte nella seconda parte il suo testo propone una serie di affermazioni – senza alcun rapporto con Balthasar – che teologicamente appaiono del tutto inconsistenti e hanno la forma del sofisma, che tanto piace ai difensori di una tradizione immobile. Per questo occorre dire che HUvB, nel testo da me commentato alcuni mesi fa, dice due cose fondamentali, che sono due enormi montagne rispetto ai piccoli sassolini invocati dal prof. Barine: che la riforma liturgica è irreversibile e che il VO è destinato ad estinguersi. Non è papa Francesco ad aver abolito il VO, ma il rito romano si è trasformato nel NO, che sostituisce naturalmente e tradizionalmente la forma precedente. Questa non è una decisione di Francesco, ma del Concilio Vaticano II. Piuttosto è chi ha cercato e cerca tuttora di negarla a dover argomentare in modo convincente.

Ad 1: HUvB era certamente un difensore della tradizione, come lo è stato il Vaticano II. Ma era interessato a farla fiorire, non a metterla sotto la teca. Per questo non appare triste per la estinzione di un VO che continua a vivere nella forma del NO. Il rito romano è sempre uno nella storia: nel divenire assume forme diverse, ma al presente non può avere forme parallele;

Ad2: Una affinità tra autori e tra teologi non sposta di un millimetro la diversità tra ciò che HUvB afferma nel suo testo e le pesanti insinuazioni che J. Ratzinger fece, in quella intervista, a proposito della decisione di Paolo VI di riformare il rito romano e quindi di far uscire dall’uso la forma precedente. Qui tra gli amici c’è una contraddizione evidente, che non si può minimizzare in alcun modo.

Ad3: Ho già risposto in Ad2.

Concludendo

Il testo del prof. Barile, che parla come storico, non affronta la questione sistematica di fondo, che affliggeva il tentativo con cui Summorum Pontificum pretendeva di remare contro la storia, di rendere accessoria la riforma liturgica e di dare fiato a tutte le forme di resistenza al Concilio Vaticano II. Il modo di custodire la “tradizione liturgica” non può essere garantito dal mantenere contemporaneamente vigenti due forme dello stesso rito romano, di cui la seconda ha voluto e vuole essere una esplicita revisione, correzione e riformulazione della forma precedente. Lo strappo, se vi è stato, non è certo quello di Francesco o del Concilio Vaticano II. Lo strappo è quello di chi ieri, come oggi, pensa di immunizzarsi dalla riforma della liturgia e della chiesa, chiamandosi fuori dalla storia comune. Con fedeltà alla tradizione sana Francesco ha inevitabilmente fermato una breve e pericolosa tradizione malata. Per questa lucidità classica deve essere ringraziato. E al ringraziamento non è forzato pensare che anche Hans Urs von Balthasar sarebbe d’accordo. Sulla base non di supposizioni o di congetture, ma leggendo un testo del tutto chiaro e che non  lascia margine di dubbio, nel quale scrive:

“La S. Messa aveva urgente bisogno del rinnovamento, soprattutto di quell’attuosa partecipazione di tutti i fedeli all’azione sacra che nei primi secoli era qualcosa di assolutamente pacifico. Tutt’al più- come hanno ribadito P. Louis Bouyer e anche il cardinale Ratrzinger — si sarebbe potuto tollerare ancora per un determinato tempo la vecchia messa preconciliare (nella quale, dai tempi di Pio V, sono state apportate a più riprese numerose e sostanziali modificazioni); a poco a poco questa messa avrebbe finito per estinguersi organicamente.” (Piccola guida per i cristiani)

Per questo il titolo del post di Magister (“Neppure Von Balthasar ci aveva mai pensato”) è gravemente fuorviante: è difficile ipotizzare che Von Balthasar non avesse pensato a ciò che aveva scritto!

Dunque: Hic Rhodus, hic salta.

 

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