Propongo un “percorso sul ministero episcopale” come luogo di evidenza della sfida sinodale e della sua radicalità. Questo perché una riflessione sul Sinodo implica una ridefinizione dell’autorità episcopale. Ne parlerò sul piano sistematico e sul piano storico.
Vorrei sollevare una questione che appare decisiva per la nostra breve indagine: ci siamo chiesti perché, con poche eccezioni, i Vescovi, in questi ultimi anni segnati dalla pandemia, spesso abbiano par- lato come notai, come avvocati, citando codici, norme, leggi? Perché mai, di fronte al dramma di una condizione tanto precaria e difficile, hanno potuto o saputo quasi solo citare normative, disposizioni ed emanare “decreti”?
In verità, l’evocazione del “dono” – che soprattutto il carattere profetico e sacerdotale richiede – risulta quasi totalmente assorbita dal potere di governo, che prende la mano e oscura tutto il resto. Perché succede? La radice di tutto ciò sta in una comprensione dell’episcopato che si è usurata lungo la storia e che, direttamente o indiretta- mente, condiziona oggi in profondità la prospettiva di una Chiesa sinodale. Se non affrontiamo la “cultura episcopale”, non usciamo da una visione riduttiva del Sinodo.