Comparare le opere di Mallarmé e Debussy dopo i numerosi studi condotti su L’après-midi d’un Faune e le sue successive riletture (in chiave musicale, pittorica, coreutica) potrebbe sembrare una sfida ardua e, allo stesso tempo, poco gratificante. Tuttavia, a nostro avviso, è nell’utilizzo di un approccio comparativo e intersezionale tra musica e letteratura, nella prospettiva di arricchire una branca interdisciplinare ancora pionieristica e (soprattutto in Italia) poco esplorata, che risiedono le maggiori ricompense di questa ricerca ancora agli albori.
Perché scegliere di intraprendere il sentiero dell’analisi comparativa, ovvero, per dirla con Daniel Albright (1945-2015), massimo studioso del settore, della panestetica (dell’unità e diversità di tutte le arti), per fare luce sulla fragilità dell’umanesimo contemporaneo? La permeabilità artistica, l’osmosi tra danza, pittura, letteratura e musica, è uno dei caratteri principali del Modernismo, in cui inizia a emergere la figura dell’artista poligrafo. Poligrafo è il compositore-scrittore che, già dalla seconda metà dell’Ottocento, come nell’esempio più eclatante di Richard Wagner, rivendica il diritto di scrivere sui più disparati argomenti, dalla filosofia di Schopenhauer alla teorizzazione del Gesamtkunstwerk, che troverà compimento nel teatro di Bayreuth.
Il Modernismo, tempo di crisi della coscienza individuale, del rapporto con l’altro e della conoscenza del reale, nonché delle strutture linguistiche, sociali e religiose, è un’epoca di cui siamo figli. Nel connubio artistico creato dall’intersezione delle opere di Debussy e Mallarmé, si tratterà di far luce sulla sfera simbolica, dimensione essenziale all’umano, per quanto di non facile comprensione. Il simbolo, unione di due elementi concreti che veicolano uno o più contenuti, producendo un senso ulteriore, è generato dalle figure di consonanza prodotte dal dialogo tra poesia e spartito.