Un autore che amo molto, per la trama mai banale, fatta di suspence e di stimoli che interrogano i pensieri, è l’austriaco Alexander Lernet-Holenia il quale, affrontando la vita avventurosa del conte Fortescuel, arrotolatasi fra le piste delle più vere falsità, scrive: «Si potrebbe distogliere una persona da una qualsiasi verità, ma non da una menzogna. È questa l’origine di tutti i guai».
A mio parere si tratta della premessa alla strategia dell’attuale Info War, e a tutti i corollari connessi, già pubblicata nel 1936, in tempi in cui il conflitto dilagava ormai da anni utilizzando i mezzi di comunicazione che stanno conformando la realtà odierna.
Lernet-Holenia colpisce nel segno evidenziando i caratteri di verità e menzogna e sottolineando la difficoltà di eradicare quest’ultima. La verità, infatti, è organizzata in riferimento a una strategia che parte dal presupposto di offrire una narrativa oggettiva e non smentibile dai fatti che essa racconta: la verità si ancora alla visione del pubblico, perché propria dell’oggetto descritto. Al contrario, la menzogna ha un bersaglio esterno all’oggetto della narrativa: il pubblico stesso. La menzogna propone una narrativa che è adeguata alle attese e alle aspettative del destinatario, utilizzando il fenomeno come ancoraggio tra realtà e desiderio, con l’obiettivo di orientare a una visione che è propria della fonte. È questa dimensione, perfettamente adeguata al pubblico, che permette alla menzogna di attecchire in profondità, sedimentare e riprodursi nelle attese fu- ture del pubblico, influenzando scelte e interpretazioni, senza la possibilità di essere sostituita, se non con grande fatica, nel mondo cognitivo del destinatario. In fin dei conti, l’uso della comunicazione e dell’informazione nei conflitti si risolve in questa attitudine del pubblico, bene usata dagli strateghi, oggi con il vantaggio delle tecnologie digitali, ancor più mimetiche rispetto alla capacità di distinguersi dai naturali processi di comunicazione in questa guerra informativa.