Quando Munera è nata, nel 2012, si era in piena crisi economica. E proprio per accompagnare la ripresa da quella crisi – iniziata negli Stati Uniti e poi diffusasi in tutto il mondo – la nostra rivista era stata pensata e voluta. Ne eravamo convinti: non si trattava soltanto di una crisi economica, ma della crisi di un intero paradigma umano e sociale. Molti dicevano che niente, dopo quella crisi, sarebbe stato più come prima. Occorreva dunque impegnare riflessioni e intelligenze nello sforzo di pensare un mondo diverso.
Oggi possiamo dire che in parte avevamo visto bene, in parte no. Quella non era una crisi soltanto economica, ma – superata l’emergenza – tutto è tornato più o meno come prima. Quel grande cambio di paradigma non c’è stato. Il mondo uscito da quella vicenda è rimasto in gran parte lo stesso di prima.
All’inizio di questo nuovo decennio, ci troviamo di nuovo investiti da una crisi globale. A differenza di quella precedente, è una crisi sistemica, che investe ogni aspetto della nostra vita, individuale e collettiva, e che sfugge in buona parte al nostro controllo. Un virus invisibile agli occhi ci mette davanti agli occhi uno spettacolo a cui nessuno di noi avrebbe mai creduto di dover assistere, perlomeno alle nostre latitudini. Ha sovvertito tutte le nostre certezze e sconvolto le nostre esistenze, a livello personale, sociale, politico, economico, finanche religioso.
Come dieci anni fa, in molti dicono che niente sarà più come prima. Oggi siamo però meno disponibili a farci trascinare da facili previsioni. Non sappiamo se niente sarà più come prima. Probabilmente, quando l’emergenza si sarà attenuata, molte cose torneranno quelle di un tempo.
Ciò che è certo è che questa crisi, più ancora di quella precedente, ci offre la possibilità di pensare un mondo diverso, evidenziando una volta di più i limiti di un paradigma non più sostenibile.
Non sappiamo se vedremo un mondo diverso, né se questo sarà migliore o peggiore di quello precedente: sappiamo però che siamo chiamati a sognare e progettare un mondo diverso. Questo è certamente il compito delle nostre generazioni, le quali potranno decidere se scrivere la storia o se lasciare che la storia la scriva un virus molto pericoloso ma non altrettanto intelligente.
L’occasione è propizia: abbiamo visto dogmi, fino a ieri considerati assoluti, venir giù come fossero opinioni da bar sport. Si aprono dunque spazi immensi per ripensare le nostre vite e i destini delle generazioni che verranno dopo di noi: per decidere chi e che cosa vogliamo essere.
Non sappiamo nulla del mondo che verrà. Sappiamo però che ciò che verrà dipenderà anche da noi: da ciò che oggi decideremo di pensare, di sognare, di fare. Di essere.