I progressi delle tecnologie mediche stanno rendendo sempre più credibile l’idea di passare da un “umano riparato” a un “umano aumentato”, con confini ancora delicati da fissare. I transumanisti contemporanei sperano così di usare queste tecnologie per sfuggire ad alcuni dei nostri determinismi biologici e per prendere la direzione di un’esistenza transumana, se non finalmente postumana, grazie al miglioramento di caratteristiche come l’intelligenza, la memoria, la velocità, la resistenza o la longevità. Alcuni pensano addirittura di porre fine alla morte! Dovremmo quindi abbracciare o respingere tutti questi progetti antropotecnici? O fare dei distinguo – ma in base a quali criteri? –, ad esempio, tra aumentare la durata della vita in buona salute fino a 120 anni combattendo contro gli effetti dell’invecchiamento da una parte, e dall’altra aumentare il QI?
L’obiettivo del presente studio è di proporre modi per rispondere a queste domande, mettendo in reciproca risonanza ciò che i biologi scoprono sulla complessità del vivente, e del vivente umano in particolare, con alcuni elementi chiave dell’antropologia cristiana.