Munera 3/2021 – Pierantonio Frare >> La Commedia: un’opera per noi

Dante. Cioè, senza far torto alle altre opere, la Commedia. Anzi, la Divina Commedia, o addirittura “la divina”, come mi risulta venga spesso chiamata dagli studenti, con ellissi forse pigra, ma significativa. Perché una persona mediamente colta e sana di mente dovrebbe affrontare la lettura di un’opera di settecento anni fa in cui si racconta che un tizio sperduto in una foresta attraversa l’inferno, il purgatorio e il paradiso per giungere alla visione di Dio? Fanfaluche, evidentemente, raccontate in 14.233 versi in terzine, per di più infarcite di filosofia vetusta e di una cosmologia sorpassata, per non dire ridicola. Non è roba per lettori d’oggigiorno, che hanno poco tempo e questioni più importanti di cui occuparsi.

Eppure. Eppure le scuole, di ogni ordine e grado (sì, anche quelle dell’infanzia e le primarie, dove maestre fiduciose nei loro alunni hanno il coraggio di proporre una prima conoscenza dell’opera) sono piene di studenti che, nonostante le inevitabili difficoltà (o forse proprio a causa di esse) si entusiasmano per il libro di Dante; e così milioni di persone nel mondo, non solo in Italia. Provare a darne la ragione è difficile: ciascun lettore si crea, per così dire, la propria Commedia.

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