Diaconato?


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Durante un incontro con papa Francesco, l’assemblea delle Superiori Maggiori aveva posto delle questioni forti, in particolare sulla situazione concreta delle religiose in seno alla Chiesa: possibilità, per le suore, di tenere l’omelia alla messa; partecipazione al processo decisionale ai vari livelli di gestione nella Chiesa; posto delle religiose nelle assemblee plenarie della Congregazione per i Religiosi; ripristino dell’ordine delle diaconesse nella Chiesa… Il papa non ha eluso le questioni, pur senza pretesa di avere la risposta a tutto, ma ha risposto ad alcune cose. Rilevo alcuni punti che meritano approfondimento.

Sulla questione delle diaconesse, il Papa ha riconosciuto la natura limitata delle sue conoscenze circa il passato; ha così preso in considerazione di domandare un rapporto in materia alla congregazione competente, cosa che poi ha fatto. Vale certamente la pena tornare su tale questione.

Il papa ha riferito delle sue conversazioni con uno studioso siriano, prete, dalle quali emergeva che, almeno a conoscenza di costui, le diaconesse avrebbero avuto il ruolo di salvaguardare il pudore nelle celebrazioni rituali che coinvolgevano il corpo della donna: corpo che non poteva essere visto e toccato che da mani femminili. Un diaconato liturgico, dunque, legato alla delicata questione del corpo.

Ma allora si può capovolgere la prospettiva e domandarsi in generale: che tipo di servizio nella Chiesa richiede delle mani femminili (e, viceversa, quale delle mani maschili)?

Il Papa ha di fatto allargato la questione raccontando un fatto personale: c’era nella sua diocesi di Buenos Aires un laico impegnato, competente, interamente dedito, al punto che il suo parroco aveva parlato con l’arcivescovo della possibilità di un’ordinazione diaconale. Bergoglio aveva risposto negativamente: perché fare uscire quest’uomo da una condizione laicale nella quale egli compiva perfettamente il suo ruolo? Risposta impressionante: perché se è meglio che un laico cristiano attivamente impegnato nella vita parrocchiale o diocesana rimanga laico, allora quali sono i criteri su cui fondare l’ordinazione di un laico al diaconato? Qual è dunque lo specifico del diaconato? E per le donne: quando il servizio multiforme che esse rendono, come religiose o come laiche, richiede il diaconato?

Queste medesime riflessioni possono essere riprese a proposito della predicazione: il Papa giustifica l’esclusione delle religiose per il fatto che il prete presiede la liturgia eucaristica in nome di Gesù Cristo (egli riprende la formula classica: in persona Christi), tanto a livello della Parola quanto a livello del Sacramento; è Gesù Cristo stesso che parla e che consacra. Al contrario, nelle celebrazioni non sacramentali, la religiosa può presiedere e predicare.

Pur riconoscendo la validità della risposta del Papa, si avrebbe il diritto di domandare: a che titolo una religiosa (o una laica) potrebbe prendere la parola? Infatti, qualunque sia la condizione di chi prenda la parola in un’assemblea cristiana, quella persona si riferisce sempre a Gesù Cristo. È allora il “come” di questo riferimento che dovrebbe essere precisato.

Inoltre, mi sembra che la distinzione «predicazione sacerdotale» vs. «predicazione non sacerdotale» possa valere per qualsiasi attività all’interno dell’istituzione-Chiesa.

A questo proposito è interessante notare che, nelle domande delle suore e nelle risposte del Papa, si è sentita più volte la parola «leadership». Le donne non avrebbero nella Chiesa l’autorità che viene dal sacramento dell’ordine, ma possono avere una leadership. Non bisognerebbe forse “tradurre” questa espressione presa in prestito dalla sociologia americana nel vocabolario dell’ecclesiologia?

Il Papa inoltre, nel corso di questo dialogo, si è scagliato contro il clericalismo. Per spiegare questo concetto, egli fa l’esempio dei consigli: ci sono parrocchie e perfino diocesi dove non c’è consiglio economico o consiglio pastorale. Il prete o il vescovo decide tutto senza consultare nessuno (o limitando la consultazione a persone singole arbitrariamente scelte da lui). Per usare un altro termine caro a Papa Francesco, vi sono purtroppo parrocchie prive di sinodalità locale.

Ci sarebbe, pertanto, secondo il Papa, un collegamento, direi costitutivo, nell’esercizio dell’autorità, tra l’autorità che proviene da Gesù Cristo attraverso l’ordinazione sacramentale e quella che appartiene (ma a quale titolo e in che modo?) alla comunità cristiana (parrocchiale o diocesana) e che essa esercita attraverso i consigli. In questo c’è qualcosa che merita certamente  un approfondimento…  Senza dirlo, non ci si avvicina qui forse a qualcosa come una “costituzione democratica della Chiesa”, da articolare con la sua “costituzione gerarchica”?

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