La recezione di AL (/10): Un anno dopo: il “remedium concupiscentiae” come liberazione dalla autoreferenzialità
Diceva R. Strauss, il grande musicista tedesco, che fondamentale in ogni buon pezzo musicale è come si inizia. Potremmo aggiungere che altrettanto importante è come si conclude. Incipit ed explicit sono chiavi di lettura fenomenali per intendere la qualità e la autorevolezza di un testo. In un romanzo come Anna Karenina o in ogni grande fuga di Bach, dopo inizi solenni e lunghe e sterminate peregrinazioni musicali e narrative, arriva la conclusione. E “non sai mai dove sei”. E “non sei mai dove sai” – come ha scritto in modo inconfondibile G. Caproni.
Per fare gli auguri al primo anno di vita di Amoris Laetitia ho pensato che fosse molto utile rileggerla in modo disinteressato, quasi con distacco. E ci ho trovato tante altre perle. Segnalo solo un incipit e un explicit di pregio, su cui vorrei formulare il mio augurio
a) Incipit: esperienza biblica e inquietudine
Ecco come inizia il primo capitolo di AL, al n. 8:
“La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari, fin dalla prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza ma anchecon la forza della vita che continua...”
Salutare alla tradizione è restituire la parola prima al testo biblico antico, con la sua opacità e crudezza. Solo facendo memoria di quei testi possiamo restare “inquieti” nel leggere la realtà che viviamo, che progettiamo e che patiamo. La Bibbia non tranquillizza mai: rende attenti, rende inquieti. AL lo dice apertamente, contro tutte le tentazioni consolatorie e paralizzanti. Non c’è pace senza inquietudine.
b) Explicit: incompletezza e immaginazione delle famiglie
Le ultime righe di AL sono un piccolo capolavoro di sintesi e di parresia. Ascoltiamo un brano centrale dell’ultimo numero, il 325:
“come abbiamo ricordato più volte in questa Esortazione, nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare. C è una chiamata costante che proviene dalla comunione piena della Trinità,dall'unione stupenda tra Cristo e la sua Chiesa, da quella bella comunità che è la famiglia di Nazareth e dalla fraternità senza macchia che esiste tra i santi del cielo. E tuttavia, contemplare la pienezza che non abbiamo ancora raggiunto ci permette anche di relativizzare il cammino storico che stiamo facendo come famiglie, per smettere di pretendere dalle relazioni interpersonali una perfezione, una purezza di intenzioni e una coerenza che potremo trovare solo nel Regno definitivo. Inoltre ci impedisce di giudicare con durezza coloro che vivono in condizioni di grande fragilità. Tutti siamo chiamati a tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti, e ogni famiglia deve vivere in questo stimolo costante. Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare!”
Alla prima lettura non le avevamo ascoltate con tutta questa profondità. Il loro tono, a tutta prima, risuonava come attutito e ovattato. Ora, alla luce di questi 365 giorni di recezione, riascoltiamo qui, in anticipo, tutto il travaglio ecclesiale, che cerca un nuovo equilibrio tra slancio ideale e resistenza alla idealizzazione, tra la pretesa di anticipare il definitivo e la rinuncia a non accontentarsi del penultimo. Minori pretese di perfezione e maggiori impedimenti a giudicare duramente le fragilità non sono una minaccia per la dottrina, ma l’unico modo per renderla fedele al Vangelo. La incompletezza e la immaginazione diventano, così, requisiti essenziali della coscienza dottrinale e della esperienza di discenimento. Piccolo capolavoro di equilibrio e di schiettezza, compossibili e perciò irresistibili.
c) “Remedium concupiscentiae” come liberazione dalla autoreferenzialità
Come accade in ogni compleanno, il piccolo bilancio che possiamo trarre dal primo anno di vita del testo è assai confortante. Salvo rari casi, le diocesi, le parrocchie, le singole coppie e i singoli battezzati si sono sentiti toccati, convertiti, incitati e illuminati dal testo di AL. Si sono messi in moto meccanismi complessi di “recezione del testo”, che hanno avuto ed avranno conseguenze largamente al di là della pastorale familiare. Il cammino del soggetto familiare contribuisce così a de-clericalizzare la Chiesa. Quindi a superare la sua tentazione alla autoreferenzialità. Non è forse proprio il matrimonio “remedium concupiscentiae”? Rimedio anche di quella concupiscenza tutta clericale, che al posto della affermazione dell’altro colloca anzitutto la affermazione di sé. Il programma di liberazione della Chiesa dalla tentazione della autoreferenzialità non poteva che iniziare dal “sacramento della coppia”, che è uno dei due sacramenti che tematizza non la salvezza propria, ma quella dell’altro. Anche questa intuizione, a un anno di distanza, si staglia molto più chiaramente sull’orizzonte del pontificato di Francesco. E lo illumina di luce più calda.