Sulla espressione “messa ecumenica”: congetture e confutazioni
E’ sufficiente una “denominazione” per squalificare un oggetto o un tema: questa a me sembra la strategia insita in una serie di annunci, di messe in guardia, di denunce e di vesti stracciate che leggiamo da qualche tempo. Esse hanno, come sottofondo comune, l’obiettivo di denunciare il pericolo di una irrimediabile distruzione della tradizione cattolica, con tutti gli annessi e connessi del caso, di cui sarebbe causa la “stagione ecumenica” inaugurata da papa Francesco.
Chiarisco anche – dopo le molte smentite ora divenute ufficiali – che qui parlo del tema a titolo esclusivamente personale, secondo scienza e coscienza, senza essere “portavoce” o “lepre” di chichessia.
In questione non è la “messa ecumenica”. Ci sono invece tradizioni diverse, che si riferiscono tutte alla “cena del Signore” e alla “frazione del pane” e che vivono questa celebrazione, sia pure in modo differenziato, ma come fonte e culmine della comunione ecclesiale. Il paradosso è che, proprio nel cuore della comunione, i cristiani sperimentino la divisione e la ostilità.
Sappiamo bene che le diverse tradizioni cristiane, dopo incomprensioni, lotte, divisioni anche sanguinose, silenzi e indifferenze, da alcuni decenni lavorano anche per recuperare la comunione perduta. Non è affatto scandaloso che la ricerca della comunione voglia avere un rapporto con la celebrazione della santa cena, della santa messa, della sacra liturgia. E non dovrebbe essere considerata, questa, soltanto come la “massima ambizione”: non è vero, infatti, che la “comunione eucaristica” si collochi soltanto in fondo al percorso, come il premio finale della ricostruita comunione. No, deve essere vero anche il contrario. Può essere vero che tradizioni diverse, linguaggi diversi, immaginari diversi, che si riconoscono tutti reciprocamente nel battesimo in nome di Gesù Cristo, possano rilanciare la loro comunione “a partire” dalla cena del Signore. Il fatto che la messa e la liturgia possano situarsi non alla fine, ma all’inizio, dovrebbe essere una possibilità da riscoprire e da valorizzare. Come un modo di iniziare, e di lasciarsi iniziare, e non come un modo di finire.
Ciò non toglie, tuttavia, che il chiarimento necessario – lo dico non per arrivare, ma almeno per proseguire – riguarderà almeno tre livelli di esperienza della liturgia eucaristica, su cui le tradizioni si sono altamente differenziate e che vorrei così schematizzare:
a) Il Corpo di Cristo – sacramentale ed ecclesiale – per come viene compreso e vissuto;
b) La struttura della celebrazione e la sua relazione con il “sacrificio di Cristo”;
c) I ministeri dotati di autorità e il loro riconoscimento reciproco tra le diverse confessioni.
Ciò che su questi tre livelli possiamo identificare come problematico, o come inaccettabile, non dovrebbe essere assolutamente risolto in anticipo, quasi come una condicio sine qua non: il vero discrimine non è questo “previo accordo dottrinale” che sarebbe in grado di abilitare ad una prassi liturgica comune. Piuttosto, come “preambolo”, dovrebbe maturare nelle diverse confessioni la disponibilità a leggere le differenze non come “mancanza di comunione”, ma come “differenza nella comunione”. Diverse teorie sulla presenza, diverse comprensioni del rapporto col sacrificio e diversi modi di esercitare l’autorità sono stati percepiti, nella storia, come gravi motivi di “rottura della comunione”. Ognuno si è sentito negato dall’altro. Oggi – nella reciproca disponibilità, che costa sempre tanto a tutte le parti in causa – queste stesse differenze possono diventare motivi di “ricchezza nella comunione”.
Ciò che cambia è, anzitutto, la percezione dell’altro e del suo mondo. Per entrare in sintonia, per percepire l’altro nella sua ricchezza, per costruire percorsi reali di comunione, non dobbiamo soltanto preoccuparci di tradurre le tradizioni altrui nelle nostre categorie, e le nostre in quelle altrui, ma di “impararne la lingua, con tutte le sue regole”. Per usare la bella immagine proposta da G. Lindbeck: si fa ecumenismo non “traducendo pensieri e concetti differenti”, ma “imparando a parlare lingue diverse”. Per farlo non dobbiamo solo studiarle, ma dobbiamo anche praticarle. La pratica comune – della preghiera e della liturgia, della fede e della carità – è una delle condizioni per sperare e per fare la comunione. Non si tratta, dunque, di inventare una “messa ecumenica”, ma di riconoscere che la eucaristia è, in sé, visceralmente, una questione di unità, una questione ecumenica.
Professore Grillo,
tutto quello che dice “potrebbe” e sottolineo “potrebbe”, anche essere vero; ma a patto che la verità non esista; e quindi sarebbe in ogni caso tutto vano;
se invece la Verità esiste, come è nei fatti, bisogna chiamare le cose con nome;
la Verità è presente SOLO, SOLO, nella Chiesa Cattolica;
gli altri, quelle che lei chiama, “tradizioni” sono ERETICI, SCISMATICI o ENTRAMBI;
e non ci sono dialoghi che tengono, non ci sono sofismi o pseudopoesie del tipo “traducendo pensieri e concetti differenti”, ma “imparando a parlare lingue diverse”. che tengono;
se la VERITà è che nella Messa, che significa sacrificio come lei sa, (e non la cena) , avviene il SACRIFICIO DIVINO, non ci può essere alcun dialogo con chi nega questo;
se la Verità è che il SS. Sacramento,l’Eucaristia è ,e ripetiamolo, E’ Gesù VIVO e VERO (cosa a cui lei evidentemente non crede) non ci può essere alcun dialogo con chi nega questo;
il cosiddetto venirsi incontro implica negare queste verità; a che scopo poi?
la Chiesa, è già UNA, SANTA, CATTOLICA APOSTOLICA. Quindi è già UNA.
Gli altri,ricordiamolo ancora, sono FUORI dalla Chiesa, così come lo è lei;
diversamente vuol dire essere ERETICI poichè si nega quanto la Chiesa Cattolica ha da sempre (almeno fino al concilio) insegnato;
c’è da chiedersi Professore Grillo, perchè lei insista tanto su questi temi ERETICI;
forse lo fa in buona fede?
forse lo fa in cattiva fede?
le ricordo che il deposito della fede è sempre lo stesso da 2000 anni circa;
tutte le ERESIE sono sempre state sconfitte, prima o dopo; e lo sarà anche il MODERNISMO, corrente nella quale lei Professore Grillo è inserito in pieno.
Caro Nezdiro,
lei mi accusa di modernismo e di eresie di mille altre cose ancora. E lo fa in nome della verità, che a suo avviso non esiste che nella Chiesa cattolica. Dio, però, il Dio di Gesù Cristo che dona lo Spirito, non è cattolico. Io appartengo alla Chiesa cattolica, ma non sono disposto a ridurla ad una setta. Per questo preferisco essere chiamato modernista che piegarmi a dire una sola delle cose brutte che lei scrive, dalle quali dissento radicalmente. Io credo che abbiamo molte cose da imparare dagli altri: anche se sono di altre confessioni, di altre religioni e di altre tradizioni. Lei è preoccupato di espellere tutti fuori della Chiesa, me compreso. Usando solo il cartellino rosso, finirà col giocare la partita da solo. Cari saluti
Curiosità, professor Grillo.
Dissente anche sul fatto che
“nella Messa, che significa sacrificio come lei sa, (e non la cena) , avviene il SACRIFICIO DIVINO, la Verità è che il SS. Sacramento,l’Eucaristia è ,e ripetiamolo, E’ Gesù VIVO e VERO “
Dissente anche su questo, per caso?
Così, giusto per sapere.
Ripresenta il sacrificio unico della croce. Ma la messa non significa sacrificio. È semplicemente l ultima parole del rito. Ite missa est.
Sig. Nezdiro com’è che quando sputa sentenze di eresia, non le viene in mente il più formidabile e potente e si, quello autenticamente vero fino alle fondamenta della creazione, passo del Vangelo di Mt 22,34-40 che possiamo sintetizzare nella frase “Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso”? Non mi sembra che il suo atteggiamento rispecchi questa che è la VERA chiave per conoscere Dio e non tutti i bizantinismi e elocubrazioni mentali che ne secoli dei secoli si sono stratificati anche nella nostra amata Chiesa Cattolica! Non si attacchi alla legge, ma all’Amore misericordioso del Padre. «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli (Mt 18,3).
Caro Andrea,
Concordo con quanto tu scrivi. Gli interventi precedenti risentono di quei 2000 anni di “cattolicesimo” che ci portiamo sulle spalle. Un superamento richiederà tempo e pazienza. Il problema però è un altro: che senso ha celebrare insieme con altri cristiani non cattolici la Cena del Signore quando questa è diventata un rito a cui si “assiste” senza quello scambio di comunione che ne è l’essenza? Penso che oggi la comunione eucaristica richieda radicali cambiamenti proprio nel modo di celebrarla, e di conseguenza nel modo di essere chiesa. Cosa ne pensi?
Mi convinco sempre più che cattolicesimo e protestantesimo si sono “incartati” proprio nella contrapposizione su un punto troppo stretto.Solo una considerazione più ampia può sbloccare le cose. Per il cammino ecumenico ogni confessione deve maturare uno sguardo più ampio. In fondo, come punto di arrivo, direi che potrebbe esserci questo: il rito eucaristico, considerato non solo più come parole su pane e vino, ma come preghiera anaforica cui corrisponde rito di comunione, diventerebbe, sia pure nella differenza di tradizioni, la “casa comune” e il luogo di reciproco riconoscimento.
@Sandro
Lei parla come un protestante, e se non lo è allora è un “””””””””””””cattolico””””””””””” protestantizzato.
Le consiglio l’ultima Catechesi del Papa sulla Messa
“Questo è la Messa: entrare in questa passione, morte, risurrezione, ascensione di Gesù; quando andiamo a Messa è come se andassimo al calvario, lo stesso.
Ma pensate voi: se noi nel momento della Messa andiamo al calvario – pensiamo con immaginazione – e sappiamo che quell’uomo lì è Gesù. Ma, noi ci permetteremo di chiacchierare, di fare fotografie, di fare un po’ lo spettacolo? No! Perché è Gesù! Noi di sicuro staremmo nel silenzio, nel pianto e anche nella gioia di essere salvati.
Quando noi entriamo in chiesa per celebrare la Messa pensiamo questo: entro nel calvario, dove Gesù dà la sua vita per me. E così sparisce lo spettacolo, spariscono le chiacchiere, i commenti e queste cose che ci allontano da questa cosa tanto bella che è la Messa, il trionfo di Gesù.
http://www.lanuovabq.it/it/la-messa-e-il-memoriale-del-mistero-pasquale
Il Papa è molto chiaro: la Santa Messa è il rinnovamento incruento del Sacrificio della Croce.
È ben di più che la “cena del Signore”, come la chiama lei.
Se lei conoscesse la tradizione saprebbe che Cena del Signore non è “il modo con cui io chiamo” la eucaristia, ma la terminologia più antica, insieme a “frazione del pane”. Paolo e Luca non sono degli accessori per il cristiano, anche quando è cattolico.
inviterei gli amici ipercattolici a rileggersi i testi canonici riguardanti l’ istituzione dell’ Eucaristia 1 Cor 11,24-25, Mc 14,22-24, Mt 26,26-28 e Lc 22,19-20.
Trovate la parola sacrificio? non è presente nemmeno nel testo greco.
Neppure nel testo “eretico” della Didakè troviamo la parola sacrificio.
Per fortuna lo Spirito, che non è solo cattolico, soffia dove vuole e in questo caso ha soffiato con potenza sull’ amico Andrea Grillo.
Carissimi, io non sono molto dentro queste questioni, però mi piace seguire le diverse idee e situazioni, dal canto mio posso “narrare” l’esperienza di Taize e di come in quella realtà si celebri ormai da decenni in modo semplice umile dove ogni confessione cristiana trova le sue radici, quello che unisce i cristiani è molto molto di più di quello chw divide.
e se la verità fosse SOLO Dio padre di tutti e il Figlio ce l’ ha rivelata e lo Spirito ci condurrà alla verità tutta intera?
Quindi nessuna religione , nessuna chiesa, nessuna scienza, nessuna filosofia possiede la verità tutta intera ma tutti siamo chiamati umilmente a cercare la verità che, forse, avremo quando la contempleremo faccia a faccia.
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“inviterei gli amici ipercattolici a rileggersi i testi canonici riguardanti l’ istituzione dell’ Eucaristia 1 Cor 11,24-25, Mc 14,22-24, Mt 26,26-28 e Lc 22,19-20.
Trovate la parola sacrificio?”
È presente nell’insegnamento della Chiesa, e tanto basta. Così come, aldilà dei sofismi del professor Grillo, è chiarissimo l’insegnamento dogmatico sulla transustanziazione.
Non sono affatto ipercattolico, anzi alcuni mi danno pure dell’eretico perché affermo che non c’è nulla di eretico nella posizione di Amoris Laetitia (che distingue tra disordine oggettivo -materia grave- e peccato mortale), sono semplicemente cattolico.
Il problema è che oggi persino persone come me, che difendono Al e la sua tradizionale distinzione tra materia grave e peccato mortale, vengono accusati di essere dei retrogradi tradizionalisti, solo perché non ho intenzione di protestantizzare la Santa Messa.
Cari “ipocattolici”, andatevene pure coi protestanti, se vi fa piacere, ma per favore, lasciate stare la Santa Messa.
Grazie.