Munera 3/2018 – Andrea Chimento >> Il tempo si è fermato. Una riflessione sul cinema di Ermanno Olmi

È un’esperienza cinematografica diversa da tutte le altre, trovarsi di fronte agli occhi un’opera di Ermanno Olmi, maestro di un cinema umile, rigoroso e al tempo stesso visionario e spirituale.

Nato a Bergamo il 24 luglio del 1931 e scomparso ad Asiago lo scorso 5 maggio 2018, Olmi cresce a Treviglio, in una famiglia profondamente cattolica, e rimane molto giovane orfano del padre, morto durante la Seconda guerra mondiale.

Da ragazzo si trasferisce a Milano per studiare recitazione e, per mantenersi, lavora presso la Edisonvolta, occupandosi delle attività ricreative per i dipendenti. Sarà qui che inizierà a muovere i primi passi con la macchina da presa, realizzando decine di documentari, in cui già si notano la sua cura e il tocco poetico nel ritrarre le persone all’interno dei contesti lavorativi.

E il suo esordio al lungometraggio, Il tempo si è fermato, del 1959, mostra proprio la natura documentaristica del suo stile, a partire dalla splendida ambientazione naturale. L’attenzione per la gente comune e la sacralità della natura sono ritratte in una narrazione scarna, ma allo stesso tempo con la leggerezza tipica dello sguardo benevolo, che permette allo spettatore di assistere a una lezione di vita felice e appassionante, in una storia ambientata nell’isolamento dell’alta montagna, i cui protagonisti sono un ragazzo e il guardiano di una diga.

E lo sguardo poetico, acuto e mai moralistico, unito a una regia rigorosa, che conserva un personalissimo tratto distintivo nell’attenzione ai particolari e alle reazioni umane, conducono, già nel 1961, al riconoscimento di Olmi come maestro del cinema italiano.

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