Oltre il “dispositivo di blocco”
E’ appena uscito in libreria il volumetto Da museo a giardino. La tradizione della Chiesa oltre il “dispositivo di blocco” (Cittadella). Pubblico qui l’inizio e la fine della introduzione, dalla quale si può comprendere sinteticamente l’andamento della riflessione che propongo. Ringrazio anche Giovanni Grandi per aver scritto un bel “Invito alla lettura”, che apre il volume con sguardo filosofico.
Introduzione
“Nelle attuali condizioni della società umana essi (i profeti di sventura) non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti Concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa”
Giovanni XXIII, Gaudet Mater Ecclesia
Da qualche tempo rifletto su un paradosso che mi sembra davvero curioso. Abbiamo un tradizione recentissima che offre uno spettacolo davvero sorprendente. Vi è un papa che, sulla base di una teologia pienamente ispirata al Concilio Vaticano II, chiede una nuova e strutturale “apertura” alla Chiesa. Una cosa di tale forza non si sentiva da 50 anni e più. Accanto a lui e intorno a lui, oltre all’entusiasmo popolare e alla larga collaborazione pastorale e accademica, diversi pastori e teologi mostrano di avere paura di questo progetto e alzano barriere per evitare ogni apertura. E mentre il papa sa che la apertura, la uscita, è vitale per l’essenza stessa della Chiesa, i suoi avversari identificano la Chiesa con la chiusura, con l’autosufficienza e con il giudizio. In questo libro vorrei provare a interpretare meglio questo paradosso. E a ragionare sulla evoluzione della “forma ecclesiae”, a quasi 60 anni dal Concilio Vaticano II, nella benedetta contingenza del papato di Francesco, ma anche nella prospettiva di una ripresa della ricerca teologica, alla volta di soluzioni finora neppure prevedibili, e con un nuovo slancio di immaginazione e di creatività.
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06. Ancora un “oltre”
Più di 10 anni fa, alla vigilia di quello che oggi possiamo riconoscere come la più sorprendente applicazione del “dispositivo di blocco”, avevo scritto “Oltre Pio V”. Era questa la prospettiva che allora mi sembrava di dover rilevare, con un occhio attento anzitutto alle dinamiche liturgiche della tradizione. Ma oggi, a distanza di 12 anni, con tutto quello che si è manifestato, nel bene e nel male, lungo questo percorso, mi sembra che, in un quadro molto più complesso, resti di attualità la preposizione “oltre”. Si tratta si superare non semplicemente un “ordo” rituale, ma un modo di pensare la storia e la tradizione della Chiesa, che è il fondamento intellettuale e sentimentale di una “società chiusa”, che vive secondo l’”onore” e non secondo la “dignità”. Come è evidente, questo sguardo passa dalla “forma rituale” alla “forma ecclesiae” e scopre, come aveva già fatto G. Dossetti, più di 50 anni fa, che la forma rituale è precisamente la più radicale e viscerale delle “formae ecclesiae”. Perciò collocarsi non solo “oltre Pio V”, ma “oltre il dispositivo il dispositivo di blocco” diventa la via, inevitabilmente stretta e accidentata, per restare fedeli al Vaticano II e riconciliare dottrina e realtà, fede e cultura, autorità e libertà. In un certo senso potremmo dire che “oltre Pio V” è diventato una applicazione specifica del dispositivo generale, entrato in vigore alla fine degli anni 70 e rimasto operante fino ad oggi, con la benedetta eccezione di papa Francesco, che se ne è largamente, anche se non completamente liberato.
0.7. Il percorso del testo
Nel libro vorrei percorrere un breve itinerario in 4 passaggi: anzitutto focalizzo la attenzione sul “dispositivo di blocco”, mostrando come, tra la fine degli anni 70 a l’inizio del secondo decennio del XXI secolo, l’autorità di J. Ratzinger (prima come Arcivescovo di Monaco-Frisinga, poi come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede e infine come Papa Benedetto XVI) abbia introdotto nel magistero cattolico un “dispositivo di blocco”, per proteggere la Chiesa da ogni possibile dinamica, confermando la sua autorità mediante una “negazione di autorità” (§.1). Poi approfondirò il ruolo di “paralisi” che investe la “libertà del teologo” nel sistema affermato dal “dispositivo” (§.2) rispetto a cui troviamo una prima eccezione in “Amoris Laetitia”, che si giustifica, precisamente, mediante una “diversa comprensione del magistero”, come risulta nei suoi primi numeri. Quindi vorrei riprendere le due “tentazioni” (neo-gnosticismo e neo-pelagianesimo) che possono essere comprese come supporto della “autoreferenzialità” e del “dispositivo di blocco”, come suo fondamento teorico, finalmente superato dalle affermazioni decisive di Veritatis gaudium (§.3) e poi concludere con una breve serie di tesi, sul rapporto tra autorità e libertà nella Chiesa a 60 anni dal primo annuncio del Concilio Vaticano II e al 6 anno del papato di Francesco(§.4).