Ascoltatelo!


II domenica di Quaresima – A

Gen 12,1-4a; Sal 32,4-5.18-20.22; 2 Tm 1,8b-10; Mt 17,1-9

Introduzione
Nella prima lettura abbiamo la seconda tappa della storia della salvezza che in ogni ciclo liturgico si riferisce ad Abramo. Nell’anno A abbiamo la vocazione di Abramo dove Dio chiede al Patriarca di lasciare la sua terra e i suoi legami familiari e tribali. Dalla storia dell’universo e dell’umanità intera (Gn 1-11) si passa a parlare con il c. 12 della storia particolare di un uomo e poi di un popolo. La prima cosa che dobbiamo notare è che Dio chiama Abramo senza nessun merito e a nessuna condizione. All’origine della scelta di Dio non c’è nessun merito e al chiamato non è posta nessuna condizione.
Questo dato emerge riferito alla vita dei cristiani nella seconda lettura tratta dalla Seconda lettera a Timoteo. Al discepolo Timoteo l’Autore della lettera ricorda che Dio «ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia» (2Tm 1,9). Tutto questo si è manifestato in Cristo Gesù. Egli infatti «ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita» (2Tm 1,10).
Lo splendore della vita di cui parla la prima lettura la liturgia ce lo fa contemplare nella trasfigurazione del Signore sull’alto monte. Nella seconda domenica ci si sposta dal deserto all’altro monte della trasfigurazione. Anche in questo caso la seconda lettura fa come da cerniera tra la prima lettura e il brano evangelico.

Spunto di Riflessione
Nei vangeli l’episodio della trasfigurazione è sempre posto in un punto di svolta della missione di Gesù. Da qui in poi comincia il cammino verso Gerusalemme e si susseguono gli annunci di passione e gli insegnamenti di Gesù sulla sequela.

L’alto monte
Il luogo nel quale ci troviamo, l’alto monte, conferisce alla scena il suo carattere di rivelazione e di teofania.
Nel Vangelo di Matteo ci sono diversi monti: le tentazioni, il discorso della montagna, il monte della preghiera (14,23), il monte delle guarigioni (15,29-31), il monte della trasfigurazione e il monte degli ulivi sul quale Gesù pronuncia il discorso escatologico (24,3) e il monte della missione universale (28,16). Sul monte della trasfigurazione la voce del Padre conferma che la via percorsa da Gesù è la “via della giustizia”, cioè la via “secondo Dio”.

La luce e la nube
L’altro simbolismo molto presente nel testo, che verrà ripreso nel testo del cieco nato nella IV domenica, è quello della luce (17,2.5). Questa immagine esprime nella bibbia “la presenza divina”. Nella trasfigurazione si rivela il legame tra Gesù e Dio. E’ uno “squarcio” sulla divinità di Gesù che si manifesta e si lascia vedere nella sua umanità. Anche la nube nella Scrittura è simbolo della presenza di Dio. Nel nostro brano c’è quindi questo gioco tra luce e ombra nel quale la divinità si rivela e si nasconde nello stesso tempo.

Mosè ed Elia
Accanto a Gesù trasfigurato compaiono Mosè ed Elia, la legge e i profeti, cioè coloro attraverso i quali la Parola del Signore è risuonata per il suo popolo e attraverso i quali egli ha rivelato e comunicato se stesso. Ora la voce dal cielo indica che colui che va ascoltato è Gesù, che “dialoga” (v. 3) con la legge e i profeti. Non si tratta di una sostituzione, ma di continuità nella novità che la presenza del Messia rappresenta. Mosè ed Elia hanno inoltre un legame con i tempi Messianici. Se ci pensiamo bene Mosè – la guida per eccellenza di Israele e l’amico di Dio – è giunto solo al confine della terra promessa ai padri, ma solo Giosuè – omonimo di Gesù (“Giosuè” è il corrispondente ebraico dell’aramaico “Gesù”) – ha condotto il popolo oltre il giordano. La Torah quindi termina “fuori dalla Terra”. Esiste un entrare nella Terra della promessa che è annunciato come futuro e che attende ogni uomo e ogni donna nella storia. In Gesù, che dialoga con Mosè ed Elia, viene fatto un passo decisivo verso la Terra del Regno. Elia nella tradizione ebraica è colui che prepara la venuta del Messia. Questo conferma che il nostro brano vuole annunciare che Gesù è il Messia atteso. La presenza di questi personaggi afferma che con Gesù «Israele entrerà definitivamente “nella terra dei viventi”» e l’umanità potrà compiere in lui – figlio di Israele e figlio dell’uomo – il suo ingresso nella Terra della promessa che si estende ad ogni uomo e ad ogni donna.

L’ascolto, la terra, il volto
Nel testo ci sono alcune elementi particolarmente importanti per la sua lettura nel tempo di Quaresima.
a) Il primo di questi elementi è indubbiamente l’ascolto della Parola. La voce dal cielo invita ad ascoltare Gesù. Nel Vaticano II la costituzione Sacrosanctum Concilium considera l’ascolto della Parola come uno degli elementi che caratterizzano il cammino quaresimale. Un elemento “cardine” di questa domenica (battesimale e penitenziale) riguarda l’ascolto della Parola. L’ascolto della Parola è descritto nella sua dinamica dialogica tra i due testamenti. Una realtà molto importante che non dovremmo mai dimenticare.
b) Altro elemento è il tema dell’ingresso nella Terra della Promessa. Anche per il catecumeno e per il penitente – ma in generale per ogni fedele che accompagna il loro cammino nel tempo di Quaresima – il battesimo (meta da raggiungere o riappropriazione da realizzare nel tempo di Quaresima) rappresenta questo “personale” ed “ecclesiale” ingresso nella Terra della promessa che è sempre “già” e “non ancora”. Non a caso nell’antichità i battisteri erano ottagonali: per indicare che il battezzato entrava nella vita nuova del risorto – nella vita eterna nel linguaggio giovanneo – già nel presente.
c) Infine altro elemento importante è quello del volto. Nel volto trasfigurato di Gesù il battezzato vede il proprio volto e nella trasfigurazione la meta del proprio cammino. Non a caso la vita monastica ha sempre visto nella trasfigurazione la sua icona evangelica per eccellenza. I vangeli stessi – e in particolare Matteo – creano un legame tra episodio del battesimo di Gesù e trasfigurazione. In entrambi abbiamo la voce dal cielo che definisce Gesù come “figlio amato”.

Dal deserto all’alto monte
In questa domenica troviamo come “l’altra faccia” di ciò che abbiamo incontrato domenica scorsa nell’episodio della prova di Gesù nel deserto. Se domenica scorsa la liturgia ci presentava Gesù come modello di colui che “lascia” tutto ciò che si oppone a Dio e al rapporto filiale con lui, ora, in questa domenica, ci viene presentata positivamente la meta da raggiungere: il suo volto di Figlio sul quale risplende e si rivela la sua relazione con il Padre. Ma questa è anche la meta del nostro itinerario quaresimale: giungere anche noi, come Gesù, trasfigurati a celebrare la Pasqua, nella quale, per grazia, sul nostro volto risplenderà rinnovato il nostro volto di Figli amati. Questa meta la si raggiunge attraverso l’ascolto della Parola. Nell’ascolto del Padre diventiamo Figli e oggi questa Parola ci raggiunge in Cristo Gesù nostro Signore. Un invito pressante ad un ascolto più intenso e vero in questo tempo!

 

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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