Benedire le armi e benedire le coppie: una questione non risolta


RL-3-2021

In un ampio e documentato articolo, Francesco Pieri, sull’ultimo numero di “Rivista Liturgica”, si occupa con competenza del tema La Chiesa benedice le armi?  – RL 108/3(2021), 191-209 – proponendo una ricostruzione storica, teologica e liturgica del tema, con una grande chiarezza di argomentazione. Consiglio la lettura delle 19 pagine, ricchissime di testi antichi e davvero preziose per chi voglia capire il cammino storico con cui la Chiesa si è progressivamente liberata di un pregiudizio. Perciò sono rimasto molto sorpreso per il fatto che proprio nell’ultima nota, riprendendo un passaggio del testo delle Conclusioni, l’autore abbia voluto criticare in modo diretto un mio testo (che si può leggere qui), dedicato al tema della “benedizione delle coppie omoaffettive”, motivando la obiezione con un passaggio logico e argomentativo che mi ha sorpreso e che vorrei brevemente considerare. Poiché non è bello attribuire agli altri quello che non hanno detto, vorrei cercare di evitare di attribuire a F. Pieri intenzioni che non sono sue. Perciò espongo prima ciò che lui ha scritto (§.1), poi lo discuto (§.2) e ne traggo alcune conclusioni (§.3).

1. L’oggetto della contestazione

Nelle Conclusioni aperte Pieri afferma, in modo a mio avviso non contestabile, che “non è storicamente e intellettualmente onesto impugnare e diffondere l’idea che la liturgia …del Vaticano II abbia acriticamente ereditato dal passato e mantenuto fino ai giorni nostri dei riti di ‘benedizione delle armi'” (208). Ma proprio qui, concatenata da un “a maggior ragione”, vi è la frase su cui si innesta la annotazione critica. Ecco la frase: “A maggior ragione non lo è invocare sulla base di tale falsa premessa altri riti di benedizione invocati come pastoralmente o teologicamente legittimi, contro lo stesso giudizio esplicito della Chiesa”. E’ chiaro che qui la ipotesi è che qualcuno dica: siccome vengono benedette le armi, allora si possono benedire anche altre cose/persone. E qui, a chiarimento, ci sono le parole della nota, dove viene citato un mio post su questo blog, del 15 marzo 2021, dove citavo la prassi storica della benedizione dei cannoni, delle stalle e delle navi come logica della benedizione di ciò che è “capace di bene”. Da questa frase Pieri trae la conclusione per cui “l’idea che ogni realtà possa essere ritenuta capace di bene…si opponga diametralmente a quanto espresso dai nn.12-13 del Benedizionale…l’affermazione sopra riportata non deve quindi ritenersi sufficientemente vagliata né sul piano storico né su quello delle stesse norme liturgiche” (209).

2. La storia dimenticata

Trovo singolare che per il problema della “benedizione delle armi” sia necessaria tutta una contestualizzazione storica e teologica, che permette di riconoscere un mutamente profondo nella sensibilità e nella prassi della Chiesa, mentre per le coppie omosessuali si potrebbe semplicemente risolvere la questione sulla base del riferimento al principio dello “scandalo”. Questa soluzione troppo facile si basa, in realtà, su una incomprensione di quanto ho scritto. In effetti io non ho mai detto che “ogni realtà possa essere riconosciuta capace di bene”, in una sorta di indifferentismo tra bene e male. Ho invece detto che se nelle coppie omoaffettiva vi sono realtà di bene, queste possono essere benedette. Ma per elaborare questa idea occorre una contestualizzazione storica e una tematizzazione teologica, esattamente come avviene per il tema delle armi e delle guerra. Vi è stato un tempo in cui la Chiesa ha letto armi e guerra come “porzioni di bene”. Oggi questo risulta scandaloso, almeno in una parte del mondo. E così possiamo permetterci di superare la benedizione delle armi. Vi è stato un tempo in cui ogni relazione omoaffettiva era considerata solo scandalosa depravazione morale e sociale. Una benedizione della depravazione sarebbe stata scandalosa. Oggi non è più così, almeno in una parte del mondo. E possiamo concepire una benedizione anche per le unioni omoaffettive. Io vedo tra il mio ragionamento e quello di F. Pieri più una somiglianza che una opposizione.

3. Il vaglio storico e liturgico

Il collega Francesco Pieri dice che la mia affermazione merita un vaglio storico e liturgico diverso. Sono d’accordo con lui  se parliamo della frase che mi attribuisce e che non ho mai scritto. Il discernimento ecclesiale sul “bene” di ogni realtà è inaggirabile. Ma proprio sul piano del giudizio storico e teologico, sul discernimento ecclesiale, io credo che un serio lavoro di argomentazione sia in grado di mostrare come oggi vi siano “beni” della coppia – etero- e omo-affettiva – che hanno bisogno di nuove forme di riconoscimento ecclesiale. La benedizione è uno tra gli strumenti più duttili per incontrare la realtà che cambia. Io non vedo nessuna contraddizione tra i prenotanda al Benedizionale e quello che ho scritto. Se il principio dello “scandalo” è il discrimine, questo principio non è certo immutabile. Era scandaloso che un “negro” sedesse nel banco con un bianco nel 1860, era scandaloso che una donna facesse sport nel 1920, era scandaloso che un divorziato risposato accedesse alla comunione nel 1980. Un serio lavoro di ripensamento della tradizione, così come F. Pieri ce lo ha restituito sul tema della “benedizione delle armi”, si può estendere anche ad altri “scandali”. E anche le norme liturgiche, sotto questo profilo, devono essere intese come fatte per servire, non per essere servite.

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