Il presbitero secondo il rito di ordinazione /3 (di Simone Bellato)


ordinazione

La terza e penultima parte della rilettura che Simone Bellato propone del rito di ordinazione presbiterale. Lo ringrazio per questo terzo post. (ag)

IL PRESBITERO: In Cristo per edificare il Suo Corpo che è la Chiesa

2B/ il rito di ordinazione: la preghiera di ordinazione e i riti esplicativi

 di Simone Bellato

 

Dopo che il Vescovo e i presbiteri in silenzio hanno imposto le mani sui candidati, inizia la lunga Preghiera di Ordinazione rivolta al Padre: questa è divisa in tre parti, una anamnetica, una epicletica, e un’altra invocativa.

La prima parte ripercorre la storia del ministero ordinato disposto da Dio fin dalla Prima Alleanza per edificare il popolo sacerdotale. La tipologia del presbiterato è rinvenuta nei collaboratori associati a Mosè e Aronne: settanta uomini saggi e prudenti che aiutavano Mosè nel governo del popolo; i figli di Aronne che assicuravano il servizio sacerdotale nella tenda dei sacrifici. Il culmine di questa anamnesi è rappresentata dall’invio del figlio, Gesù, «apostolo e pontefice della fede che noi professiamo» che rese partecipi della sua missione gli Apostoli a cui aggregò appunto dei collaboratori.

L’anamnesi è interrotta dalle parole «ora, o Signore, vieni…» (nunc etiam…), in cui si chiede al Padre di continuare a donare «questi collaboratori», cioè, godenti della stessa chiamata di quelli che nell’anamnesi si è descritto essere stati associati prima a Mosè ed Aronne e poi agli Apostoli. Collaboratori chiamati da Cristo per «annunziare e attuare l’opera della salvezza». Così è chiesto al Padre di donare loro la dignità del presbiterato, e di rinnovare l’effusione del Suo Spirito di santità. L’espressione suona un po’ strana, come ogni battezzato il presbitero, ha ricevuto l’effusione dello spirito già nel battesimo e nella cresima, il termine latino infatti non usa renova ma innova, cioè non si sta chiedendo di donare quello stesso Spirito ricevuto negli altri due sacramenti, ma di rinnovare aggiungendo qualcosa, come il termine innova più propriamente esprime, inoltre il latino aggiungendo in visceribus specifica anche il luogo (simbolico) dove questa effusione debba avvenire.

Nella terza parte i Vescovi chiedono al Padre che i loro collaboratori siano uniti a loro nei vari ministeri: al primo posto c’è sempre la predicazione, affinchè la parola del Vangelo «fruttifichi nel cuore degli uomini e raggiunga i confini della terra». Seguono come per l’omelia e gli impegni, la dispensazione dei misteri (sacramenti) con riferimento ai soliti quattro (Battesimo, Eucaristia, Riconciliazione e Unzione) e ai loro rispettivi frutti (rigenerazione, nutrimento, riconciliazione, sollievo), ed il mandato della preghiera di intercessione per implorare la misericordia del Padre per il popolo affidato al presbitero (è ripreso il verbo commisso) e per il mondo intero, affinchè «la moltitudine delle genti riunita in Cristo, diventi il tuo unico popolo, che avrà il suo compimento nel tuo regno». L’azione del presbitero e la sua preghiera associata a quella dei Vescovi hanno il fine di riunire le persone in Cristo, formando così la chiesa, prefigurazione (o anche “sacramento”) del Regno.

Nella preghiera di consacrazione che il Vescovo pronuncia, si conferma l’ordine visto negli impegni: l’annuncio della buona novella attraverso la predicazione, la dispensazione dei misteri, la preghiera di intercessione. Non vi è traccia della terminologia sacrificale che è utilizzata solo per parlare di Cristo che si è offerto al Padre senza macchia (l’italiano aggiunge «vittima» che nel latino non c’è), e al momento di elencare i quattro sacramenti propri del presbitero è preferita l’immagine della mensa all’altare, con il suo effetto di nutrimento per i fedeli.

I riti esplicativi che seguono hanno come in tutti i sacramenti il fine di mostrare ciò che è accaduto. In primo luogo, il presbitero è rivestito degli abiti sacerdotali (stola e casula) che rendono in maniera visibile l’ingresso in un ministero ordinato. Poi Il Vescovo unge le mani del presbitero accompagnando tale gesto con la formula «Il Signore Gesù Cristo che il Padre ha consacrato in Spirito Santo e potenza ti custodisca per la santificazione del suo popolo e per l’offerta del sacrificio». Il rimando all’unzione di Cristo esprime che il sacerdote è unto non primariamente per «l’offerta del sacrificio» ma anzitutto per la santificazione del popolo di Dio, che può avvenire in vari modi: con la celebrazione degli altri sacramenti e dei sacramentali ad esempio, ma soprattutto con l’offerta di se, partecipazione di quella di Gesù Cristo, «l’Unto» del Padre, vero modello di ogni offerta a Dio. Poi il presbitero riceve dalle mani del Vescovo pane e vino, i doni del popolo santo che egli deve offrire a Dio nella celebrazione eucaristica, la formula di consegna è molto bella:

«Ricevi le offerte del popolo santo per il sacrificio eucaristico. Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore».

È questa un’indicazione preziosa per ogni presbitero: la conformazione a Cristo maestro, pastore, sacerdote, trova il suo compimento e la sua categoria unificante nella partecipazione al Cristo che si offre al Padre ogni giorno, fino alla morte di croce. A questo punto il Vescovo dona l’abbraccio di pace al neo-presbitero, mostrando l’accoglienza di questo come suo collaboratore.

Un’ultima precisazione: nelle prime tre preghiere eucaristiche viene aggiunto il ricordo del neo-ordinato secondo questi termini: «fa che sia fedele dispensatore dei santi misteri per l’edificazione del tuo regno». Ancora la liturgia rimarca il fine dell’agire sacramentale del presbitero.

Per ultimo nei riti di conclusione la benedizione solenne adottata chiede a Dio la grazia del Suo Spirito perché il neo-ordinato possa adempiere la sua missione, perché possa esser «servo e testimone della sua verità e del suo amore [di Cristo] e fedele ministro della riconciliazione», ed infine perché sia «un vero pastore che distribuisce il pane e la parola di vita ai credenti perché crescano sempre più nell’unità del corpo di Cristo». Da quest’ultima affermazione ricaviamo un’importante indicazione sull’importanza della cura pastorale. L’unità del corpo di Cristo non è una conseguenza automatica del battesimo, così come una pianta robusta che fa frutto non è la conseguenza automatica di un seme piantato, la comunità ecclesiale necessita non solo di un annuncio che susciti la conversione, ma anche di una cura pastorale fatta di testimonianza e di una permanente e ciclica azione liturgico-sacramentale perché cresca sempre più nell’unità fino al giorno dell’incontro con Cristo nel suo Regno.

Alla fine di questi tre articoli di analisi del Rito di Ordinazione del Presbitero possiamo trarre qualche conclusione, che rimandiamo all’ultima parte del nostro commento (continua).

 

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