Osare la Pasqua? (di Cosimo Scordato)


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Una riflessione di Cosimo Scordato, che ringrazio, con gli auguri di Buona Pasqua (ag)

Osare la Pasqua?

 di Cosimo Scordato

“Come cantare i canti del Signore in terra straniera?” (Sl 137, 4) si interroga il  salmista mentre il popolo ebreo si trova deportato, estraniato a Babilonia. Una simile domanda riecheggia nel nostro cuore in questa atmosfera di estraneazione, che stiamo vivendo nell’ennesimo giorno di guerra in Ucraina. Non che non siano mancate guerre negli altini anni; magari non ce ne siamo accorti o, forse, abbiamo preferito non pensarci; ma adesso siamo interpellati sempre più da vicino. La domanda si ripropone con tutta la sua drammaticità: che senso ha celebrare la Pasqua di risurrezione, ovvero la vittoria della vita sulla morte, se tra cristiani si sta combattendo gli uni contro gli altri? Dicendo ‘cristiani’ non ci riferiamo soltanto ai soldati o ai belligeranti, ma anche ai rispettivi capi delle superpotenze e ai rappresentanti degli stati europei, i quali tutti sono entrati ormai in una logica sempre più stringente di dovere alzare la posta in gioco delle armi. Lo sappiamo (e i dibattiti quotidiani ce lo confermano), che da qualsiasi punto di vista guardiamo a questa guerra  per trovare una giustificazione alle scelte che si fanno, tocchiamo con mano di imboccare una direzione sbagliata; sia che si mandino le armi a sostegno dell’Ucraina, sia che non si mandino avvertiamo che non ha senso né l’una né l’altra cosa perché in fondo si sta cercando semplicemente il male minore; è come se fossimo entrati in un corto circuito per cui, qualsiasi cosa si faccia, ci riporta alla interruzione dell’energia e quindi allevidenza che il circuito ha qualcosa di sbagliato.

In verità, nell’orizzonte di una guerra tutto diventa assurdo e anche se si punta al male minore, come si fa a individuarlo? Infatti sul piatto della bilancia si contrappongono valori etici, morali quali la libertà, la giustizia, l’autodeterminazione di un popolo, la democrazia; e valori, che potremmo chiamare ‘naturali’, quali la vita, la sicurezza, il benessere; ma detta contrapposizione comporta inevitabilmente perdite o in una direzione o nell’altra. Proprio questo senso di corto circuito ci pone dinanzi alla necessità di ripensare le nostre modalità di convivenza così come le abbiamo sviluppate negli ultimi decenni. Non siamo in grado di dare delle risposte a mo’ di ricette; in verità le situazioni si sono sempre più deteriorate fino a degradarsi e hanno messo a nudo le ambiguità, che serpeggiavano già da prima e che adesso vengono allo scoperto; se alcune ambiguità possono essere ricondotte ad aspetti sociali e culturali, sul piano etico esse vanno ricondotte soprattutto al senso di inimicizia…

Ebbene, celebrare la Pasqua è tutt’altra cosa rispetto allo status quo in cui tutti ci stiamo trovando imbrigliati in questo cosiddetto ‘ordine mondiale’. Essa è alterità radicale rispetto ad esso; infatti, il Risorto è al di là di tutto ciò e rappresenta un inizio nuovo cheannunzia il novum di Dio, la sua novità ri-creatrice delle persone col loro coinvolgimento responsabile nei confronti dell’unica storia comune. La risurrezione di Gesù non è frutto della passione subìta e degli atti di coloro che gliela hanno inflitta; essa scaturisce dall’Amore, che lui ha incarnato e che non si è fatto risucchiare dalle falsificazioni della vita e dei sistemi esistenti; Amore capace di guardare oltre di essi, accettando anche il rischio della morte; forse, il vero scandalo della Croce è nel subire il male anziché farlo; subire non nel senso di accettarlo, ma di non accondiscendere in alcun modo alla sua logica, proponendo una risposta discontinua con esso: dare la vita, dare la propria vita.

Come tradurre il “dare la vita” in politica non è semplice e comporta una grande determinazione a esplorare vie antiche e vie nuove; si tratta di ripensare radicalmente le scelte in direzione della promozione delle persone, della qualità della vita propria e altrui attraverso processi di liberazione da ogni forma di violenza e attraverso la costruzione di condizioni che predispongano strutturalmente a una pace permanente; essa, però, va intesa non soltanto come mancanza di guerre, ma ricerca della realizzazione di tutto l’uomo e di tutti gli uomini; la pace, pertanto, promuove il benessere comune e condiviso, la cooperazione permanente, l’accoglienza delle diversità dei colori dei continenti e ne fa motivo di festa. Finché puntiamo sugli eserciti e sulle armi siamo ancora nel tempo della passione, ovvero in quelle condizioni che prima o poi promuovono violenza, esecuzioni capitali, morte. Celebrare la Pasqua diventa, allora, un atto rischioso nella misura in cui si entra in una logica totalmente alternativa a quella che alimenta la sofferenza degli uomini e ne calpesta la dignità; in questo senso, l’alterità e l’ulteriorità del Risorto è ancora tutta da sperimentare, in primo luogo, dagli stessi cristiani, i quali per troppi secoli l’hanno fatta convivere con la sua negazione, cioè attraverso guerre, persecuzioni, soggiogamento delle coscienze, illudendosi di poterla celebrare tra profumi di incenso, ma lasciando deperire l’umanità. Per celebrare la Pasqua… ci vuole il coraggio vero della rottura col passato tombale!

don Cosimo Scordato

 

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