Matrimonio e penitenza: analogie sistematiche tra compito e dono


confiteor

Negli ultimi mesi, per diverse ragioni, ho notato che i due sacramenti della penitenza e del matrimonio sfidano la nostra comprensione con diverse analogie tra loro. Non si intenda male: non voglio parlare qui della componente “penitenziale” del matrimonio, o della componente matrimoniale e sessuale della penitenza. Vorrei invece riferirmi alla loro “ragione sacramentale”, ossia a ciò che li giustifica in quanto sacramenti, e che appare oggi particolarmente problematico nella tradizione latina del cristianesimo. Vorrei mettere in luce alcuni di questi aspetti di analogia problematica, che può forse essere occasione per un loro ripensamento.

a) La struttura “complessa”.

Tanto il matrimonio, quanto la penitenza, non si lasciano ridurre alla “forma classica” del sacramento, ossia all’idea, elaborata sul piano generale prima dalla scolastica e poi dal Concilio di Trento, che, in quanto sacramenti, agiscano “ex opere operato”. Tanto il matrimonio, quanto la penitenza hanno una “sporgenza personale”, individuale e soggettiva, che in nessun modo può essere aggirata.  Per dirlo in termini classici, entrambi sono “sacramenta” solo in quanto possono essere “officia”. In altre parole, presuppongono un “compito del soggetto”, che la Chiesa può accompagnare, ma non sostituire. C’è, accanto alla “grazia operante”, una grazia cooperante che non può scavalcare l’umano.

b) Lo sviluppo differenziato

Per questo motivo, entrambi i sacramenti hanno avuto un largo sviluppo in termini di rilettura giuridica. Il diritto penale moderno è il frutto dei “libri penitenziali” del medioevo, esattamente come la speculazione medievale di carattere teologico e giuridico ha messo le basi del diritto matrimoniale degli stati moderni. Al di là di questa analogia profonda, però, i due sviluppi sono stati obiettivamente diversi. In effetti, mentre la penitenza ha sviluppato, del carattere giudiziale, la autorità della assoluzione da parte del ministro, concentrando spesso soltanto in essa il senso teologico del sacramento, invece, per il matrimonio è accaduto il contrario: ossia gli atti dei soggetti che pronunciano il consenso, che si vincolano e che si uniscono carnalmente sono costitutivi del sacramento, mentre la autorità del ministro è ridotta a quella di un “testimone qualificato”.

c) Un effetto di squilibrio

Questo sviluppo, che inizia nel medioevo e che trova nel Concilio di Trento la sua affermazione maggiore, ha introdotto un profondo squilibrio, che deriva dalla “recezione” tardomoderna del sapere scolastico e tridentino. In che cosa consiste lo squilibrio? Nel fatto che oggi non riusciamo più a tenere in equilibrio ciò che per i medievali era ovvio: ossia la coimplicazione tra “dono di Dio” e “compito dell’uomo”. Oggi sembra che tra le due dimensioni si debba scegliere. E questo blocca il sistema e vale per entrambi i sacramenti. Se la penitenza è semplicemente il “dono del perdono da parte di Dio”, questo non è tipico del sacramento della penitenza, ma del battesimo. D’altra parte, se il matrimonio è la evidenza dei compiti dei coniugi, come espressi nelle parole del consenso, manca, in questo caso, tutto lo spazio per la irruzione del dono di grazia. Potremmo dire: la penitenza diventa solo grazia, senza compito, mentre il matrimonio viene pensato solo come compito, senza grazia. Come mai?

d) Una possibile rilettura

I medievali sapevano bene che penitenza e matrimonio hanno molte analogie: soprattutto che fioriscono solo nell’equilibrio tra compito e dono. E così hanno provato, a modo loro, a mettere ordine, senza sfigurare le cose. Da un lato hanno lavorato, parallelamente sul concetto di “dono di grazia” (remedium) e di “compito della libertà” (officium). Queste due dimensione assumono nei due sacramenti denominazione diverse:

– nella penitenza bisogna ricordare che il sacramento non sostituisce la virtù e che gli atti del penitente sono “materia” del sacramento: ossia che non si può capire la confessione solo come “assoluzione”. Il lavoro del soggetto è necessario perché vi sia il sacramento. Ergo un sacramento della confessione non può mai durare pochi minuti…Recuperare il “fare penitenza” come logica elementare del sacramento implica un ripensamento radicale del tempo e dello spazio ecclesiale.

– nel matrimonio occorre identificare il polo del compito, espresso dal consenso, in relazione alla evocazione del dono, che sta integralmente nella benedizione. Ma qui, la teologia utilizza spesso le logiche del diritto canonico e tende a escludere la rilevanza della benedizione dalla logica del sacramento, anche appoggiandosi su filoni della teologia medievale che sono rimasti “incantati” dalla logica giuridica (come accade in parte anche a Tommaso d’Aquino). Restituire alla “Benedizione” una portata superiore ad un “sacramentale” è un fatto istituzionale non di poco conto.

e) Ex opere operato ed ex opere operantis

La tendenza ad intendere in modo schematico i sacramenti deturpa il volto della tradizione e la riduce a “punti efficaci”, ma isolati, la cui verità non riesce più ad essere compresa. La immediatezza della assoluzione, da una parte, e la immediatezza del consenso, dall’altra, sono forme degenerate della tradizione, alla quali dobbiamo opporre la forza con cui nei secoli si è pensato ed operato. Nei due sacramenti la grazia di Dio e la libertà di uomini e donne si incontrano in modo radicale e complesso, non immediato. Ogni teologia che aggiri questo punto si mette, di fatto, fuori della tradizione. Su questa analogia Tommaso annotava, con bella linearità:

sacramentum matrimonii perficitur per actum ejus qui sacramento illo utitur, sicut poenitentia; et ideo, sicut poenitentia non habet aliam materiam nisi ipsos actus sensui subjectos, qui sunt loco materialis elementi, ita est de matrimonio” (Super Sent. 4, 26, 2, 1, ad 2)

“Il sacramento del matrimonio si compie attraverso l’atto di colui che usa del sacramento, come la penitenza; e perciò come la penitenza non ha altra materia se non gli stessi atti soggetti ai sensi, che stanno al posto dell’elemento materiale, questo vale pure per il matrimonio”.

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