Una vocazione universale al ministero ordinato? (di Maria Cristina Bartolomei)


Dopo il mio post su Ministeria propter homines et ministeria per homines ho ricevuto questo commento da Maria Cristina Bartolomei. Mi sembra utile portarlo a conoscenza di tutti, perché focalizza il cuore della questione: ossia “è sufficiente o no essere esseri umani e battezzati per essere ministri dell’azione di Cristo?”. Questa domanda, nella sua immediatezza, costituisce una provocazione inaggirabile, che vale contro ogni affermazione diversa. Anche se vi fosse un pronunciamento ufficiale, che pretendesse di definire il maschile e il femminile in una tale differenza, da rendere impossibile la equiparazione di un sesso all’altro nell’esercizio del ministero ecclesiale, tale pronunciamento sarebbe viziato da interna contraddittorietà, perché pretenderebbe di definire “a priori” ciò che può essere colto passando solo attraverso la coscienza e la storia. La schiettezza con cui le donne hanno identificato la questione, che ora è diventata patrimonio comune, non permette più alla Chiesa- maschile o femminile che sia – di avere la esclusiva nella determinazione di ciò che è compito del maschio e di ciò che è compito della femmina. Neppure un papa può chiamare nero ciò che è bianco, nonostante S. Ignazio. Per questo è utile leggere queste righe, a testimonianza di una evidenza nuova, che potremmo così formulare: non è ideologica la “richiesta di riconoscimento di autorità” da parte delle donne, ma è ideologica la asserzione di una “mancanza di autorità” che la Chiesa dovrebbe confessare di fronte a questa richiesta. Tale affermazione, infatti, non è altro che il permanere di un grave pregiudizio, che ha iniziato a vergognarsi di sé e conta di perpetuarsi sub specie humilitatis et auctoritatis. Ossia come resa magisteriale ad un fatto che non è un fatto e come domanda di obbedienza ad un mistero che non è affatto un mistero. (ag)

Caro Andrea,

                        leggendo “homines” e non “viri” nel passo Oportet igitur et ministros Christi homines esse, mi è sovvenuto del libello (più probabilmente solo provocatorio e paradossale, che però ai tempi fu preso anche sul serio e suscitò una forte polemica) comparso anonimo nel 1595 Disputatio nova contra mulieres, qua probatur eas homines non esse, del quale – benché egli negasse – fu reputato autore (e fu probabile ispiratore) Valens Acidalius.

Sono certa che Tommaso adesso approva e condivide le tue argomentazioni e le farebbe sue; è stato un pensatore libero e un innovatore coraggioso; non poteva, per dirla col suo maestro Aristotele, non condividere alcuni fondamentali “éndoxa” della sua cultura e del suo tempo, ossia le opinioni condivise da tutti, o dalla maggioranza, o dagli esperti, strutturanti la visione del mondo. Il punto cui tutto tende si riduce a questo nucleo: è sufficiente o no essere esseri umani e battezzati per essere ministri dell’azione di Cristo? Se si dice di no, la domanda è “perché?”. La risposta storica è decostruibile abbastanza agevolmente, come mostrano le tue argomentazioni, e lascia emergere il monstrum ideologico: ossia il privilegio di rappresentare Dio che gli homines-viri si sono arrogati e continuano ad arrogarsi in esclusiva. Nella subordinazione delle donne si riscontra la radice e la conseguenza del “peccato di origine” della umanità, giacché è trasversale e sottesa a ogni altra oppressione e subordinazione.

L’umanità riesce/riuscirà a strutturarsi come armonia di differenze che si riconoscono, si valorizzano, si custodiscono a vicenda o continuerà a strutturarsi secondo una logica di differenze escludenti e subordinanti, di identità che si affermano per contrapposizione?

Auguriamoci che la Chiesa di Cristo riesca a farsi agenzia attiva di questo modello di umanità, che pure sostiene e realizza in tantissimi aspetti, che le cadano le scaglie dagli occhi e “veda” come in essa stessa, tramite e nella subordinazione delle donne, si simbolizzi e quindi si trasmetta inconsapevolmente una logica in ultima analisi di guerra, e si converta in obbedienza al dono e mandato genesiaco “non è bene che l’umano sia solo”.

Grazie per il tuo pazientissimo e “implacabile” lavoro di decostruzione degli idoli.

Maria Cristina Bartolomei

11 luglio 2023, San Benedetto

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