Un bel colpo di Coda alla riforma della teologia. Intervista all’Osservatore Romano


Con una lunga intervista rilasciata all’Osservatore Romano il teologo Piero Coda, già presidente dell’ATI e Segretario della Commissione Teologica Internazionale, ha offerto diversi spunti per una rilettura delle principali sfide che stanno di fronte alla teologia cattolica contemporanea. Vorrei riprendere solo alcuni tra i molti spunti, particolarmente importanti in vista del dibattito ecclesiale in occasione delle prossime due Assemblee del Sinodo dei Vescovi.

a) La centralità della questione antropologica

Una prima affermazione generale di P. Coda suona come un giudizio preoccupato: ” Un limite nella teologia contemporanea è spesso la mancanza di audacia e vigore teoretico: e cioè di visione e performatività. Il pensiero teologico è radicato nel novum dell’evento cristologico, e per questo deve avere la parresia e il coraggio della testimonianza convinta e persuasiva della verità sempre maior“. Il legame con visioni preconcette e pregiudiziali impedisce un approccio sincero e veritiero alle questioni. Questo riguarda, in modo precipuo, la visione antropologica: “L’antropologia teologica così come spesso la rappresentiamo — non ho timore di affermarlo — è in gran parte da archiviare: non certo nella sostanza, ma nell’interpretazione che ne è data. Perché è astratta e idealistica. Presenta una visione del mondo e dell’uomo da esculturazione. Occorre riviverla e ripensarla e riproporla: nella fedeltà certo all’ispirazione evangelica e alla tradizione, ma proprio in virtù di ciò capace di farsi appassionante e storicamente incidente. E cioè di dire ciò che è perenne e imperdibile nel modo in cui oggi è chiamato a prendere forma. Non promette Gesù: «lo Spirito vi guiderà nella verità tutta intera» (Gv 16, 13)?” Coda “non ha timore” di affermare che la antropologia teologica che proponiamo è spesso un discorso vecchio, ingiusto, unilaterale, da archiviare. Un lavoro di ricostruzione di una antropologia fedele al cammino dell’uomo nella storia in relazione con Dio è un compito urgente, che non si fa con minestre riscaldate o con costruzioni autoreferenziali.

b) La arretratezza della visione del maschile e del femminile

Nell’ambito di una più generale riconsiderazione della relazione tra libertà e grazia, che impegna la teologia ad un confronto aperto con la scoperta della dignità dell’uomo come immagine e somiglianza di Dio nella coscienza e nella storia, emerge con forza una necessaria riconsiderazione del maschile e del femminile come “forme” e “generi” dell’umano. “Anche la sociologia induce a un ripensamento di alcuni assiomi che davamo per immutabili, e che interferiscono con la dottrina etica insegnata dalla Chiesa. Il tema della relazione uomo-donna è paradigmatico. Per dirla un po’ provocatoriamente, penso che oggi più che una “questione femminile” ci troviamo ad affrontare una “questione maschile”! Mi riferisco alla perdita d’identità dell’uomo maschio, che non riesce ad adeguarsi all’emancipazione irreversibile — e benedetta! — del femminile. Il maschio era abituato a idealizzare — e imprigionare — la donna: nei ruoli della madre, della sorella, della sposa o… dell’amante, e in tutti i casi, troppo spesso, della serva. E lui gestiva questi ruoli. Ma non si relazionava con la donna come amica.” Di qui la esigenza di radicale superamento di questi modelli pregiudiziali, che inficiano largamente il discorso ecclesiale e magisteriale sul maschile e sul femminile: “Oggi la donna finalmente si rifiuta d’essere ingabbiata dentro questo schema riduttivo e persino distorto, approntato dai soli maschi. E l’uomo non sa più che pesci prendere. Occorre ritrovare e implementare la dimensione originaria della reciprocità. Che è più e altro dalla complementarietà. È uno stato di crisi, quello attuale, che influisce sull’opacità e indeterminatezza dell’identità sessuale. Recuperare la freschezza e gioia della reciprocità da ambedue i sessi, dunque, per recuperare la pienezza della persona nel vivere affetti, libertà e solidarietà. La nostra arretratezza nel leggere questo fenomeno viene erroneamente attribuita alla fissità anacronistica di una idealizzazione della “sacra famiglia”.

c) Il compito del magistero

Questo rinnovamento teologico investe necessariamente anche il magistero, che deve essere ricollocato al suo “terzo” posto: “C’è da ricordare che la Dei Verbum al n. 8 mette il magistero al terzo posto tra i fattori che dinamizzano quel cammino del Popolo di Dio che felicemente sperimentiamo oggi come cammino sinodale: il primo è lo studio della Parola di Dio, e cioè la sua intelligenza nella fede e nella pratica dell’agape; il secondo è l’esperienza della vita di fede attraverso il sensus fidei e i doni dello Spirito Santo; il terzo appunto è il magistero. Perché il magistero non fa altro che recepire, con il carisma di verità e di guida di cui è dotato per servire, i frutti portati dalla Parola vissuta nello Spirito dal Popolo di Dio”. Ciò appare particolarmente urgente proprio in quegli ambiti in cui le evidenze sospette di una antropologia arretrata, e spesso imposta solo ex auctoritate, condizionano le forme sacramentali e morali dell’azione ecclesiale. Il magistero sulla “riserva maschile”, applicata con disinvoltura e senza confronto culturale al ministero ordinato, risente in modo singolarmente evidente di questa antropologia arcaica, ingiusta e senza rispetto.

Una teologia coraggiosa e libera è la richiesta più urgente che traggo dalla lettura di questa bella intervista. Dove “libera” significa veramente fedele alla ispirazione della Parola e al dono dello Spirito. Queste parole mi fanno ricordare un bravo teologo padovano, che diceva più di 20 anni fa: “se un seminarista vuole studiare liturgia, prima faccia per 10 anni il camionista”. Proprio sul rimorchio di un camion ho letto oggi: “Soldi e paura, mai avuti”. Ecco così dovrebbe suonare uno dei motti decisivi anche per un buona teologia sinodale: una teologia senza paura e senza ambizioni, libera di servire il cammino ecclesiale, alla luce della Parola di Dio e dell’esperienza umana.

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