Quando il magistero da accogliere non è chiaro: donna e ministero


In un testo appena pubblicato un collega teologo scrive, a proposito del tema della ordinazione femminile, che “il magistero recente è chiaro e va accolto”. Io ritengo, come lui, che il magistero sia da accogliere, e tuttavia mi sembra che non sia affatto chiaro. Questa disparità di giudizio appare decisiva per alimentare un sano e proficuo dibattito. Nella comune ammissione della assunzione della posizione magisteriale, io credo che si debba mettere in luce che la sua recezione avrebbe potuto essere piena e convincente se si basasse su dati di fatto e principi di autorità davvero chiari. Ma è proprio su questi due punti-chiave che, a 30 anni dalla posizioni più recisa (1994) e a quasi 50 dalla più esplicita (1976) restiamo ancora imbarazzati, teologicamente e pastoralmente.

Da dove scaturisce l’imbarazzo? Almeno da tre punti della questione:

a) Pacem in terris è stata dimenticata, anche se era all’origine della riflessione di 50 anni fa. I segni dei tempi vengono spesso indicati come pericoli.

b) Alcuni fatti sono stati assolutizzati, in modo drastico, sia sul piano storico sia sul piano ecclesiale, con procedimenti argomentativi poco controllati.

c) La teologia di autorità non ha avuto sufficiente autorità per reggere più di qualche decennio alla pressione della evidenza. E perciò alimenta una teologia “dalla testa vuota” (Tommaso d’Aquino)

Più semplice sarebbe ricorrere alle forme classiche del ragionamento teologico: in particolare alla “identificazione degli impedimenti” alla ordinazione, per indagare fino a che punto essi possano essere riproposti o se debbano cadere.

Questo volume ha l’intenzione esplicita di intervenire nel dibattito ecclesiale e sinodale sul tema dell’accesso della donna al ministero ordinato e di affrontare in modo sistematico la tradizione teologica sul sesso femminile come impedimento all’ordinazione. Tre sono le questioni-chiave oggetto di altrettanti capitoli: l’apparire della tematica dell’ordinazione delle donne dopo il Concilio Vaticano II e la soluzione assunta a partire dal 1976 con la Dichiarazione Inter insigniores circa l’ammissione delle donne al sacerdozio ministeriale; la domanda di ordinazione diaconale delle donne messa a tema nel recente Sinodo (2023-2024); il lavoro teologico necessario per scavare all’interno dei cortocircuiti magisteriali in rapporto alle motivazioni della “riserva maschile” relativa al ministero ordinato. Il percorso qui tracciato può aprire lo spazio per elaborare una nuova vocazione universale al ministero ordinato che non faccia della differenza di sesso il perno dell’ecclesiologia.

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