Ciascuno di noi è potenzialmente spettatore, in presa diretta, di qualsiasi evento accada nel mondo, anche nell’angolo più recondito del pianeta. La rete e, più recentemente, i droni hanno moltiplicato le nostre possibilità di assistere a eventi lontani, in condizioni di sicurezza e senza alcun coinvolgimento da parte nostra. Già l’industria cinematografica ci aveva abituati all’atteggiamento dello spettatore non coinvolto nell’evento a cui assiste, ma ora è la realtà stessa che – davanti ai nostri occhi – si dispiega senza produrre alcun coinvolgimento. Siamo divenuti la società dell’indifferenza: potenzialmente nulla di ciò che accade ci sfugge più, ma non siamo più capaci di attenzione. Il grande problema per gli anni che verranno sarà precisamente quello di come rieducarci a vedere la realtà lasciandoci coinvolgere in essa: come rieducarci all’attenzione e all’empatia.
Nella storia umana, il rito e il teatro sono stati i due grandi motori di siffatta educazione della sensibilità, ma oggi l’uno e l’altro sono del tutto marginali nelle nostre esistenze, individuali e collettive.
Come rieducarci dunque oggi all’attenzione per ciò che accade attorno a noi? Quell’attenzione che Simone Weil definiva la forma più pura della generosità e che abilita a vedere l’altro. A vederlo in quanto altro, ma anche alla luce di quella solidarietà umana che tutti ci unisce: l’altro è un altro (non è nelle mie disponibilità), ma i suoi destini non mi sono indifferenti, anzi, mi riguardano.
In un’Italia in cui si discute stancamente di fascismo e di antifascismo, il problema andrebbe oggi concretamente articolato nei termini dell’alternativa tra il Me ne frego fascista e I care che don Milani aveva scelto quale motto per la sua scuola di Barbiana. Qui sta il vero discrimine.
Ci prendiamo a cuore tante cose inutili, disperdendo così la nostra attenzione, e ci disinteressiamo di ciò che dovrebbe riguardarci per davvero. I care: me ne curo, mi interessa, mi riguarda, me ne prendo cura. Questo è il vero compito che ci attende e al quale prepararsi.