Per una spiritualità elementare







E’ appena uscito un volumetto che presenta in 10 parole una spiritualità elementare. Ne riproduciamo il Prologo.






Prologo
“…impariamo a veder nuovamente il mondo attorno a noi da cui ci eravamo distolti nella convinzione che i nostri sensi non potessero insegnarci nulla di valido e che solo un sapere rigorosamente oggettivo meritasse di esser preso in considerazione…In un mondo così trasformato non siamo soli, e non siamo soltanto tra uomini. Questo mondo si offre anche agli animali, ai bambini, ai primitivi, ai pazzi, che lo abitano a modo loro e che coesistono con esso” (Maurice Merleau-Ponty)
Il quotidiano non è mai banale; il suo fenomeno, l’apparire giorno dopo giorno delle cose abituali intorno a noi, è certo di per sé un fatto ambiguo. Per essere all’altezza di sé, per restare “dono”, per non violare lo statuto di grazia che lo ha istituito, il quotidiano deve poter essere continuamente riconosciuto e interpretato, disciplinato e “inventato” (De Certeau) . Solo nel quotidiano l’uomo si apre al reale, ma proprio nel quotidiano egli mette in opera tutte le strategie e gli stratagemmi più raffinati per fuggire, per chiudersi, per immunizzarsi dal reale. Nel quotidiano della vita comunione e separazione, comunità e immunità, non indifferenza e indifferenza si confrontano, continuamente e drammaticamente. Ecco allora il motivo di questo scandaglio, attraverso 10 parole chiave (7 che cominciano per “p” e 3 che cominciano per“t”) . Si tratta, in sostanza, di individuare la spiritualità proprio come delicato e prezioso rapporto tra fede e quotidianità nei singoli passaggi di vita, e di contraddire la tendenza alla banalizzazione di ognuno di questi momenti, lasciando invece che possano ancora stupire per la profondità che ognuno di essi riveste nella vita corporea e spirituale di ciascuno di noi. Essa resta infatti il piccolo varco attraverso cui lo Spirito del Cristo raggiunge la nostra dimora, sta alla nostra porta, bussa e ci attende, per sorprenderci e consolarci, sempre di nuovo. Più in dettaglio, il nostro percorso cerca di affrontare due versanti diversi della emozione spirituale: da un lato quello prevalentemente individuale (le 7 “p”) e dall’altro quello piuttosto comunitario (le 3 “t”). Il percorso attraverso le 10 parole rilegge il quotidiano con l’ambizione di mostrare la “profondità della superficie” (Wittgenstein) senza mai lasciar cadere la antica certezza – sapienziale e cristiana – che sa come in questo campo “il più elementare è il più spirituale” (Sequeri). Le logiche elementari del quotidiano investono tutti i diversi livelli della presenza dell’uomo a se stesso, al mondo e a Dio. Egli resta sempre uomo adulto, certo, ma scopre anche la propria fragile identità, che risulta segnata da una persistente identità di animale e di bambino, di primitivo e di pazzo. Le logiche animali, infantili, primitive e folli dell’esperienza ci appartengono originariamente e non possiamo mai smentirle del tutto, senza perdere la nostra identità più piena: un certo modo di avvicinare o allontanare le coerenze e le successioni, di interrompere o di assommare le sensazioni, non solo può sempre minacciare la nostra identità, ma sa anche garantire originariamente la complessa ricchezza del rapporto che ci lega alla vita e al suo Signore. Recuperare questo profondità animale, infantile, primitiva e folle dell’uomo adulto è il compito che si prefiggono queste nostre “dieci parole”, in vista di una spiritualità elementare.
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