Abuso evidente – uso dimenticato


Non ci siamo ancora rassegnati. Siamo ancora capaci di sdegno di fronte ad un moderno “de Nabuthae”. Abbiamo ancora evidenze residue, che si attestano su luoghi di “abuso senza umanità”: sui minori, sui disabili, sulle donne, o sugli anziani, l’abuso appare censurato inappellabilmente dal senso comune. Ma oltre a queste evidenze sull’abuso che resistono al tempo, sappiamo davvero conservare – in stretta e necessaria correlazione – una qualche evidenza intorno all’uso, su quale comportamento sia giusto tenere con minori, disabili, donne e anziani? E’ ancora possibile una evidenza delle regole delicate che sovraintendono alla educazione, al matrimonio, alla differenza e alla fragilità? Su questo, in verità, siamo tutti molto meno sicuri e molto più disorientati.
Si licet parva…anche in campo liturgico vigono oggi tendenze affini a quelle altamente denunciate circa la cultura ambiente. Intorno al rito cristiano, infatti, la grande preoccupazione di “evitare gli abusi” sembra non considerare più la questione da due secoli decisiva, ossia il recupero dell’uso. Ciò vale anzitutto per l’eucaristia, ma poi si estende anche al battesimo e alla confessione, alla liturgia delle ore come all’anno liturgico. Dietro vi sta essenzialmente un vizio della memoria. Noi non ricordiamo più che per rimediare all’abuso peggiore – ossia alla perdita dell’uso – la Chiesa ha intrapreso da quasi 50 anni un lungo percorso di recupero e di nuova formazione. Esso è scaturito dalla profonda coscienza che senza recuperare l’uso, combattere i singoli abusi – pur nella loro obiettiva gravità – serve a poco.
Oggi invece, sul piano liturgico come sul piano civile, sembra più importante evitare gli abusi che recuperare gli usi. Così ci illudiamo che lo scandalo sulla pedofilia sappia suggerirci come educare i nostri figli; o che lo scandalo per le messe “dialogate” sia capace di restituirci la sapienza festiva del rito. E così, rendendo di nuovo possibile celebrare l’eucaristia secondo l’uso precedente al Concilio Vaticano II, otteniamo d’un colpo un duplice risultato: cediamo al relativismo dei tempi e relativizziamo la sacrosanta riforma liturgica. Chi mai si salverà soltanto per il fermo proposito di evitare ogni abuso?
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