Alla ricerca di Don Lorenzo: piccolo itinerario tra due libri


 

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Questa mattina, alle 6.21, vengo svegliato dal telefono che vibra…guardo. Fotografie. Tante fotografie di un vescovo. Metto a fuoco. E’ Chiarinelli, è Don Lorenzo! Ma non capisco. Non c’era messaggio, solo immagini di lui, pubbliche e private. Ho un timore, che in pochi istanti viene confermato da poche righe scritte con dolore dallo studente africano. Ci ha salutato per sempre. Penso subito a lui, alla sua cara persona. Lo avevo incontrato a Rieti, nel settembre scorso, in occasione di una conferenza. Venne e ci parlammo a lungo. E lo avevo trovato con la solita carica di entusiasmo e di forza. Comunico subito la notizia ad alcuni amici, che lo conoscevano molto meglio di me. E poi penso: come posso trovarlo ancora, come posso di nuovo incontrarlo? Vado sicuro verso due libri. Lo troverò di nuovo.

Un Convegno di 24 anni fa e la sua presenza non documentata

Mi affretto a cercare le tracce di Don Lorenzo negli atti del Convegno APL di Salsomaggiore (1996). Ero convinto che ci fosse un suo scritto negli atti, ma nulla. Eppure fu allora che lo conobbi bene e ne apprezzai la forza e la lucidità. Fu al nostro Convegno, il XXV della Associazione, che affrontava il rapporto tra liturgia e altre discipline teologiche. Ed egli fu presente con una intensità, una competenza e una umanità davvero indimenticabili. E’ curioso che io lo abbia cercato su un libro nel quale non compare esplicitamente. Mi è sembrata una bella forma di “traditio”. Se sei autorevole, se dici cose belle, se stai nelle questioni, ci sei anche quando non ti si trova! Così, a metà tra delusione per non averlo trovato, e consolazione per averlo riconosciuto anche nella invisibilità della pagina, ho proseguito nella mia ricerca.

Un libretto “di attualità” e “di novità”

Subito dopo questo “passo falso”, mi soni ricordato di un “Terebinto” che mi era arrivato da lui. Sì, uno di quei librettini gustosi inventati dagli amici della Asina di Balaam, tra cui uno era di sicuro il suo. Lo cerco con una certa fretta: eccolo! Il titolo è già promettente: “Così antica e così nuova: la Chiesa”. Ma il sottotitolo è ancora più forte: “Il gesto inatteso di papa Benedetto XVI”.  Ecco, ora sono sicuro: posso stare ancora un po’ con Don Lorenzo e ritrovarlo nella sua scrittura. E non è difficile trovare, in quelle 40 pagine, molto del suo stile umano e cristiano, teologico e pastorale. La considerazione del “gesto di rinuncia all’esercizio del ministero petrino” viene collocata in un contesto ampio, descritta nei suoi passaggi ed esaminata nelle sue conseguenze per la vita della Chiesa: è apertura, è libertà, è umiltà, è servizio, è novità. Per costruire il suo discorso Don Lorenzo intesse i diversi discorsi tenuti di papa Benedetto dal giorno 11 febbraio al giorno 27 febbraio 2013 con altri testi, soprattutto con i testi del Concilio Vaticano II. Nella sua lettura c’è una grande continuità tra il Concilio Vaticano II e la “salita sul monte” da parte di papa Benedetto.

Una eredità limpida e una “prodigiosa freschezza spirituale”

Don Lorenzo, lo ricordiamo tutti e lo abbiamo visto chiarissimo davanti a noi, era un uomo che, anche nella peggiore delle difficoltà, non perdeva mai un fondo sereno, direi quasi lieto. Lo possiamo trovare così presente anche dove sembra assente. E lo ritroviamo nel suo modo fine e caldo di presentare la fede e la Chiesa. E’ stata Franca Kannheiser a scrivere un bel ricordo di Don Lorenzo, a caldo, stamattina, quando ha parlato giustamente per lui di “prodigiosa freschezza spirituale”. Anche nell’ultimo incontro con lui, a Rieti, 11 mesi fa, ne ero uscito con la sensazione di aver parlato con un “novello vescovo”, pieno di idee, di entusiasmi, di scoperte, di promesse possibili e di benedizioni necessarie. Vorrei dire che, mutatis mutandis, Don Lorenzo stava all’episcopato italiano come Silvano Maggiani stava ai liturgisti italiani. E non mi ha sorpreso che, proprio in quel volume, dove cercavo Lorenzo, io abbia trovato Silvano. Così leggendo il primo ascoltavo il secondo e gustando il secondo mi immaginavo e riconoscevo il primo. Quando accade così, allora possiamo essere certi che la tradizione non la abbiamo solo “dietro”, ma sta anche e soprattutto “davanti” a noi. Ci siamo dentro. Grazie a Lorenzo e a Silvano, al loro stile lieto e sereno di uomini di fede e di pensiero, la tradizione ha camminato, ci ha incrociato e ci ha coinvolto. Ora riposano.  Ora di certo hanno intensificato per sempre il loro dialogo. Con la amabile gentilezza e la grandezza di cuore che accomunava questo vescovo pastore e quel frate servita, dai quali abbiamo imparato quanto possa essere seria, e quanto sorridente, la vita in comune dei discepoli di Cristo.

 

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