Alleanza
XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – A
Es 19, 2-6 / Sal 99; Rm 5,6-11; Mt 9,36-10,8
Introduzione
Nella XI Domenica del tempo ordinario dell’anno A il brano del Vangelo (Mt 9,36-10,8) è costituito dal passaggio dalla sezione dei miracoli (Mt 8-9) al discorso missionario (Mt 10): il ministero di Gesù che guarisce e libera è il modello dell’azione dei suoi discepoli, chiamati, a motivo della compassione, a continuare nel tempo e nella storia le opere del loro maestro. È molto bello che l’invito di Gesù ha pregare il padrone della messe perché mandi operai nasca dal suo sguardo di compassione sulla folla. A questo brano evangelico la liturgia accosta il testo dell’Esodo nel quale il Signore attesta a Israele il suo amore per lui: «voi sarete per me una proprietà particolare». Lo sguardo di compassione di Gesù è in continuità con questo sguardo del Dio di Israele che vuole stringere alleanza con il suo popolo. La prima lettura diventa quindi la prospettiva che la liturgia di questa domenica ci offre per leggere il brano evangelico.
Commento
Le tappe del cammino di Israele nel suo viaggio dalla schiavitù alla libertà del servizio di Dio sono un po’ come le tappe che segnano la nostra esistenza personale e comunitaria. In ogni esistenza ci sono delle tappe significative nelle quali si prende coscienza del cammino che si sta facendo.
Nella tappa del deserto del Sinai Israele scopre alcuni tratti fondamentali del volto del suo Dio. Egli scopre innanzitutto che il Signore vuole fare alleanza con lui. Egli non lo fa per propri interessi, come spesso facciamo noi quando stringiamo relazioni con qualcuno, ma lo fa unicamente pensando al futuro del suo popolo. Il Dio della Bibbia è un Dio che si impegna per il bene e per il futuro del suo popolo «gratuitamente». Egli non cambia bandiera ogni giorno a seconda di quello che gli torna comodo: va fino in fondo nella sua fedeltà anche quando si scoprirà tradito.
Ma perché possa realizzarsi questo progetto di Dio ci sono delle condizioni irrinunciabili. L’interlocutore di Dio deve essere innanzitutto un interlocutore libero. Per questo Dio non stringe alleanza con il suo popolo in Egitto, quando è schiavo e forse non avrebbe potuto fare altro che accettare, magari anche controvoglia. No! Dio si rivolge ad un soggetto libero e liberato, per stringere alleanza con lui. A Dio non piacciono quelli che dicono sempre di sì, che non lo contraddicono mai; a Dio non piacciono esecutori insignificanti e sottomessi. Egli vuole davanti a sé «uno che gli corrisponda», proprio come quando nella creazione crea la donna per la relazione con l’uomo. Questa è la prima condizione dell’alleanza: la libertà.
In secondo luogo, Dio vuole un interlocutore capace di ascoltare. È forse una conseguenza della libertà. Dio non vuole degli esecutori con il pilota automatico. Egli vuole un popolo che entri in dialogo con lui, che sappia ascoltare la sua voce e rispondere ad essa. La seconda condizione dell’alleanza è la capacità di ascolto della parola di Dio.
In terzo luogo, Dio vuole un popolo che sappia custodire l’alleanza. Essa è un dono che va custodito. Dio non cerca inventori di nuove formule passeggere, di trovate stravaganti, di sparate altisonanti e ad effetto. Dio cerca la fedeltà, la perseveranza, che è lo spazio della autentica creatività. La capacità di custodire è la terza condizione dell’alleanza.
Se ci sono queste condizioni, allora Dio può offrire il dono dell’alleanza al suo popolo che si configura come una relazione gratuita e immeritata. Dio chiama il suo popolo «proprietà particolare», un termine che in ebraico indica la proprietà privata di un re. Non il suo regno, ma i suoi beni personali: le proprietà «della corona». Dio è signore di ogni cosa creata, ma sceglie di avere una relazione particolare con il suo popolo: è una relazione gratuita, non dovuta, personale. Israele che entra in relazione di alleanza con Dio è poi chiamato «popolo di sacerdoti». Cioè la sua relazione con Dio non è un bene di cui impadronirsi gelosamente, ma da mettere al servizio dell’intera umanità. Israele è infine una «nazione santa» non perché abbia una condotta morale migliore di quella degli altri popoli, ma perché grazie all’alleanza con Dio è chiamato a partecipare della sua stessa santità. Ciò che il popolo è cosciente di aver «gratuitamente ricevuto», è anche ciò che è chiamato a «donare» altrettanto «gratuitamente» (cfr. Mt 10,8).
Conclusione
Nella scelta e nella missione dei dodici, che nasce da uno sguardo di compassione di Gesù, abbiamo una nuova tappa della relazione-alleanza di YHWH con il suo popolo: non «una alleanza diversa», non «un popolo nuovo», ma una storia che continua perché ha come garanzia la Parola di Dio che non viene mai meno alle sue promesse. Anche noi nelle tappe del cammino della nostra vita possiamo scoprire il volto di Dio, così come si rivela a noi: un Dio che ci vuole sempre liberi, capaci di ascolto e custodi dei doni che gratuitamente riceviamo da lui. È l’annuncio bellissimo della Lettera ai Romani nella prima lettura (Rm 5,6-11): quando eravamo non amabili», Dio ci ha amati in Cristo, che ha donato per noi la sua vita. In questa gratuità infinita si rivela il volto dell’amore di Dio.
Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli