Anticoncezionali e breccia di Porta Pia


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Che cosa scandalizza nel libro “Etica teologica della vita”? Essenzialmente, l’uscita da una teologia di autorità. Che cosa significa? Che le categorie che guidano la riflessione nell’ultimo secolo sul tema sono troppo rozze rispetto al problema. Poiché dipendono da una impostazione manichea, inaugurata solo a metà del 1800 e risentono di una questione politica che condiziona la riflessione: la perdita del potere temporale. Dopo la caduta del potere temporale, una tentazione fortissima è stata quella di trasferire un residuo di questo potere sul matrimonio e sul sesso. Se l’unione tra uomo e donna e la generazione appartengono a Dio e non all’uomo, la competenza su di essi spetta alla Chiesa e non allo stato. Questa è la impostazione che da Arcanum divinae sapientiae (1880) fino a Veritatis splendor (1993) domina il campo della teologia cattolica. Il suo cuore non è dogmatico, ma politico. Proprio sul piano sistematico questa teologia si rivela fragilissima. Usando argomenti polarizzati, che oppongono Dio e uomo nel matrimonio e nella generazione, questa teologia dimentica la tradizione, accuratissima non nell’opporre ma nell’integrare. Il modello polare è falso, astratto e formale poiché unione e generazione sono allo stesso tempo atti di Dio e dell’uomo, che non possono essere attribuiti al primo senza riconoscere un ruolo decisivo anche al secondo. Come ha detto tutta la tradizione pre-ottocentesca, soprattutto pre-tridentina, non si comprende la generatio se non in tre dimensioni: siamo generati per la natura, siamo generati per la città, siamo generati per la Chiesa. Solo nell’Ottocento, quando la natura e la città sono sembrate ribellarsi oltraggiosamente contro la Chiesa, la Chiesa ha potuto pensare che generazione e matrimonio fossero materie di cui solo essa era competente.
A partire dal 1930 con la enciclica Casti connubii il tema del rifiuto dell’anticoncezionale è arrivato a identificarsi col cattolicesimo stesso. La mancanza di senso delle proporzioni, il compiersi della ossessione contro il sesso ha trovato qui campo fertile da più di settant’anni, ma le categorie con cui il tema è stato pensato erano troppo estrinseche e troppo rigide. Il documento più esemplare di questa fissazione è Veritatis splendor, che può mettere in fila, intorno al concetto di “atto intrinsecamente malvagio”, la masturbazione, l’uso degli anticoncezionali e il genocidio. Categorie troppo rozze e poco elaborate conducono a conseguenze che sono nello stesso tempo tragiche e comiche.
Un volume che pubblica gli studi di un convegno nel quale, finalmente, si esce da questo orizzonte ristretto, da questi pensieri meschini costituisce un grande servizio alla tradizione, contro la discontinuità introdotta da preoccupazioni politiche ed ecclesiastiche a partire da metà dell’Ottocento. Lo spazio di questo volume è stato dischiuso da Amoris laetitia, che indirettamente anche per gli anticoncezionali stabilisce la fine del modello ottocentesco. Non è giusto che dopo 150 anni il tema del matrimonio e della sessualità sia vissuto e pensato a partire dal trauma della breccia di Porta Pia.

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