Antropologia personalista: ma è proprio così? Un commento a Mauro Cozzoli (di Antonio Autiero)


AL

 

Anche Antonio Autiero, prof. emerito di teologia morale dell’Università di Muenster, ha scritto un commento all’articolo di Mauro Cozzoli, apparso sull’ Osservatore Romano del 28 aprile 2021 e dedicato al responsum, su cui ieri ho pubblicato un mio commento che si può leggere qui. Lo ringrazio per il testo acuto e osservo che anche sul piano strettamente morale si può considerare forzata la lettura che Cozzoli fornisce non solo di AL, ma anche del responsum e del suo contenuto rigorosamente ed esclusivamente negativo circa la benedizione. (ag)

Commento all’articolo di Mauro Cozzoli

di Antonio Autiero

Mauro Cozzoli si avvicina alla questione del Responsum e molto di più alle reazioni critiche ad esso con una lente di ingrandimento non messa bene a fuoco. E questo è riconoscibile da alcuni punti che restano in realtà confusi e poco consistenti.

Egli si limita alle critiche che hanno messo in luce la tensione tra Responsum e Amoris laetitia e fanno appello alla dottrina della misericordia, che il Responsum avrebbe trascurato. L’autore avrebbe potuto considerare anche altre critiche che sono sostanziali all’impianto di pensiero antropologico ed etico con cui oggi si affronta il tema dell’omosessualità e delle sue forme espressive. I deficit del Responsum su questo fronte sono ancora più vistosi e problematici.
Ma il fatto che l’autore si sia fermato al confronto tra Responsum e AL è del tutto legittimo, tuttavia genera l’impressione di una lettura funzionale sia delle critiche a cui vuole ribattere, sia del ricorso ad AL. Questo documento viene polverizzato in una serie di riferimenti, che presi nella loro formulazione testuale possono anche richiamare assonanza con la linea di pensiero che l’autore vuole presentare. Ma l’orizzonte ermeneutico di Al resta oscurato dalla raffica delle citazioni; lo spirito di AL e il paradigma di approccio etico che essa vuole mettere al centro restano qui purtroppo al margine. Ed è un peccato. Ma è anche il motivo di irrilevanza dei
ragionamenti che l’autore vuole illustrare.
Due cose vanno espressamente richiamate. La prima riguarda quello che l’autore chiama “antropologia personalista” a cui secondo il suo parere obbedirebbe, invece, il Responsum. Ma è proprio così? Non sarebbe il caso di uscire dall’equivoco che circola da decenni in tanti ambienti teologici che parlano di antropologia personalista, pensano in realtà però in termini
ontologici, metafisici, giusnaturalisti? Il personalismo non è la presa sul serio della centralità della persona e delle sue relazioni?
Ed inoltre attribuire all’amore tra persone dello stesso sesso la qualifica di amore “amicale” può a prima vista apparire gentile e sensibile, in definitiva però è una confusione di piani difficilmente sopportabile. A parte la presenza di dimensione amicale in ogni forma di amore
(compreso quello coniugale), non andare oltre dallo schema amicale per persone che invece fondano un progetto di vita comune, fedele, costruttivo non è più un atto di gentilezza, ma è disconoscimento delle storie di vite che certamente non sono da maledire. E allora?
Ma se per l’autore questo amore amicale è il massimo di riconoscimento a cui possono accedere le persone dello stesso sesso e questo amore amicale non è in sé stesso un male, allora perché non benedirlo? Magari con una formula ad hoc per la “benedizione dell’amore amicale” che, se
non sbaglio, non esiste ancora.
Antonio Autiero  – 30 aprile 2021

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