Aumenta nel mondo l’inclusione finanziaria (obiettivo ESG) grazie alla tecnologia ma molto resta da fare per far sì che essa porti allo sviluppo
La titolarità dei conti bancari è aumentata nel mondo secondo il Global Findex aggiornato dalla Banca Mondiale nel luglio scorso, ma molto resta da fare affinché la detenzione dei conti possa contribuire davvero al benessere della persona[1].
Per inclusione finanziaria si intende il grado di accesso ai servizi finanziari e, in primis, la possibilità di essere titolari di un conto corrente presso una banca o un istituto finanziario. L’interesse per questo tema è cresciuto notevolmente negli ultimi anni anche perché è stato inserito negli obiettivi Environment Social Governance (ESG). L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata da tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite nell’Assemblea generale del settembre 2015, comprende una serie di 17 obiettivi (Sustainable Development Goals o SDG) e 169 sotto-obiettivi che tutti i paesi si sono impegnati a raggiungere entro il 2030.
L’inclusione finanziaria è stata inserita, in particolare, nel Target n. 10 del Goal n.8, “Lavoro dignitoso e crescita economica”, che si concentra sul “rafforzamento della capacità delle istituzioni finanziarie nazionali di incoraggiare e ampliare l’accesso per tutti ai servizi bancari, assicurativi e finanziari”. Considerando che, come numerose ricerche hanno ampiamente dimostrato, l’inclusione finanziaria gioca un ruolo chiave nella riduzione della povertà e delle disuguaglianze, nonché nella diffusione del benessere e nella promozione dello sviluppo sostenibile, essa può essere fatta rientrare anche in altri obiettivi ESG, ovvero: Sconfiggere la povertà (Obiettivo 1), Istruzione di qualità (Obiettivo 4), Parità di genere (Obiettivo 5), Ridurre le disuguaglianze (Obiettivo 10).
La Banca Mondiale aggiorna la rilevazione, condotta nel 2021 in oltre 120 paesi, ogni tre anni. L’ultimo aggiornamento, posticipato a causa del covid, consente di fare il punto sul grado di diffusione dei conti bancari e finanziari e su talune criticità.
L’aumento del numero degli adulti che nel mondo detenevano uno o più conti correnti bancari (salito al 76% dal 69% del 2017) rappresenta senza dubbio un risultato di rilievo, poiché esso mostra una crescente capacità finanziaria della popolazione e una sua maggiore autonomia nella gestione delle proprie risorse ancorché limitate, ma il gap che separa i paesi avanzati dai paesi emergenti rimane consistente. La proprietà dei conti anche in questi ultimi è bensì cresciuta molto (di 30pp in 10 anni: dal 42% nel 2011 al 71% nel 2021), ma è ancora distanziata da quella dei paesi avanzati che sfiorano la totalità.
La dispersione fra i singoli paesi inoltre rimane molto elevata, spaziando da un minimo pari al 6% degli adulti che detenevano un conto nel Sud Sudan, a causa della guerra civile che ha devastato il paese nell’ultimo decennio, al 100% delle economie avanzate (in Italia il 97% degli adulti). I più consistenti miglioramenti rispetto alla rilevazione precedente sono stati registrati ovviamente nei paesi emergenti, dove vi erano ampi spazi di crescita. Fra i paesi più vicini a noi, ad esempio, gli incrementi dal 2017 al 2021 sono stati molto significativi in Bosnia (dal 59% al 79%) e in Moldavia (dal 44% al 64%), probabilmente sia per il modesto livello di partenza sia per problemi di sicurezza e per motivi precauzionali in situazioni sociali e contesti economici difficili, che hanno sostenuto i depositi in conto negli anni della pandemia. La maggior parte degli unbanked (ossia coloro che non detengono conti bancari) rimane concentrata in alcuni paesi asiatici.
Il grado di diffusione dei conti risulta, come prevedibile, legato al livello di ricchezza della popolazione, misurato dal PIL pro-capite. Tuttavia, in molti paesi, ad es. nell’area dell’Europa centro orientale (quali la Slovacchia, la Repubblica Ceca e la Slovenia), l’inclusione finanziaria ha raggiunto il livello dell’Europa cosiddetta avanzata ma il livello di reddito pro-capite è rimasto più modesto. In altre parole, la diffusione dei conti si è accresciuta più velocemente della cosiddetta convergenza agli standard di vita dei paesi avanzati. Si è studiato molto in passato il contributo della finanza allo sviluppo, che sembra in questo caso non essere stato determinante. L’esame dei fattori che hanno sostenuto la diffusione dei conti aiuta a spiegare la relazione, ovviamente solo in parte data la complessità del tema.
All’aumento della diffusione dei conti ha contribuito certamente la tecnologia, che attraverso lo smartphone consente l’accesso ai servizi bancari anche in aree remote. Tuttavia, l’inclusione non avviene solo per iniziativa dei correntisti e delle banche, ma spesso su richiesta dello Stato e delle società che erogano servizi pubblici (elettricità, acqua, gas). Il ruolo dello Stato risulta essere fondamentale, anche in ambito digitale, poiché esso è chiamato a realizzare le infrastrutture necessarie. L’uso del digitale/smartphone è stato favorito, soprattutto nei Paesi emergenti, dalla possibilità di ottenere salari e pensioni in modo più rapido e sicuro, sia per i flussi interni al Paese sia per quelli provenienti da Paesi esteri (le rimesse internazionali). L’inclusione finanziaria risulta quindi derivare almeno in parte dall’efficientamento nella fornitura di servizi.
Le elaborazioni della World Bank riportano una grande quantità di dati utili per una valutazione del contributo dell’inclusione allo sviluppo. Se guardiamo alle barriere che impediscono a famiglie e imprese – specie le microimprese/PMI – di accedere ai conti emerge che il principale ostacolo è rappresentato dalla mancanza di fondi sufficienti ovvero dalla povertà (come dichiarato da oltre il 60% degli adulti che era senza conto finanziario tra i Paesi emergenti), a cui si aggiungono le commissioni troppo elevate. Laddove, tuttavia, i singoli non dispongano di risorse sufficienti, è interessante vedere che è comunque rilevante la possibilità di fare affidamento su conti detenuti da altri membri della famiglia o della comunità. La rete di solidarietà è importante anche di fronte alle emergenze. Nei Paesi emergenti, le due fonti di finanziamento più comuni in caso di difficoltà sono infatti ancora i parenti e gli amici, oltre al reddito ottenuto dal proprio lavoro (per quasi il 60% degli adulti).
Il forte legame che unisce i membri delle comunità locali emerge nei cosiddetti savings club, i gruppi di risparmio, composti in genere da 15-25 persone che si incontrano regolarmente per raccogliere somme il cui importo è basato sulle capacità di ciascun partecipante. I gruppi mettono poi in comune i risparmi per fare prestiti sui quali applicano una commissione di servizio o un tasso d’interesse, che a sua volta aumenta il fondo per i prestiti. I risparmi e i prestiti dei membri sono registrati in libretti individuali o in un registro centrale. In sostanza potremmo definirle “micro” banche, che forniscono un contributo interessante sebbene il loro peso rimanga marginale a livello internazionale.
Un’alternativa nelle economie emergenti è rappresentata dalle associazioni di risparmio e credito a rotazione (ROSCA), che operano mettendo insieme i depositi dei soci settimanalmente ed erogando l’intera somma a un socio diverso ogni settimana. Queste pratiche sono particolarmente diffuse nell’Africa sub-sahariana.
Nell’affrontare l’inclusione finanziaria, un’attenzione particolare meritano le donne, per l’importanza che esse hanno nella gestione delle risorse per la famiglia e soprattutto per i figli nell’economia dei paesi più poveri. Anche fra le donne, la proprietà dei conti ha segnato un netto miglioramento nel 2021, con il 78% degli uomini che aveva un conto contro il 74% delle donne, mostrando quindi un gap pari a 4 punti percentuali, in diminuzione dai 7 punti percentuali riscontrati nel 2017. Un risultato positivo ottenuto soprattutto grazie alla diffusione dello smartphone, sebbene per molte donne spesso esso rappresenti piuttosto un ostacolo. Le donne incontrano numerose barriere che includono vincoli istituzionali, come le leggi che vietano loro di possedere un conto o di ereditare beni, nonché norme che limitano la loro mobilità e la capacità di percorrere lunghe distanze per raggiungere la banca più vicina e livelli diseguali di istruzione e di mezzi finanziari. La tecnologia digitale sembra poter espandere i servizi finanziari alle donne, ma queste ultime sono spesso molto meno a loro agio nell’uso dello smartphone rispetto agli uomini o l’utilizzo viene loro impedito “affinché non si distraggano”[2]. Spesso, inoltre, le donne non hanno il diritto di gestione e controllo delle proprie finanze.
I pagamenti digitali si sono ampiamente diffusi ovunque nel mondo, ma la distanza che separa i paesi più avanzati dagli emergenti rimane notevole. Il 64% degli adulti – o l’84% dei titolari di account – nel mondo ha riferito di aver effettuato o ricevuto almeno un pagamento digitale nell’anno precedente. Nelle economie a più alto reddito, il 95% degli adulti ha dato una risposta positiva, mentre nelle economie emergenti la percentuale corrispondente si fermava al 57% degli adulti. Nel 2021 i pagamenti tramite smartphone, in particolare, sono stati utilizzati nel mondo dal 40% della popolazione.
Riguardo all’uso delle carte di pagamento, quello che stupisce è la discrepanza fra la titolarità e l’uso effettivo. Sovente, infatti, il titolare non usa la carta, e preferisce effettuare pagamenti e riscossioni in contanti. Per cogliere quindi in modo adeguato il contributo effettivo degli strumenti di pagamento alla qualità della vita non basta limitarsi a considerare la diffusione degli stessi, ma occorre tenere presente soprattutto il loro reale utilizzo.
Non stupisce invece la notevole differenza nell’uso delle carte di credito e di debito. Nel mondo, infatti, il 20,6% ha utilizzato una carta di credito, ma tra i paesi high income l’uso delle carte di credito è stato molto più elevato (50,5% nel 2021) rispetto alle altre regioni (24% nell’area East Asia Pacific e 23% nell’America Latina), poiché si tratta di uno strumento che richiede una struttura organizzativa e finanziaria complessa ed una robusta capacità di valutazione e di erogazione del credito. Molto più diffuso è infatti l’uso delle carte di debito (35% nel mondo nel 2021) sia nei paesi ad alto reddito (74%) che nei paesi emergenti (37% in Est Asia e Pacifico (EAP), 35% in America Latina e oltre il 23% nei paesi Medio Oriente e Nord Africa, ma solo intorno al 10% nelle altre due aree, Sud Asia e Africa Sub-Sahariana).
L’inclusione assume poi una notevole rilevanza anche nei rapporti finanziari internazionali, con riferimento in particolare alle rimesse, le somme che vengono inviate dagli emigrati alle famiglie di origine e che sostengono in modo determinante il profilo finanziario in molti paesi (Filippine, Albania, Moldavia ad esempio). L’elevata diffusione dei conti digitali sta contribuendo infatti alla riduzione delle commissioni sulle rimesse, chieste dagli operatori finanziari, bancari e spesso non-bancari. È questo un altro obiettivo ESG compreso nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile (obiettivo UN SDG 10.c.1), finalizzato alla riduzione dei costi richiesti dagli intermediari finanziari e quindi a rendere questi trasferimenti più rapidi e soprattutto più sicuri, favorendo i canali istituzionali a quelli informali (quali, ad esempio, buste affidate a trasportatori).
I giovani in particolare possono contare su una maggiore abilità nell’uso degli strumenti digitali, ma questo non basta a sostenere il loro grado di inclusione finanziaria. Nel 2021 solo il 66% dei giovani adulti (di età compresa tra i 15 e i 24 anni) nel mondo aveva un conto (in miglioramento rispetto al 56% nel 2017); la quota era molto più alta nei Paesi ad alto reddito (93% nel 2021) rispetto ai Paesi emergenti (circa il 60% nel 2021). Il minor grado di inclusione dei giovani va ricondotto ad una modesta capacità sia di risparmio sia di credito, oltre ad una elevata irregolarità delle transazioni che aumenta il grado di rischio percepito dagli intermediari finanziari. Si tratta peraltro di un segmento di clientela che copre gran parte della popolazione in molti Paesi emergenti, mostrando un grande potenziale per la crescita dei servizi finanziari, considerato con attenzione dalle banche nell’ambito di una più ampia strategia di avvicinamento alle famiglie e di fidelizzazione in un’ottica di lungo periodo.
Il Global Findex fornisce ulteriori riclassificazioni, in base ad altre caratteristiche specifiche, come l’età, il livello di istruzione, lo stato occupazionale e la residenza rurale, da cui si evince com’era prevedibile che le persone disoccupate, meno istruite e le persone che vivono nelle aree rurali, mostrano un grado di accesso ai servizi molto modesto.
In conclusione, l’obiettivo ESG sembra poter essere facilmente raggiunto nel 2030, ma quello che emerge in più parti della rilevazione della Banca Mondiale è che occorre distinguere la proprietà dall’uso effettivo e consapevole dei conti. Al fine di favorire un uso esteso ed efficace dei conti finanziari – e con essi un miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali – sono tuttora indispensabili l’educazione finanziaria e l’alfabetizzazione digitale. Ma anche questi obiettivi, pur essenziali, non sono sufficienti. L’ampia diffusione dell’inclusione finanziaria e con essa il raggiungimento di uno standard di vita più elevato possono essere conseguiti principalmente con una più equa distribuzione dei redditi, in tutti i paesi ed in tutti i modelli di sviluppo che si vanno diffondendo nel mondo.
[1] Sintesi tratta da D.Z., Financial Inclusion is rapidly growing but the access to financial services remains modest, Asian Journal of Finance & Accountingin corso di pubblicazione.
[2] Come riportato in molti interventi durante la Financial Inclusion week, October 2022. Si veda https://financialinclusionweek.org/.