Cresce nel mondo l’inclusione finanziaria


Inclusione finanziaria in forte aumento negli ultimi anni. Lo scorso 22 aprile ho avuto il grande piacere di partecipare ad un incontro dedicato all’etica in economia (http://centridiateneo.unicatt.it/dottrina-sociale-2015-homo-oeconomicus, L’Economia di fronte all’umano), a Roma presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica. Ho avuto modo così di presentare gli ultimi dati riferiti all’inclusione finanziaria nel mondo, appena pubblicati dalla World Bank (WB) (The Global Findex Database 2014). Un primo risultato significativo che emerge dall’aggiornamento è il fatto che fra il 2011 e il 2014 l’inclusione ha fatto un balzo in avanti: il numero di adulti che non risulta intestatario di un conto bancario – gli unbanked – è sceso notevolmente, del 20%, a 2 miliardi di persone. Nel mondo quindi il 62% degli adulti detiene un conto (contro il 51% rilevato nel 2011). Determinante è stato l’intervento di promozione di governi ed autorità locali: più di 50 paesi infatti (sui 143 che rientrano nelle rilevazioni della WB) hanno elaborato strategie ad hoc per facilitare un più ampio utilizzo dei principali strumenti finanziari.

La dispersione dei dati rimane elevata. Il grado di inclusione finanziaria tuttavia rimane molto diversificato, fra gli individui, in relazione al reddito, al genere e all’area geografica nonché nelle imprese in base alle loro dimensioni e “anzianità”. Con riferimento alle persone, i dati di accesso continuano ad essere molto diversi innanzitutto fra paesi sviluppati e paesi emergenti: la quota di adulti che hanno un conto nei paesi ad alto reddito è più che doppia della quota nei paesi emergenti. L’ulteriore ripartizione fra i principali paesi emergenti evidenzia che la quota degli adulti che hanno un conto bancario  – con una media del 64% – risulta molto modesta in Albania pari al 38% (salita dal 28% nel 2011) ed in Romania (al 61% dal 45%). Nei più grandi paesi emergenti si va dal 53% in India (35% nel 2011) al 79% in Cina (era 64% nella rilevazione precedente). Va notato che anche nei paesi ad alto reddito emergono rilevanti diversità: in Italia infatti la quota di adulti che detengono un conto risulta pari all’87% (crescita dal 70% nel 2011), ancora inferiore alla media europea (95%).

Ovunque peraltro poco bancarizzati risultano in particolare i giovani, i disoccupati, le persone meno istruite, e coloro che abitano nelle zone rurali e le donne.

Le Piccole e Medie Imprese (PMI) incontrano le maggiori difficoltà. Una delle funzioni principali degli intermediari finanziari è l’allocazione delle risorse, ovvero la scelta delle imprese da finanziare sulla base di una adeguata valutazione delle loro prospettive di crescita e delle capacità di rimborso. Con riferimento alle imprese l’accesso ai servizi finanziari varia in relazione all’età e alle dimensioni dell’impresa. Le imprese minori e più giovani sono quelle che incontrano maggiori difficoltà. Le banche non finanziano le PMI in genere per gli elevati costi operativi di analisi, per la mancanza di garanzie, e per l’opacità delle informazioni ottenibili. Si tratta di una cosa risaputa, ma non per questo va sottovalutata. Secondo la survey condotta dalla World Bank, presso le PMI ben il 36% dichiara che l’impossibilità di accesso alla finanza rappresenta il maggior ostacolo alla crescita. Il finanziamento delle PMI è essenziale ai fini dello sviluppo, poiché esse occupano gran parte dei lavoratori nei paesi emergenti: circa il 50% nelle imprese formali (cioè quelle registrate).

Quali benefici derivano? Abbiamo già sottolineato che la diffusione degli strumenti finanziari favorisce lo sviluppo economico e sociale di un paese (si veda il nostro precedente blog L’inclusione finanziaria: cos’è?). L’apertura di un conto non è di per sé sufficiente a produrre benefici per la popolazione. È necessario infatti un uso regolare soprattutto con riferimento al sistema dei pagamenti. Effettuare il pagamento di salari o i trasferimenti pubblici, oppure pagare le bollette o ricevere i soldi dai parenti che lavorano all’estero (le cosiddette rimesse), non con cash ma attraverso un conto può rendere i pagamenti più semplici, ma soprattutto certi e sicuri. I benefici che i pagamenti on line possono comportare sia per chi invia sia per chi riceve sono molteplici. Innanzitutto essi possono migliorare l’efficienza dei pagamenti stessi aumentando la velocità e ridurre i costi dei trasferimenti; possono aumentare la sicurezza e ridurre l’incidenza di crimini legati ad essi; possono accrescere la trasparenza e diminuire la possibilità di contestazioni fra le parti; il passaggio ai pagamenti on line inoltre può favorire il successivo più ampio ricorso al sistema finanziario che a sua volta può portare ad un aumento del risparmio e al passaggio dal risparmio cosiddetto informale (sotto il materasso, per intenderci) al risparmio formale (presso un istituto di credito).

Ma di cosa c’è bisogno? In primo luogo è evidente che sono necessari ingenti investimenti in infrastrutture per assicurare agli utilizzatori un sistema affidabile e sicuro, ma anche facile da utilizzare. È necessario inoltre sostenere una adeguata cultura finanziaria. Inclusione finanziaria e accesso alla finanza non sono sinonimi: l’inclusione è basata sull’utilizzo effettivo. Molti possono non poter accedere a tali strumenti per l’esistenza di barriere quali i costi eccessivi o la distanza. È interessante in proposito rilevare che le principali barriere all’apertura di un conto risultano essere – secondo quanto dichiarato dai partecipanti alla rilevazione della WB – la mancanza di una somma adeguata e l’utilizzo in contemporanea di un unico conto con altri famigliari. Fra gli altri motivi, quelli religiosi o la mancanza di fiducia nelle banche, pur presenti hanno un peso minimo.

Essenziale è il ruolo delle autorità centrali. Le autorità centrali possono intervenire per migliorare il supporto finanziario alle imprese attraverso vari strumenti: adeguate leggi sulle garanzie, favorendo la diffusione e lo scambio delle informazioni (es. con la creazione delle centrali dei rischi), nonché rafforzando le disposizioni legali soprattutto nel factoring e nel leasing, due forme di finanziamento che svolgono un ruolo significativo sia nei paesi evoluti sia in quelli emergenti, ma richiedono una appropriata struttura legale. Anche per gli individui, le autorità centrali giocano un ruolo importante nel favorire l’educazione finanziaria, la protezione dei consumatori e la concorrenza fra gli operatori, fattori essenziali per un significativo sviluppo finanziario.

Molto si sta facendo, in un ambito in cui i prodotti e gli strumenti cambiano ad una velocità supersonica, ma molto rimane da fare soprattutto affinché l’aumento dei numeri di accesso mostrino una crescente uniformità fra gli utilizzatori e, alla fine, una più equa distribuzione della ricchezza.

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