Cultura civile e teologia (/2): I contenuti e la forma (Giuseppe Villa)


Univerità
Don Giuseppe Villa ha scritto un lungo commento al primo post di questa serie (su “cultura civile e teologia”), che merita di essere valorizzato. Lo propongo all’ attenzione di tutti
I contenuti e la forma

L’appello del Prof. Grillo di poter “creare le condizioni perché la cultura italiana sappia riconciliarsi con la/le teologia/e e che la teologia possa riconoscere il suo bisogno originario di rapporto con la migliore cultura ambiente” viene da lontano ed è stato tentato in tanti modi e non solo in Italia, come dice chiaramente lo stesso autore al punto quando cita Kant, Hegel e von Humboldt. Egli riconosce che le questioni “sono complesse e vanno accuratamente distinte”, e per questo ne ricorda 4: il primato della “libertà” e il ruolo della “autorità”, le diversità che le varie nazioni europee hanno praticato, i modi assai articolati con cui si svolge la stessa teologia e infine la distinzione tra la funzione “pedagogica” e la funzione “accademica”.

A queste quattro aggiungerei una quinta, ossia la distinzione tra i contenuti e la forma, la forma dei processi conoscitivi (o epistemologici) con cui si arriva ai contenuti. La storia del pensiero di questo periodo segnala infatti la tendenza a identificare le posizioni conoscitive con i contenuti: l’io pensante con la persona concreta, l’essere con Dio, l’oggetto con le cose effettive. Questa distinzione faciliterebbe la quarta distinzione, ma anche la terza. Soprattutto consentirebbe di mettere a fuoco i nodi della questione e dei protagonisti principali della nostra storia recente (almeno gli ultimi tre secoli).
La sintesi formale più completa conosciuta in questi secoli è l’idealismo hegeliano, che è nel contempo, la più ampia ricostruzione moderna della teologia, dopo quella di Tommaso nel Medioevo. Hegel la chiamava onto-teo-ego-logia, quella che per von Humboldt deve stare come la “prima facoltà” nei compartimenti di una Università. L’estensione di tale sintesi è ancora assai diffusa, anche se con un linguaggio diverso, ma sempre come enfatizzazione del soggetto e delle sue capacità, o “volontà di potenza”, direbbe Nietzsche.

A questa gigantesca ricostruzione del legame tra teologia e cultura (filosofia) si aggiunse una seconda sintesi formale, che però non ha avuto una gran diffusione come la precedente. A proporla nel 1879 fu Papa Leone XIII con l’Enciclica Aeterni Patris con la quale tentava l’unità dei contenuti delle varie teologie, attraverso il pensiero formale della filosofia tomistica. L’Enciclica faceva da base all’insegnamento nei Seminari e nelle nascenti Università Cattoliche.

Tra la prima e la seconda corre un secolo e tra la seconda e noi corre quasi un secolo e mezzo: nel corso di questo tempo ci sta una sconfinata produzione da una parte e dall’altra, decisioni pedagogiche. Nell’area della stessa filosofia tedesca merita ricordare quanto scrisse Heidegger nel 1964 proprio sulla forma del pensiero. Anzitutto che la teologia si interessa della fede cristiana e di ciò in cui essa crede e, perciò, non del pensiero dialettico e speculativo (Hegel). In secondo luogo la teologia se ne dovrebbe interessare con un linguaggio non obiettivante, che ridurrebbe il pensiero a oggetti.

Nell’area della chiesa cattolica merita ricordare un breve testo di Papa Francesco del Febbraio scorso alla redazione della Civiltà Cattolica: “Il pensiero rigido non è divino perché Gesù ha assunto la nostra carne che non è rigida se non nel momento della morte. Per questo mi piace tanto la poesia e, quando mi è possibile, continuo a leggerla. La poesia è piena di metafore. Comprendere le metafore aiuta a rendere il pensiero agile, intuitivo, flessibile, acuto. Chi ha immaginazione non si irrigidisce, ha il senso dell’umorismo, gode sempre della dolcezza, della misericordia e della libertà interiore”. Qui la misericordia non sta nel contesto semantico della morale, ma del conoscere e del discernimento.

Tanti commentatori si sono accorti di questa estensione semantica della misericordia che Papa Francesco ha introdotto, altri sono ancora irrigiditi in un sapere schematico, applicato più facilmente su altri. La misericordia è la disposizione che apre agli altri, ai tempi di ciascuno, anche ai tempi di una civiltà, alla lungimiranza che sa ispirare fiducia.

Don Giuseppe Villa

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