È il Signore!


III domenica di Pasqua – C

At 5, 27-32. 40-41; Ap 5, 11-14; Gv 21, 1-19

 

Introduzione

La III domenica di Pasqua dell’anno C è caratterizzata dal cap. 21 del Vangelo di Giovanni. Quest’ultimo capitolo del quarto Vangelo, da molti considerato una semplice aggiunta, se letto con attenzione svolge una funzione importantissima. Infatti, possiamo scorgere in questo testo non solo una ulteriore narrazione di un’apparizione del Risorto ai discepoli, bensì la descrizione della vita della Chiesa dopo la Pasqua di Gesù. È importante leggere il cap. 21 in questa prospettiva anche per la sua interpretazione nel contesto liturgico del Tempo pasquale, nel quale la Chiesa celebra la sua vita “trasfigurata” e rinnovata dalla presenza del Risorto.

Nel brano degli Atti degli Apostoli (I lettura), la presenza del Signore risorto nella vita della Chiesa si manifesta nella testimonianza resa dagli apostoli e in particolare da Pietro. La forza che sostiene gli apostoli e li rende lieti di subire oltraggi per il nome di Gesù è lo Spirito, che rende presente nella vita dei credenti la Pasqua del Signore. Nel testo dell’Apocalisse (II lettura) viene richiamata l’unitarietà del mistero pasquale: l’agnello «è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione» (Ap 5,12) in quanto immolato. Così anche la presenza del Risorto nella vita della Chiesa di ogni tempo non può essere separata dal dono della sua vita sulla croce.

Riflessione

Dopo un certo tempo… si trovavano insieme

Il cap. 21 del Vangelo di Giovanni si apre al v. 1 con una indicazione di tempo: “dopo queste cose”. Si afferma che tutto avviene “dopo un certo tempo”. Si parla quindi di un tempo indeterminato che avviene “dopo”. Già da questa prima indicazione il testo ci rinvia al discorso di addio dei capp. 13-17. Infatti da una breve ricerca vediamo che la medesima espressione ricorre in Gv 13,7. C’è inoltre un altro elemento che unisce questi due testi: il protagonista in entrambi è Pietro. Nel discorso di addio, anzi nell’episodio che lo apre, cioè la lavanda dei piedi, Pietro è rinviato per la comprensione ad un tempo futuro: «Ciò che io ti faccio, tu ora non lo sai; lo comprenderai in seguito». Egli ora non capisce, ma capirà “dopo un certo tempo”. Nel brano evangelico di questa domenica questo tempo è giunto. Siamo dopo la risurrezione di Gesù, e Pietro esce dalla casa nella quale si trova con altri discepoli per la pesca. È cioè nel tempo della missione della Chiesa post-pasquale che i discepoli, dei quali Pietro non è tanto il primo quanto il modello, potranno comprendere realmente ciò che di Gesù non avevano capito e saper cogliere la sua presenza nell’assenza. Nel compiere il comando di Gesù, cioè nel lavarsi i piedi gli uni gli altri, i discepoli comprenderanno veramente il significato del gesto di Gesù di quella sera nella quale egli veniva tradito. I discepoli comprenderanno cioè che di Gesù devono accettare la Pasqua, il suo donarsi fino alla morte di croce. Ma questo lo comprenderanno quando anch’essi vivranno nella storia dell’umanità la medesima logica di vita.

Anche l’elenco dei discepoli riuniti insieme, che troviamo nel v. 2, è interessante. È un gruppo formato da sette persone, cioè il numero che rimanda alla totalità. Il testo quindi ci parla di un fatto che riguarda la totalità dei discepoli di ogni tempo. Ciò che accade non è qualcosa che riguarda una sola epoca storica e un solo gruppo di persone ben determinate, ma interessa ogni epoca e ogni comunità di discepoli di Gesù.

In quella notte

Nel v. 3 abbiamo un’iniziativa di Pietro che viene accolta da tutti gli altri che erano insieme a lui. Ma ciò che ci più interessa è un’altra indicazione temporale. L’evangelista ci informa che la pesca infruttuosa dei discepoli avviene di notte. In Gv 9,4 si dice che quando viene la notte nessuno può operare. Nel discorso di addio, quando avviene lo svelamento del traditore, Giuda esce quando “era notte”. Il fatto che la pesca infruttuosa avvenga di notte non è quindi un fatto casuale. È la notte della storia che, se non è vissuta con Gesù e come Gesù, rimane impenetrabile e infruttuosa. Così anche la missione dei discepoli nella storia rimane senza frutti “nella notte”, finché “sul far del giorno” (v. 4) non si scorge una Presenza capace far cogliere una luce nuova. Nella notte delle nostre iniziative non si prende nulla e si rimane senza frutto.

 

Gettate la rete

Sul far del giorno, proprio nel medesimo momento della scoperta della tomba vuota (Gv 20, 1), Gesù sta sulla spiaggia ma gli occhi dei discepoli, come sempre accade dopo la risurrezione, non sono in grado in un primo tempo di riconoscerlo. Ma non è importante riconoscerlo subito, la sua è una presenza da discernere nella storia e si giunge a riconoscerlo scrutando nella storia i segni reali della sua presenza che trasforma la notte nell’alba di un giorno nuovo.

Gesù presente ma sconosciuto sulla riva del mare – che è il luogo della quotidianità e del lavoro, la storia dell’umanità – chiede ai discepoli se non hanno nulla da mangiare, proprio come chiese loro durante il suo ministero se non avessero nulla per sfamare la folla che accorreva da lui (cfr. Gv 6,5). Alla loro risposta negativa, egli dà l’ordine di gettare nuovamente le reti, che fino ad allora erano rimaste vuote. Ora le reti si riempiono, perché non sono gettate in forza di iniziative e progetti personali, ma sulla parola di Gesù.

È il Signore!

A questo punto (Gv 21,7), solo dopo l’esito dell’obbedienza al comando di Gesù, dopo cioè i frutti della pesca, il discepolo che Gesù amava – e non Pietro – è condotto a riconoscere Gesù. La presenza di Gesù risorto nella storia non si può discernere in modo banale: non si vede il suo volto, non occorrono apparizioni. La sua presenza la si coglie nella storia “fecondata” dall’evento della risurrezione. La risurrezione è già presente nella storia, la trasforma dal suo interno, ma rimane anche una meta verso la quale la storia cammina, fondandosi sull’evento originario che in sé è già compiuto.

Il fatto che sia il discepolo che Gesù amava a riconoscere il Signore – quindi il Risorto – ci fornisce un elemento ulteriore. Non si discerne la presenza di Gesù in base a criteri razionali, a ruoli istituzionali, a doti naturali. Se tutti questi elementi sono importanti, tuttavia il criterio per discernere la presenza del Signore è il ricordo di una relazione personale con lui, che fa scattare il riconoscimento quando si vedono i segni del suo passaggio nella storia.

Alla affermazione del discepolo amato, segue una reazione di Pietro. Egli si cinge la veste poiché era nudo e si getta in mare. È interessante che qui si usi il medesimo verbo (in greco un verbo che ricorre solamente in questi due passi in tutto il Nuovo Testamento) che Giovanni aveva utilizzato nel racconto della lavanda dei piedi per Gesù (Gv 13,4-5). Ora il soggetto non è più Gesù ma Pietro. Pietro ora è chiamato ad assumere il medesimo comportamento del maestro.

Videro della brace

Quando i discepoli giungono a terra, vedono un pasto preparato per loro: della brace con sopra dei pesci e del pane. Sono gli stessi elementi, con cui Gesù sfamò la folla del cap. 6. Tuttavia Gesù chiede ai discepoli di andare a prendere parte dei pesci che essi stessi hanno pescato. C’è un banchetto preparato per i discepoli sulla riva, sulla terra, ma essi devono contribuire portando qualcosa di ciò che è frutto del loro lavoro e del loro impegno, come nel caso del ragazzo che in Gv 6,9 fornisce i cinque pani d’orzo e i due pesci. Tuttavia dobbiamo notare che ciò che essi porteranno non è solamente frutto del loro lavoro e dei loro sforzi, ma anche della parola di Gesù, che ha loro ordinato di gettare le reti dal lato destro della barca.

La terra è il luogo dal quale i discepoli partono e nel quale ritornano per la loro missione nel mondo: quel rapporto con il Signore risorto che è già profezia del banchetto escatologico, nel quale il Signore cenerà con i suoi discepoli (Ap 3,20).

Chi sei?

Quando Gesù dà ai discepoli il pane e il pesce, quando compie quei gesti così familiari per loro, l’evangelista annota: «Nessuno dei discepoli osava chiedergli: tu chi sei?» (Gv 21,12). I discepoli sanno senza domandarlo che è il Signore. Ora nella storia i discepoli, grazie alla presenza dello Spirito Santo, non devono più interrogare Gesù come facevano quando egli era con loro, perchè il loro rapporto con lui e con il Padre è radicalmente trasformato dalla Pasqua. Essi riconosceranno Gesù non perchè faranno delle domande, ma perchè si cingeranno come lui la veste, cioè assumeranno la sua stessa vita, la sua stessa logica di vita nel dono di sé. Compiendo il comandamento di Gesù (Gv 14,21), i discepoli riconosceranno e faranno conoscere la presenza del Risorto nella storia.

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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