Genealogia della libertà


E’ appena uscito il volume Genealogia della libertà. Ne riproduco qui sotto il Prologo.

Prologo

“Infelice umano orgoglio! diabolica superbia della mente, che crede di aver ogni bene compiuto in sé sola, e che ignora come il conoscer non è altro che un principio tenue ed elementare del bene, e come il bene vero e compiuto appartiene all’azione reale, alla volontà effettiva e non al semplice intendimento! E pure quest’arroganza dell’intelligenza è la perpetua seduzione dell’umanità…”
A. Rosmini

Il turbamento e lo sconforto in cui l’Occidente è piombato dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 ha portato con sé un rischio ancora più grave dello “scontro di civiltà”: ossia il pericolo di perdere un’occasione storica per condurre una analisi epocale sulla grandezza e sui limiti della stagione liberale e democratica europea (Habermas).
Al fine di scongiurare questo pericolo – almeno sul versante che reputo più insidioso – vorrei cogliere nello scontro tra democrazia e fondamentalismo un problema irrisolto nell’autocoscienza della comprensione tardo-moderna della libertà, strutturalmente isolata da ogni rapporto con l’autorità e così quasi costretta ad ammettere – fuori di sé – l’arbitrio autoritario come il suo “altro” di cui ha bisogno. Di fatto, è assai istruttivo il fatto che il fondamentalismo sia il frutto dello stesso mondo che ha “generalizzato” e persino pensato di “esportare” la democrazia: tale fenomeno, infatti, non è nato in Medio Oriente o in India, ma proprio negli USA della seconda metà del XIX secolo.
Con una certa sorpresa, possiamo scoprire che da molti versanti inattesi – dopo quell’11 settembre – è nato il bisogno di un ripensamento del rapporto tra identità del cittadino e esperienza religiosa. Non solo per confermare il valore di una loro strutturale distinzione e persino opposizione, ma anche per rilevare il bisogno di riscoprirne il legame e la coordinazione. Quasi per scoprire che la resistenza nella logica democratica possa essere assicurata non più soltanto da una opposizione alla invadenza delle fedi, ma da una resa al bisogno di presupporne l’efficacia .
In questo ambito di questioni – vaste e complesse –  vorrei limitarmi a proporre una riflessione sulla libertà, che miri a  riscoprirne lo strutturale rapporto con l’autorità. Perciò articolerò questo mio saggio in tre parti e nove brevi passaggi: anzitutto, nella prima parte (Tre esperienze di libertà, tre idee di autorità) affronterò la questione della “idea moderna di libertà” (I), per poi esemplificarla in una lettura del concetto di “tolleranza” (II) e arrivare così a riassumere in “dieci tesi” (III) il rapporto costitutivo tra libertà e autorità, tra autonomia e riconoscimento, anche per come si presenta ultimamente sul piano della prassi simbolico-rituale cristiana. A questa prima parte farei seguire una seconda parte (Libertà moderna: il cittadino, l’ebreo, la croce e la famiglia)  dove a una riflessione sulla identità ebraica (IV) – sintomo esemplare dell’imbarazzo che riguarda il rapporto tra identità civile e identità religiosa nel contesto tardo-moderno – aggiungerei  la logica della croce come definizione della cittadinanza(V), per finire con una applicazione della medesima riflessione alle questioni che oggi agitano la coscienza familiare e matrimoniale (VI). Nella terza parte (Una teoria genealogica della libertà e il “conflitto delle facoltà”), si riprende il profilo teorico della questione declinandolo in rapporto alla mistica (VII) e al conflitto delle facoltà sul tema della evidenza e della autorità (VIII). Concluderei con la formulazione di una serie di proposizioni che delineano sommariamente il profilo di una “genealogia della libertà” (IX), tesi centrale e portante di questo piccolo volume. Una tale genealogia autorevole della libertà oserebbe proporsi come una forma di intellectus che non rinunci al ruolo portante della fides, ossia una intelligenza consapevole che l’autorevolezza della evidenza non è mai senza una certa inevidenza efficace dell’autorità. E, in fondo, per un tale progetto, non è sbagliato ipotizzare che la “arroganza della intelligenza” possa essere curata non soltanto da una distinzione tra intellectus e fides, ma dal loro riconquistato rapporto, che renda possibile quell’intellectus fidei, da interpretare non solo come “intelligenza della fede”, ma anche come “fede che dona intelligenza”, atto di affidamento che dà a pensare, autorità che libera.

Savona, 24 giugno 2012
S. Giovanni Battista

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