Guerra e pace (liturgica). Pius Parsch nel 1915 iniziò a capire tutto…
Guerra e pace (liturgica)
Pius Parsch nel 1915 inizò a capire tutto…
Durante questo anno 2015 siamo nel centenario della prima guerra mondiale. Tra le molte cose significative legate a quel grande evento vorrei far memoria di una singolare coincidenza. Proprio in seguito a quel conflitto bellico, il Movimento Liturgico, che aveva mosso i primi passi ai primi del secolo, trovò la forza e la determinazione per incidere a fondo sulla cultura ecclesiale europea e mondiale. Alla “guerra mondiale” corrispose l’inizio di una “riscoperta mondiale” della liturgia.
E’ stato Cipriano Vagaggini a ricordare l’importanza della “grande guerra” per comprendere gli inizi del Movimento Liturgico. Ma è stato soprattutto Pius Parsch a lasciarci una testimonianza indimenticabile di tutto ciò, quando raccontò a tutti come la sua vocazione alla riscoperta della liturgia fosse nata nelle trincee della prima guerra mondiale, dove si trovava come “ufficiale medico”, e dove era costretto, drammaticamente, a sparare, come cattolico austriaco, contro i cattolici italiani. Questa amarissima esperienza consentì a Parsch di riconsiderare la tradizione spirituale cristiana. Per questo, quando tornò dal fronte, si adoperò per una grande svolta: fondò la rivista “Bibbia e Liturgia” e iniziò una attività di ripensamento della liturgia, che prese fforma nel suo capolavoro “Volksliurgie”, “Liturgia del popolo”.
Quale fu la grande intuizione che caratterizzò la profezia di Pius Parsch tra gli anni 20 e gli anni 50? Possiamo riconoscerla, molto facilmente, nel superamento di una “visione clericale della liturgia”: la liturgia non è per i preti, ma per i battezzati. Di qui, in modo essenziale, scaturì naturalmente la grande idea della “partecipazione attiva”, che grazie a Parsch è poi entrata nel DNA europeo,diffondendosi da Klosterneuburg per tutta la Chiesa universale fino al Concili Vaticano II. La liturgia, riscoperta come “linguaggio comune a tutti i battezzati”, poteva solo allora tornare a dar forma a tutti i cristiani cattolici, insieme alla riscoperta della Parola biblica.
Per uscire dalla logica della “guerra”, per accedere ad una vera “pace”, la liturgia come azione di Cristo e della Chiesa, di Dio e del suo popolo, doveva tornare ad essere lingua popolare e azione accessibile a tutti. La Riforma scaturì, necessariamente, da questa acuta intuizione.
E’ evidente come questa storia, che risale a quasi un secolo fa, risulti anche oggi assai istruttiva per discernere la funzione della liturgia nel nostro contesto ecclesiale e culturale. Se oggi volessimo parlare di “pace liturgica” per restaurare le forme di separazione, di emarginazione e di discriminazione clericale contro cui Parsch iniziò a lottare 100 anni fa, cadremmo in un errore irrimediabile: la “pace liturgica” deve essere basata sulla più ampia condivisione della “partecipazione attiva”. Abbiamo sentito, negli ultimi decenni, autorità ecclesiali, Prefetti e Monsignori, deplorare che “i laici si avvicinassero agli altari”, che “i presbiteri scendessero dal presbiterio al segno della pace”, che le assemblee pretendessero di pensarsi come “celebranti”…
La liturgia non è fatta per un “corpo separato”, per una “casta gerarchica”, ma è linguaggio destinato a tutti i battezzati, che di essa hanno costitutivamente bisogno. Di questo ha bisogno non una esigenza democratica moderna, non una semplicistica istanza di “aggiornamento” ma il “corpo di Cristo”stesso, come verità della Chiesa.
La “mistica liturgica” cristiana non passa attraverso una “separazione”, una “divisione”, ma attraverso una comunione, una integrazione.
Il tentativo di “far pace” in liturgia semplicemente “permettendo a ciascuno di celebrare secondo il proprio attaccamento” è un modo contraddittorio e pericoloso di ricevere l’eredità del Movimento Liturgico. E’ una via semplicistica – e spesso ipocrita – con cui non ci si assume il compito di continuare nell’opera di riforma, anzi se ne ha paura, e ci si consola vagheggiando il sogno di una “riforma della riforma”. Non è questo ciò di cui ha bisogno la Chiesa. La Riforma liturgica chiede, oggi, un lavoro di “iniziazione e di formazione”, che dovrebbe essere guidata verso la realizzazione di “comunità celebranti”. Chi ha paura della assemblea celebrante si pone obiettivamente al di fuori della tradizione del Movimento Liturgico e del Concilio Vaticano II. Chi parla di “pace liturgica” in modo semplicistico, alza soltanto i pericoli di guerra, aumenta in modo irresponsabile le forme conflittuali e diminuisce drammaticamente la comunione ecclesiale.
Chi vorrà dilapidare in questo modo il lavoro profetico di Pius Parsch e di tutto il Movimento Liturgico, che ha preso forma nella Costituzione conciliare “Sacrosanctum Concilium” e poi nell’accurato processo di Riforma, di cui siamo solo all’inizio? Chi vorrà chiamare “pace liturgica” una “guerra alla Riforma”?
I fully agree with this blog entry! Good to hear some sense on these matters!