Il cammello e il moscerino: bestiario fantastico di diritto penale speciale


cammello

Le norme sui “delitti riservati”, che di recente sono state aggiornate, sulla base della riforma del diritto penale canonico avvenuta questa estate (e sulla quale rimando a quanto scritto già a suo tempo su “vera e falsa riforma del diritto penale” ) possono essere lette a diversi livelli e sarebbe ingiusto ridurle ad una sola dimensione. Tuttavia può essere utile esaminarle sul piano strettamente sistematico, utilizzando però una prospettiva insolita: ossia quella del “bestiario fantastico” su cui ha lavorato a lungo uno tra gli autori preferiti di papa Francesco: J. L. Borges.

In che modo le cose vengono raccolte?

Sappiamo bene che un testo normativo, soprattutto quando ha la forma di un elenco particolare, è una raccolta di cose diverse, che vengono da tempi diversi, da spazi diversi, da problemi diversi. La organizzazione del materiale si qualifica per il criterio sistematico: possiamo organizzare un elenco di animali per il colore delle loro piume, o per la capacità nella corsa o per il modo di dormire. Nel “Manuale di zoologia fantastica” Borges ci dà la prova di quanta immaginazione possa sorreggere un catalogo rigosoramente organizzato. Proviamo a leggere il nuovo documento con questo criterio: da dove vengono i “crimini più gravi” qui raggruppati e con quale criterio sono considerati? Bisogna specificare che questo elenco riguarda soltanto quei delitti, crimini e peccati che vengono ritenuti così gravi da riservarne la competenza ad un “tribunale speciale”, quello della Congregazione per la Dottrina della fede.  E qui appunto, cose vecchie e cose nuove si mescolano in modo sorprendente.  Potremmo dire che qui, in modo negativo, abbiamo un quadro delle priorità ecclesiali. Con la immaginazione di Borges potremmo dire: come il Vaticano II ha voluto dire “solo in positivo” la verità della Chiesa, qui la stessa verità viene detta “solo in negativo”. Per questo è utile leggere il “catalogo” in quanto tale: ossia guardare la raccolta dei crimini nel loro impianto e impatto complessivo.

Il catalogo è questo

Questo “bestiario fantastico” , la cui logica è stata inaugurata nel 2001, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, e che è stato rimaneggiato già due volte (2010 e 2021) presenta questo elenco, con questa terminologia e questo ordine:

– art2: delitti contro la fede: eresia, apostasia, scisma

– art3: delitti più gravi contro la santità dell’augustissimo Sacrificio e sacramento dell’Eucaristia: sacrilegio; profanazione delle specie consacrate; attentata o simulata celebrazione della eucaristia; concelebrazione insieme ai ministri delle comunità ecclesiali che non hanno la successione apostolica e non riconoscono la dignità sacramentale dell’ordinazione;

– art 4: delitti più gravi contro la santità del sacramento della Penitenza:  assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento; attentata assoluzione sacramentale; ascolto vietato della confessione; simulazione dell’assoluzione; sollecitazione al peccato contro il sesto comandamento; violazione del sigillo sacramentale; registrazione o divulgazione delle cose che vengono dette dal confessore o dal penitente;

– art 5: delitto più grave di attentata ordinazione sacra di una donna;

– art6: delitti più gravi contro i costumi: il peccato contro il Sesto comandamento commesso da un chierico con minore o incapace; l’acquisizione, la detenzione, l’esibizione o la divulgazione, a fine di libidine o di lucro, di immagini pornografiche di minori di diciotto anni da parte di un chierico.

Come possono stare insieme cose tanto diverse?

Lo sguardo che percorre il catalogo non può essere solo analitico. Deve essere sintetico, deve essere capace di farsi sistematico. Ma qui, di sistematico, troviamo solo qualcosa, in modo solo accennato, e secondo logiche non coerenti. Analizziamo le distinzioni in campo, che vengono da lontano:

a) la CDF è competente quanto a “fede” e “costumi”. La materia così appare divisa con questo criterio, che funzione abbastanza bene all’inizio e alla fine. Certo i “delitti contro la fede” hanno una loro antica tradizione, esattamente come i “delitti contro i costumi”. Ma è evidente come la categoria “contro i costumi” sia insufficiente e possa anche portare fuori strada se pretende di sostituire quella dei “reati contro la dignità della persona”. Il fatto di chiamare “delitto contro il VI comandamento” l’abuso su minore può causare, sistematicamente, una forma di grave incomprensione della realtà.

b) La regione intermedia è apparentemente unificata dal tema “sacramento”, che è posto sotto osservazione in quanto legato alla fede. Certo. Ma la pretesa uniformazione sistematica tra i tre sacramenti (eucaristia, penitenza e ordine) appare frutto di una “teologia da scrivania”, non di una “teologia di strada”. E sussume sotto le stesse categorie fattispecie molto, troppo diverse. E’ proprio questa “uniformazione sistematica” la cosa meno convincente in tutta questa operazione, che inizia solo all’inizio del III millennio (quindi senza alcuna tradizione precedente).

c) Nella regione intermedia è evidente che le diverse questioni sono uniformate dal tema oggettivo, ma non dalla specificità della questione. Profanare l’eucaristia, alterare gravemente la celebrazione o perseguire la comunione con le chiesa sorelle possono diventare “lo stesso delitto” solo in una prospettiva puramente formale. La sistematica giuridica qui appare confusa e disorientata, senza il conforto di una sistematica teologica lungimirante.

d) Il delitto più recente in questo elenco è la “attentata ordinazione di donna”, che è nato nel 2007 ed è stato inserito nell’elenco nel 2010. Unico caso di “delitti più gravi” riguardante il sacramento dell’ordine, costituisce un caso-limite di “sanzione” che sembrerebbe chiudere “penalmente” ogni discorso sul diaconato femminile. Infatti, con lo stile paradossale di Borges, si potrebbe dire che una Commissione ufficiale, che stesse discutendo la eventualità di un ripristino del diaconato femminile, potrebbe essere considerata una sorta di “serpe in seno”, che mirerebbe ad attentare alla integrità della fede della Chiesa. Così, ingiustamente, una sanzione penale potrebbe risultare molto più persuasiva di mille dati storici.

Il cammello, l’ago e il moscerino

J. L. Borges e Francesco ci invitano ad usare bene la immaginazione del cuore, la incompletezza del sistema e la inquitudine della coscienza. Una lettura spiazzante di un testo giuridico ci segnala una cosa importante: senza negare anche alla sanzione il suo ruolo, in ogni aspetto della vita umana e cristiana, dobbiamo evitare di confondere i piani e di creare “sistemi punitivi” che non sanno distinguere bene le forme, i linguaggi e i contesti di ciò che è bene e di ciò che è male. Avvicinare cose che devono restare lontane e allontanare cose che devono restare vicine è precisamente un difetto di sguardo e un vizio di esperienza.

Anche il Vangelo ha i suoi “bestiari”. E una immagine molto bella ci è di aiuto, per uscire dall’imbarazzo. In un catalogo evangelico che riguardasse il cammello, potremmo collocarlo vicino all’ago e al moscerino. Il cammello sta tra la cruna dell’ago e il filtro del moscerino: passa più facilmente del ricco attraverso la cruna e viene ingoiato con disinvoltura, a differenza del piccolo insetto.  L’immagine sapienziale e profetica del “filtrare il moscerino e ingoiare il cammello” (Mt 23,24) è una bella indicazione di ciò che, senza volere, rischiamo di produrre con questi elenchi autorevoli, ma poco controllati sul piano sistematico. Distinguere bene la logica dei diversi “delicta graviora” può aiutarci a riscoprire che, nel frattempo. la riserva maschile ad ogni ministero ecclesiale non è più un tabù e che la condivisione della mensa eucaristica non è anzitutto un atto di profanazione. Che pensare la contraddizione con i “costumi” come “peccato contro Dio” non è l’unico modo per ristabilire la giustizia e che la dignità di ogni soggetto, adulto o minore che sia, non è semplicemente deducibile dalle norme con cui una societas perfecta protegge la fede e i costumi. Il tatto sopraffino con cui avvicinare o allontanare le cose, tra loro e da noi, è parte costitutiva di quell’arte dei cataloghi, che risulta così importante anche per la tradizione “dei delitti e delle pene”.

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