Il card. Sarah si affretta a chiudere la porta santa. La comunione è solo per cattolici in stato di grazia e in regola con le leggi canoniche


Papa-Francesco-visita-a-Chiesa-luterana-Roma-Mi-piace-fare-il-Papa-con-lo-stile-del-parroco_articleimage

Nel cammino di avvicinamento al Giubileo di misericordia era opportuno che fossimo rassicurati da una autorità curiale sul fatto che le porte che si aprono per l’Anno santo saranno subito richiuse e sprangate, con chiavistello a doppia mandata, perché sia salvaguardata la giustizia stabilita dalla Chiesa, senza cedere alle esitazioni della parola del Vangelo o agli approfondimenti delle coscienze. No, la legge della Chiesa si propone come superiore al Dio altissimo e invisibile e alla coscienza profonda e partecipe. E la legge è immodificabile, senza possibilità di alterazione, perfettamente coerente e unica vera garanzia di giustizia e di misericordia.

Il Card. Sarah (cfr. http://www.lafedequotidiana.it/il-cardinale-robert-sarah-dare-la-comunione-a-tutti-e-una-sciocchezza/) dice che la comunione è solo per i perfetti: cattolici, in stato di grazia, non irregolari. Ci si potrebbe chiedere: tra le richieste per accedere alla sacra mensa, il cardinale ha dimenticato di indicare quanti debbano essere i metri quadrati della casa in cui si abita, quale la cilindrata dell’auto che si utilizza, quale la perizia dell’autista che accompagna il bravo cattolico alla Chiesa, quante camicie stirate e inamidate debbano stare bene impilate nell’armadio, quanti gemelli per i polsini siano necessari per poter accedere degnamente al banchetto. Forse in una prossima intervista potremo saperlo?

Comunque sia, nelle sue parole accorate non vi è traccia alcuna di campo profughi, di ospedale da campo, di Chiesa in uscita, di conversione pastorale. Vi è solo ed esclusivamente la difesa ad oltranza dell’”ordine costituito”, senza alcuna domanda circa la adeguatezza della “legge” vigente rispetto alle esigenze di misericordia, di giustizia e di testimonianza, così potentemente proposte da papa Francesco alla attenzione ecclesiale.

Forse il card. Sarah pensa che a sollevare la questione della “comunione interecumenica” e della “comunione per le famiglie allargate” sia stato qualche piccolo gruppo marginale, qualche periferia dimenticata dell’impero, qualche fanatico oltranzista? Non ha ancora compreso che oggi, nella Chiesa cattolica, questa istanza di “conversione” viene sollevata proprio dal Vescovo di Roma, papa Francesco? Non ha compreso che il ragionamento, che si è permesso di definire “una sciocchezza” è la cosa più seria che si possa pensare oggi? Che vi sono “comunioni di vita” che il sacramento oggi non riesce a riconoscere e ad onorare?

La “sciocchezza” in verità consiste nel capovolgere il ragionamento di Sarah, che, quello sì, appare di una ottusità disarmante. Non conta che la Chiesa possa o debba avere il metro per ammettere o non ammettere alla comunione un luterano o un divorziato risposato, quanto piuttosto è la vita del luterano coniugato o del divorziato risposato che, se conosce e gusta la comunione nella famiglia in cui vive, si abilita, in quanto tale, all’accesso alla comunione sacramentale. La valutazione di questa “comunione concreta” è prioritaria rispetto ad ogni proibizione generale. Questo capovolgimento è del tutto decisivo: e la vera sciocchezza consiste nel non sentire l’urgenza di questa “mossa di conversione”, che presenta la Chiesa non come “clinica per ricchi”, ma come “ospedale da campo”, non come “cerchia di eletti”, ma come “campo profughi”.

Forse il Card. Sarah, in questa sua intervista (ma non è la prima volta!) traduce in modo troppo rozzo e troppo semplicistico il titolo del suo libro: “Dio o niente”. In questa alternativa troppo drastica tutta la mediazione delicata di Cristo, della Chiesa e dei sacramenti perde la sua funzione, perché questi elementi decisivi vengono semplicemente spostati dalla parte di Dio, abbandonando al nulla ogni creatura, ogni natura, ogni contingenza.

In fondo, le parole gravi che sono state pubblicate in questa intervista dipendono da tale esasperazione iniziale. Una alternativa così secca tra Dio e niente genera mostri, a tutto andare. Cristo, Chiesa e sacramenti sono lo spazio per una mediazione tra ciò che non muore e ciò che può morire. In questo spazio, che Sarah non riesce a valorizzare, si colloca la apertura delle porte, la uscita in strada, la lavanda dei piedi ai carcerati atei o musulmani, il pasto con pubblicani e prostitute, la “fraternità mistica” che Francesco ha eletto a cifra del proprio pontificato. Per questa visione, la “sciocchezza” veramente imperdonabile consiste nel non riscoprire la “comunione eucaristica” come strada, come farmaco, come aiuto, come accompagnamento, come viatico. Dove Sarah vede “profanazione” Francesco vede santo pellegrinaggio e santificazione. E qui è evidente chi sia quello che deve…cambiare gli occhiali!

D’altra parte non è difficile vedere che il linguaggio con cui Sarah parla di “intercomunione”, di “luterani”, di “anglicani”, di “coniugati irregolari” sorge da una tremenda mancanza di esperienza. In una “chiesa in uscita” non si parla di “categorie astratte”, ma di “persone concrete”. Il limite di Sarah è di essere un “ufficiale”, un “funzionario”, non un pastore. Manca delle parole del pastore e non porta su di sé l’odore delle pecore.

Di una sola cosa debbo rendere merito al Card. Sarah. Di fare il proprio discorso apertamente contro il papa, senza imitare quegli ipocriti che usano in modo retorico e nauseante il linguaggio papale per portare acqua al loro mulino, infinitamente estraneo a quello papale. No. Sarah osa dire che la “intercomunione” è una sciocchezza. Io credo che questo sia un grave errore, ma almeno è un modo onesto di parlare. A volersi proprio accontentare, questo è già qualcosa.

Share