Il “correttivo sapienziale” di Fides et Ratio: la teologia 20 anni dopo (G. Villa)


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Dopo il post di ieri, oggi, reagendo alla provocazione di L. Micelli, interviene don G. Villa, proponendo una breve ricostruzione della recezione di FR in questi 20 anni. Lo ringrazio per questo scritto.

Il “correttivo sapienziale” di Fides et ratio

Ovvero: la teologia 20 anni dopo Fides et Ratio

Luca Micelli si chiede a proposito dell’Enciclica “Fides et ratio”: «Cosa è successo? La mia intenzione qui è proprio quella di porre interrogativi, magari per suscitare un confronto». Una breve ricostruzione.

L’Enciclica “Fides et ratio” afferma con forza che, oltre l’imprescindibile riferimento scritturistico, occorra coltivare l’invito all’indirizzo della filosofia e a recuperare la propria vocazione originaria «di ricerca del vero nella forma di una sapienza» (FR 10). Su questo indirizzo va cercato l’influsso di Fides et ratio e ancora lì va cercato il suo contributo nel dibattito in corso in “questo ventennale”.

L’auspicio è formulato in un testo che intreccia il codice metafisico tradizionale con il linguaggio sapienziale. «Per essere in consonanza con la parola di Dio è necessario, anzitutto, che la filosofia ritrovi la sua dimensione sapienziale di ricerca del senso ultimo e globale della vita. Questa prima esigenza, a ben guardare, costituisce per la filosofia uno stimolo utilissimo ad adeguarsi alla sua stessa natura. Ciò facendo, infatti, essa non sarà soltanto l’istanza critica decisiva, che indica alle varie parti del sapere scientifico la loro fondatezza e il loro limite, ma si porrà anche come istanza ultima di unificazione del sapere e dell’agire umano, inducendoli a convergere verso uno scopo ed un senso definitivi. Questa dimensione sapienziale è oggi tanto più indispensabile in quanto l’immensa crescita del potere tecnico dell’umanità richiede una rinnovata e acuta coscienza dei valori ultimi» (FR 81).

Il testo dell’enciclica enuncia dunque un compito che attende di essere svolto, ovvero lo svolgimento della teologia filosofica in chiave biblica. L’istanza sapienziale fa riferimento alla “trascendenza immanente”, ovvero alla qualità di trascendenza intrinseca alle forme dell’agire umano. Per un approfondimento cfr. A. Bertuletti, “Fides et ratio. L’intenzione enunciativa dell’Enciclica ed il suo modello concettuale”, “Teologia” 24 (1999) 289-295.

Al di là delle eventuali considerazioni sulle ‘sporgenze’ nel testo rispetto al modello codificato, «è interessante notare che l’istanza sapienziale in Fides et ratio apra alla tematizzazione della nozione di senso e di esperienza come categorie idonee a denotare “l’implicito antropologico nella questione della verità» Si rinvia a M. Epis, “Nuovo corso di teologia sistematica. Vol. 2: Teologia fondamentale. La ratio della fede cristiana”, Queriniana, 2009, p. 573.Il ricorso al registro sapienziale appare, dunque, non solo come un ‘correttivo’ complementare al registro metafisico, ma una vera e propria ‘via’ da percorrere per riformulare l’istanza filosofica tout court.

I due richiami agli eminenti teologi della scuola milanese segnalano i percorsi successivi all’enciclica di Papa Giovanni Paolo II, Fides et ratio, come essa sia stata valorizzata in questo ventennio. Dal punto di vista dei teologi, il Decreto del 2011 di Riforma degli studi ecclesiastici di Filosofia1 è l’ennesima conferma – sia come atto, sia come dispositivo – del valore riconosciuto all’intrinseca necessità della filosofia per il pensiero cristiano. Su quel Decreto scriveva P. Sequeri (“Metafisica e ordine del senso” in “Teologia”, Glossa, Milano, 2/2012, pp. 159-171): «Le implicazioni dell’insistenza, sul motivo del carattere sapienziale, e non meramente teoreticistico o analitico, della ragione filosofica, ripreso con vigore dall’enciclica Fides et Ratio, di Giovanni Paolo II, sono importanti. La necessità di dare corso alle implicazioni teoretiche, e non meramente edificanti, di tale spunto, appare in modo speciale attraverso due accentuazioni, non convenzionali: l’enfasi posta sulla connessione diretta fra sviluppo dell’istanza metafisica e articolazione della qualità spirituale; l’azzardo della corrispondenza fra la struttura sapienziale della filosofia e l’impegno di “allargamento del logos” fino alla tangenza del suo intrinseco legame con il motivo teologico-cristiano di “agape”».

I contenuti di questa teologia vanno cercati dunque nella teologia filosofica, che fa parte ormai da tempo del curriculum dei corsi teologici delle varie facoltà. Per parte mia riassumerei così: esiste una circolarità tra la verità e la libertà storica, l’evento cristologico destinato sin dall’inizio all’uomo, non malgrado, ma proprio in forza della singolarità dell’evento stesso. La “ragione teologica” evidenzia l’evento cristologico come verità, nello stesso tempo però riconosce nella destinazione l’intenzione di suscitare la risposta, la fede.

Viceversa “il sapere della fede” congiunge il movimento opposto della stessa relazione con l’evento cristologico. Entrambi i movimenti descrivono la reciproca necessità, asimmetrica nelle due parti e per le determinazioni di ciascuno. La qualità di questa reciprocità asimmetrica e con-determinante è che il dono della verità, il Signore, sta assieme alla sua appropriazione libera, la fede. In questo tenersi assieme dell’evento si deve dire che esso è un evento ontologico. L’interpretazione di tale evento non sarà immediatamente un prodotto della riflessione teorica, ma rifacendosi alla vita effettiva, tende a essere sapienziale, aperta al futuro e alla pratica.

Il Prof. Grillo conclude il suo intervento mettendo in risalto cosa produca quel “correttivo sapienziale” della Fides et ratio, ossia «Il contributo e il compito della scienza liturgica e sacramentale all’approfondimento dell’intellectus fidei, nonché la sollecitazione ad integrare nelle “ragioni” della fede quel lato simbolico, storico, corporeo e rituale che costituisce appunto l’”orizzonte sacramentale” della Rivelazione di cui parla l’enciclica FR».

Don Giuseppe Villa

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