Il Dialogo continua: replica di Reid e controreplica di Grillo
IL DIALOGO CONTINUA
Dopo la recensione di A. Reid e la mia replica (nel post precedente), Reid interviene nuovamente (su www.newliturgicalmouvement.org) e io torno a rispondere: il chiarimento delle posizioni sembra un risultato non trascurabile di questo confronto.
Replica di Alcuin Reid
– My own detailed study of the 20th century liturgical movement, The Organic Development of the Liturgy, now available in Italian translation Lo sviluppo organico della liturgia (Ed. Cantagalli, 2013), adequately demonstrates an understanding of the movement’s emphasis on the liturgy as fons and of the growing desire for ritual reform to facilitate participation in this.
– “Far reaching transition” was not the desire of the liturgical movement or of the Second Vatican Council’s Constitution on the Sacred Liturgy. As the sources demonstrate, they desired development that was moderate and organic. I have published a number of further studies on this, referenced here: https://msb-lgf.
– One can and must distinguish between the Council’s call for liturgical reform and the rites produced by Paul VI’s Consilium which, accordin
– To elevate the rites promulgated by Paul VI as themselves being essential to liturgical formation and the achievement of participatio actuosa is to make idols of contingent and perhaps even flawed products belonging to a particular era. This is theologically, historically and ecclesiologically naive. It denies the reality of living liturgical tradition and the possibility of both development and/or of correction in that tradition.
– These observations are grounded in a profound respect for the “solemn deliberations of an Ecumenical Council” and of their nature—a respect not always found in the liturgical reforms enacted in its name or in their implementation.
– Regarding the rites of Paul VI as iconic, essential and untouchable (to the exclusion of the use of the usus antiquior or of any discussion of a possible ‘reform of the reform’) is indeed a position often found in Italy—today—as Dr Grillo’s book and reply ably demonstrate. So too, the liturgical proscriptions visited upon the Franciscans of the Immaculate manifest its presence in elements of the Roman Curia.
– The reference to the conviction “often found amongst liturgists and prelates in Italy” is specifically to this idolisation of the new rites today, as the text of the review makes clear, and not to the Council or Council Fathers. To confuse this indicates (at best) a lack of diligence.
– The reality of participatio actuosa, profound immersion and formation in the Church’s liturgy and apostolic zeal in communities that celebrate the usus antiquior, is no ghost. It is a vital sign of the times—a new flowering of the liturgical spirit in our day. I am perhaps more acquainted with this reality in communities in several countries than Dr Grillo. It is a reality not to be dismissed.
– My use of “beyond Paul VI”—inspired by Dr Grillo’s own title (which is provocative in its categorisation of those who celebrate the usus antiquior as backward looking)—asserts that those who believe the rites of Paul VI to be essential need to move beyond this position. I have argued in my October 2013 lecture “The New Liturgical Movement After Benedict XVI”, that principles, not the personalities or preferences of popes, are what authentic liturgical practice is based on. That includes Benedict XVI, whose particular importance in respect of the liturgy is because of his articulation of sound liturgical principles.
– I have said before and say again: I am not a traditionalist; I am a Catholic. And I am a liturgical historian. My reasoned arguments are grounded in these realities.
– Dr Grillo saw fit to publish his own argument in English. I have paid him the compliment of engaging with it and do not regard that as a waste of time.
– It may be that Dr Grillo does not read English well and that this may account, in some part, for the nature of his reply. It does not, however, excuse English-speaking commentators from reading the arguments advanced carefully.
I wish to take this opportunity to correct an error in my review. I wrote in the belief that the Liturgical Press was publishing only books intended to defend the liturgical reform of Paul VI. Their Academic Publisher informed me that they have just released a work dedicated to the usus antiquior: William H. Johnston’s Care for the Church and Its Liturgy: A Study of Summorum Pontificum and the Extraordinary Form of the Roman Rite. I hope to be able to study and write about this work—a happy sign of progress—in the future.
Dom Alcuin Reid.
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La risposta di Andrea Grillo
La Riforma Liturgica per la “actuosa participatio”, necessariamente oltre Pio V
La controreplica di A. Reid alla mia replica in seguito alla sua recensione di “Oltre Pio V” apre lo spazio opportuno per un confronto tra diverse letture della tradizione liturgica recente. Talvolta si inizia dialogando e si finisce per litigare. Altre volte si comincia con uno scontro e poi si apre lo spazio per un confronto. Non escludo che questo secondo caso sia qui ancora possibile. Ma la condizione necessaria è la assoluta chiarezza. Riprendo punto per punto le considerazioni della “replica” di Reid, cercando di rispondere ad ognuna di esse:
– per un Professore che lavora presso una Università Pontificia è possibile, e talvolta necessario, un uso extraordinario dell’atteggiamento e del tono, quando egli vede negate verità elementari della tradizione e trascurati punti chiave dello sviluppo storico. Negli ultimi anni mi è capitato di assumere molto spesso questo tono extraordinario, più spesso in italiano, ma anche in lingua francese e in lingua tedesca. E’ la prima volta che lo faccio in inglese. D’altra parte, anche le Università Pontificie non vivono solo di ripetizione e di pazienza, ma anche di novità e di audacia, come insegna anche l’Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo “Donum veritatis” del 1990 . Sarebbe molto strano che proprio le Università Pontificie non applicassero fedelmente questa Istruzione. A me è successo questo: non trovando teologicamente e storicamente fondato l’uso extraordinario del rito romano, ho dovuto spesso assumere un uso extraordinario del linguaggio teologico e accademico. E mi sono sentito obbligato a farlo.
– Come ho già detto, anche se con maggiore ironia, nella mia prima replica, confermo di essere pienamente d’accordo con una rilettura del Movimento Liturgico come interessato anzitutto alla “formazione/iniziazione alla liturgia” (cfr. Il mio libro “La nascita della liturgia nel XX secolo. Saggio sul rapporto tra Movimento Liturgico e post-modernità”, Assisi, Cittadella, 2003). Ciò che contesto è, invece, una lettura solo “arcaica” del ML, che non è più giustificata e rispetto alla quale bisogna oggi elaborare una nuova categoria storiografica di Movimento Liturgico (come dice anche A. Angenendt, “Liturgik und Historik”, 2002) che comprenda, in esso, la fase iniziale (fino al 1947), la fase riformatrice (dal 1947 al 1988) e la fase di recezione (1988-2???) che resta ancora aperta. Ma non è legittimo inserire, in questa storia salti, rotture, cesure. Il Concilio e la Riforma, in questa prospettiva, sarebbero la seconda fase del ML! Qui io mi batto per una vera ermeneutica della continuità, mentre mi sembra che Reid propenda per una pericolosa rottura. Il fatto poi che egli attribuisca la “rottura” anche a Bugnini, forse dipende dalla scarsa confidenza con la lingua italiana.
– Reid dice di non essere tradizionalista, ma cattolico. Bene. Ma perché, allora, assume tutti i luoghi comuni tradizionalistici come punti di partenza della sua ricerca? Faccio un solo esempio. Che la essenzialità dei riti di Paolo VI per la “actuosa participatio” sia solo un “idolo” e sia frutto di una lettura “naif” della storia mi pare una affermazione molto grave e ideologica. Mi sembra che pregiudichi irrimediabilmente un approccio scientifico e corretto al Concilio Vaticano II e alla Riforma Liturgica. Con questi pregiudizi, maturati in ambienti che reagiscono negativamente al Concilio Vaticano II, non si riesce a interpretare correttamente né il Concilio, né ciò che lo ha seguito, e neppure ciò che lo ha preceduto.
– E’ poi vano che Reid dica che queste sue considerazioni sono basate sul “profondo rispetto delle solenni deliberazioni di un Concilio Ecumenico”, accusando però la Riforma di non aver avuto rispetto del Concilio. Questi sofismi tradizionalistici – inaugurati proprio da M. Lefebvre – sono falsi argomenti, sono nostalgie con vernice accademica e non permettono un approccio scientifico all’oggetto di studio.
– Quando poi Reid ribadisce che questa visione “conciliare” è tipicamente italiana, conferma due cose: evidentemente Reid conosce poco l’Italia: soprattutto non conosce con quanta profondità e con quanta potenza il Vaticano II sia stato recepito nella chiesa e nella cultura italiana. Gli consiglierei di non confondere l’Italia con la curia romana, mentre accusare la cultura teologica italiana di “idolatrare i nuovi riti” è semplicemente una stupidaggine da evitarsi tout-court. Anche sul tema “Italia” Reid dà voce più al pregiudizio che al giudizio.
– Parlare di “partecipazione attiva” nell’usus antiquior è un fantasma non perché lo dice Grillo, ma per necessità intrinseca, essendo il frutto di una contraddizione in termini. Se Reid avesse letto con cura il mio “Oltre Pio V” – ma per approfondire lo rimando anche a “Introduzione alla teologia liturgica. Approccio teorico alla liturgia e ai sacramenti cristiani”, Padova, EMP- Abbazia S. Giustina, 2011 – avrebbe compreso che i suoi “fantasmi” derivano da una errata comprensione della “actuosa participatio”. Non è un caso che nel suo libro “Lo sviluppo organico della liturgia” egli proponga una teoria della actuosa participatio che appare chiaramente fondata su Mediator Dei, non su Sacrosanctum Concilium. Questo è un errore irrimediabile, che compromette tutto. La nuova accezione di “actuosa participatio” considera i “ritus et preces” come linguaggio di tutta l’assemblea, e per questo prevede necessariamente una Riforma Liturgica. E’ “oltre l’usus antiquior”, necessariamente. Quando questo non è compreso, la deriva dei significati è rischiosa e facilmente incontrollabile.
Mi si permetta di concludere con una citazione di un grande “prelato italiano”, che interpretava nel luglio del 2007 quello che Reid – questa volta davvero in modo sorprendentemente naif – legge come “nuova fioritura”.
Carlo Maria Martini, dopo aver evocato la sua lunga esperienza ecclesiale e culturale con la lingua latina, scriveva:
“Avrei quindi le credenziali per approfittare del recente Motu proprio e ritornare a celebrare la Messa con l’antico rito. Ma non lo farò, e questo per tre motivi.
Primo, perché ritengo che con il Concilio Vaticano II si sia fatto un bel passo avanti per la comprensione della liturgia e della sua capacità di nutrirci con la Parola di Dio, offerta in misura molto più abbon dante rispetto a prima. Vi saranno certamente stati alcuni abusi nell’esercizio pratico della liturgia rinno vata, ma non mi pare tanti presso di noi. Del resto, lo dirò per quelli che capiscono il latino, abusus non tollit usum. Di fatto bisogna riconoscere che per molta gente la liturgia rinnovata ha costituito una fonte di ringiovanimento interiore e di nutri mento spirituale.
In secondo luogo non posso non risentire quel senso di chiuso, che emanava dall’insieme di quel tipo di vita cristiana così come allora lo si viveva, dove il fedele con fatica trovava quel respiro di libertà e di responsabilità da vivere in prima persona di cui parla san Paolo ad esempio in Galati 5, 1-17. Sono assai grato al Concilio Vaticano II perché ha aperto porte e finestre per una vita cristiana più lieta e umanamente più vivibile. Certo, c’erano anche allora dei santi, e ne ho conosciuti. Ma l’insieme dell’esistenza cristiana mancava di quel piccolo granello di senapa che dà un sapore in più alla quotidianità, di cui si potrebbe fare anche a meno ma che dà più colore e vita alle cose.
In terzo luogo, pur ammirando l’immensa benevolenza del Papa che vuole permettere a ciascuno di lodare Dio con forme antiche e nuove, ho visto come vescovo l’importanza di una comunione anche nelle forme di preghiera liturgica che espri ma in un solo linguaggio l’adesione di tutti al mistero altissimo. E qui confido nel tradizionale buon senso della nostra gente, che comprenderà come il vescovo fa già fatica a provvedere a tutti l’Eucaristia e non può facilmente moltiplicare le celebrazioni né suscitare dal nulla ministri ordinati capaci di venire incontro a tutte le esigenze dei singoli”.
Il senso del mio “Oltre Pio V” è soltanto una piccola variazione su questa melodia fondamentale, priva di idolatria e piena di buon senso. Ed è in questo spirito che il libro può essere compreso e valorizzato.
Grazie, il dottor Grillo, per continuare questa conversazione. Si prega di consentire ad un interessato (se ignorante) osservatore a fare alcune osservazioni. Ancora una volta, le scuse per il mio italiano imperfetto.
E’ chiaro che i difensori del Messale di Paolo VI si considerano gli eredi del Movimento Liturgico. Ma ci sono altri (alcuni dei quali trovano gravi carenze in questo Messale) che pure si vedono come i suoi eredi. Quindi forse dovremmo smettere di cercare di “possedere” il ML, e ammettere che ha molti figli.
“Qui io mi batto per Una vera ermeneutica della continuità, mentre mi sembra che Reid propenda per una pericolosa rottura.” Penso Dom Alcuin propone l’idea che la Chiesa può fare errori, e che quando lo fa la continuità non è una buona cosa. Credo che il cardinale Martini, che Lei cita, sarebbe anche d’accordo che la Chiesa può fare, e ha fatto, degli errori.
Prima di continuare, vorrei fare una proposta: gli esseri umani variano rispetto a ciò che agita il cuore–la musica a cui rispondono, l’arte che li muove, ecc. Non possiamo accettare che alcune persone sono spostati verso Dio da un tipo di liturgia, e altri di altro tipo?
Con questo in mente: la “‘Partecipazione Attiva’ nell’usus antiquior [UA] è fantasma,… una contraddizione in termini.” Questo è vero solo se si limita la ‘partecipazione attiva’ al conformismo esteriore nel comportamento. Per alcuni (Martini?), questo è ciò che significa la PA. Ma per gli altri, questo comportamento irreggimentato ha l’autenticità di ‘manifestazione spontanea di sostegno al governo’ in Corea del Nord. La bellezza del UA è che ogni persona può partecipare nel modo in cui funziona meglio per se stesso: si può seguire il messale con il prete, si può salire con il coro, si può perdere se stessi nella preghiera alla presenza del Santo Sacrificio. Ora, nonostante le nostre innegabili differenze, siamo tutti costretti nello stesso stampo.
Dr Grillo, è chiaro che trovare il Nuovo Messale prezioso; poi non voglio lo prendere da Lei. Ma perché vuole negare a tanti il messale che hanno a cuore? Perché valorizzare Martini propria preferenza personale, ad esclusione dei desideri di tanti del suo gregge?
Tre considerazioni finali. In primo luogo, i fautori del nuovo messale dovere verso il popolo di Dio ad essere più onesti. In breve, dovrebbero riconoscere pubblicamente che la Messa di Paolo VI va ben oltre le modifiche moderate suggerite in Sacrosanctum Concilium, e smettere di fingere che tali cambiamenti erano in qualche modo coerente con o un ‘fioritura naturale’ del documento del consiglio. Tale onestà guarirebbe molte ferite.
In secondo luogo: parliamo ora di un altro tipo di continuità, che ora non esiste, ma che potrebbe essere una realtà. Invece di scartare e sopprimere l’UA, il Consilium e Paolo VI avrebbe potuto fornire alternative per i vari riti della Messa (un singolo Confiteor detto da insieme da sacerdote e persone, per esempio, in alternativa alle due preghiere distinte). In questo modo, a seconda che si scelgono alternative, una Messa individuo sedeva lungo uno spettro, e potrebbe assomigliare contemporanea Messa di Novus Ordo, a Messa di UA, o a via di mezzo.
E poi, finalmente, proviamo qualcosa di veramente rivoluzionario: lasciare che la gente nei banchi, i laici, uomini e donne delle parrocchie, decidere che tipo di Messa funziona meglio per loro. Che i preti e i vescovi SERVANO i bisogni della gente, invece di dire loro come devono pregare. Sì, che le persone decidano, non Martini, non Montini! Vuoi accogliere tale proposta?
This is such an interesting debate, Prof. Grillo. I’ve posted some of my own reflections on it here: http://sancrucensis.wordpress.com/2014/02/08/politics-and-the-liturgical-movement/