Il discepolo del Regno
V Domenica del Tempo ordinario – A
Is 58,7-10 Sal 111 1Cor 2,1-5 Mt 5,13-16
Introduzione
Se le Beatitudini sono l’annuncio dell’evangelo del Regno di Dio, qual è il volto del discepolo di un tale Regno? A questa domanda vuole rispondere il brano del discorso del monte nel Vangelo di Matteo che ci propone la liturgia di questa domenica. Chi è dunque il discepolo del Regno? La prima lettura (Is 58,7-10), tratta dal profeta Isaia, indirizza la lettura del brano evangelico: quando la vita del credente diventa luce che rischiara. Nella seconda lettura (1Cor 2,1-5) Paolo diviene il modello del discepolo che si fa fragile come la luce per annunciare per non annunciare altro «se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso».
Commento
Matteo ci presenta due immagini, quella del sale e quella della luce. Tuttavia, non basta far riferimento a questi due elementi, pur così ricchi per il loro significato simbolico, bisogna anche prendere in considerazione le parole che li accompagnano. Infatti, si dice che i discepoli non sono semplicemente «sale» e «luce», ma «sale della terra» e «luce del mondo». Per «terra», si intende la terra di Israele, per «mondo» si intende l’intera umanità. C’è quindi un volto del discepolo che si gioca all’interno della comunità – non dimentichiamo che la comunità di Matteo vive in Israele e si sente parte del popolo di Israele – e uno che invece si manifesta all’esterno.
C’è in primo luogo una identità del discepolo del Regno che si gioca all’interno della comunità. L’immagine del sale rimanda a qualcosa che dà sapore e conserva. Nella Scrittura il sale in particolare è legato al tema dell’alleanza proprio per la sua proprietà di durare nel tempo e di conservare. Si usa infatti l’espressione ebraica «alleanza di sale» per indicare qualcosa di inviolabile e duraturo (cf. Nm 18,19; 2Cr 13,5). Nel contesto dell’alleanza il sale lega in modo duraturo i due contraenti. Per indicare l’inviolabilità dell’alleanza con YHWH si aggiungeva sale all’offerta per i sacrifici.
Il primo volto del discepolo del Regno, che si gioca all’interno della comunità – «sale della terra» – è caratterizzato quindi dalla fedeltà all’alleanza con Dio e con coloro che fanno parte della comunità stessa. Un elemento questo che ci dovrebbe far riflettere molto seriamente: viviamo nella fedeltà come uomini e donne delle beatitudini, come discepoli del Regno? Nelle nostre comunità cristiane si vive la logica “differente” della «fedeltà, giustizia e misericordia» (cf. Mt 23,23)? Se non lo facciamo la parola di Gesù ci mette in guardia: a null’altro serviamo che ad essere calpestati dagli uomini. Cioè non serviamo a nulla. E’ importante non dimenticare che tutto questo si gioca nella comunità: non basta predicare e vivere la fedeltà, la giustizia e la misericordia all’esterno. Se non la viviamo all’interno, non serviamo a nulla e meritiamo disprezzo. All’interno della Chiesa i discepoli del Regno possono “dare sapore” alla vita, vivendo nella fedeltà, nella giustizia e nella misericordia, tra di loro.
Ma c’è anche una identità che si gioca all’esterno della comunità: essere «luce del mondo». E’ il secondo elemento che Gesù menziona e, quindi, si tratta di un allargamento del primo. Non ci può essere il secondo senza il primo. Ma questo secondo tratto, che non può fare a meno di una vita che ha e dà sapore, aggiunge un tratto fondamentale dell’identità del discepolo del Regno: la comunità dei discepoli del Regno non può essere chiusa in se stessa, ma la sua esistenza vissuta nella fedeltà, nella giustizia e nella misericordia può diventare luce per tutti. Nella Scrittura la luce ha a che fare con Dio, con la sua Parola: con la loro esistenza i discepoli del Regno sono chiamati a diventare luce del mondo, non perché siano migliori degli altri, ma perché con la loro esistenza “altra” essi possono trasmettere qualcosa di Dio, di colui che è l’Altro/il Santo per eccellenza: il giusto, il fedele, il misericordioso.
Conclusione
Due immagini, quelle che Gesù ci ricorda alla fine dell’introduzione al discorso del monte, che ci invitano a riflettere sulla nostra identità di discepoli del Regno e sulla vita della Chiesa. In questa eucaristia troviamo il fondamento della nostra identità di discepoli del Regno: qui sperimentiamo nella nostra vita e manifestiamo agli altri il mistero di Cristo e la natura della Chiesa (SC 2) per essere «sale della terra e luce del mondo».
Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli