Il magistero dell’azione rituale: le cose che abbiamo imparato da P. Silvano


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La presenza di P. Silvano Maggiani, che ora è mescolata alla sua dolorosa assenza, passa attraverso i canali della memoria, ma anche attraverso i testi pubblicati. Facciamo memoria di lui tornando ai suoi testi. Ho ripreso in mano questo testo: sono 20 pagine di 20 anni fa, che gli avevamo chiesto per la parte generale del “Corso di teologia sacramentaria” (Brescia, Queriniana, 2000), che con Pius-Ramon Tragan e Marinella Perroni stavamo allora costruendo. Silvano concentrò, in quelle pagine del primo volume (43-62), molto del suo magistero liturgico.

E’ bello ritrovare Silvano, persino il suo tono e il suo accento toscano, su quelle pagine preziose. Ripercorriamo le sue parole-chiave, che abbiamo ascoltato tante volte altrove e che qui troviamo in bell’ordine, con grande sintesi:

a. Il titolo è “La prassi ecclesiale del sacramenti”: i sacramenti sono actiones e il termine actio è la maniera non semplicemente di “eseguire” un contenuto, ma la forma stessa del modo di accedere al contenuto.

b. E’ Sacrosanctum Concilium  ad inaugurare un metodo di lettura della liturgia come “azione cui partecipare”, che ha trasformato il modo di interpretare anche i sacramenti.

c. Questa lettura in termini di actio interpreta la relazione con l’opus Christi e ne desume una ermeneutica della liturgia come “opus Christi et ecclesiae” per mediazione dei “segni sensibili”. In tal modo celebrare “per ritus et preces” significa attivare tutti i registri verbali e non verbali della azione comunicativa.

d. Di qui scaturisce un interesse per gli Ordines, i libri liturgici, come specchio e immagine della realtà sacramentale celebrata. Così la ricerca diventa un continuo richiamo tra lo “schema ordinato” e la “realtà agita”.

Questo schema perviene ad una evidenza, che suona come un compito delle generazioni a venire, che Silvano scriveva 20 anni fa, ma che oggi risuona con ancor maggior forza. E si noterà come in questa frase, con cui voglio concludere questo breve riassunto, ascoltiamo, profeticamente, alcune parole che oggi sono diventate molto più comuni e consuete, essendo state assunte dal magistero al suo livello più alto:

“Nell’ambito della sacramentaria il primato da dare alla ‘realtà’ prima che al ‘concetto’, alla ‘cosa’ prima che alla ‘idea’ o alla comprensione della medesima – è importante ribadirlo – non è ormai più dilazionabile. E’ tempo di considerare compiutamente nella riflessione, per usare una espressione scolastica, il sacramentum tantum, di cui sono indicatori i libri liturgici: la struttura celebrativa, il soggetto integrale della celebrazione nella sua ministerialità (assemblea, presidente, ministri, ministranti); il dispositivo ecologico: distribuzione e regolamentazione del tempo e dello spazio; il dispositivo ecologico (azioni, cose, oggetti); atti di linguaggio: rapporto tra gesto e parola, in sintesi il linguaggio liturgico nella sua datità operativa” (52)

Questa frase, nella sua articolazione, ci offre l’integrale oggetto di interesse del P. Silvano liturgista. Ogni riga ha avuto in lui e nei suoi allievi, molteplici sviluppi. E riconosciamo, oggi più di ieri, nelle sue parole le nostre e nelle nostre parole le sue.

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