Il microcredito: una realtà in rapida crescita che può aiutare famiglie e piccoli imprenditori


euro-formicaLe iniziative che consentono alle piccole e medie imprese e alle famiglie di ottenere credito da istituzioni diverse dalle banche si vanno rapidamente diffondendo anche in Italia, sulla spinta di una crescente richiesta generata dalla crisi economica. Fra queste iniziative vi è il microcredito, che è una realtà già molto importante in vari paesi emergenti. Nato in Bangladesh, come noto, per iniziativa di Muhammad Yunus, Nobel per la Pace 2006, che ha fondato la Grameen Bank, è ormai una realtà in altri paesi, soprattutto in Africa e nell’Est Europa.

Il microcredito – ovvero il credito di ammontare modesto, concesso in genere senza garanzia da soggetti non bancari – è stato oggetto di specifica regolamentazione in Italia, con il d.lgs 13 agosto 2010 n.141 che ha modificato il titolo V del Testo Unico bancario ed i successivi decreti attuativi (fra cui in particolare il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 17 ottobre 2014 n.176). Anche il nostro paese è ora in linea con i parametri comunitari. Il legislatore ha voluto regolamentare tutte le tipologie di microcredito presenti sul mercato (si veda Mario La Torre in un interessante articolo sul tema, Il microcredito in Italia tra regolamentazione e mercato, pubblicato su Bancaria del maggio scorso). Obiettivo primario era cioè quello che importanti realtà non sfuggissero alla regolamentazione sia per dare certezza giuridica all’operato di molti soggetti del no-profit attivi nel settore sia per evitare che il microcredito potesse dare luogo ad un credito ombra (il cosiddetto shadow banking) parallelo al mercato creditizio regolamentato.

Accanto al microcredito imprenditoriale,  il difficile quadro socio-economico con crescenti tassi di esclusione finanziaria e di povertà, ha imposto l’introduzione del microcredito sociale, dedicato al sostentamento dei consumi primari delle famiglie. Le caratteristiche tecniche delle due forme sono parzialmente diverse ovviamente per la diversa natura degli obiettivi finanziati: innanzitutto l’ammontare massimo erogabile, pari a 25.000 euro nel primo caso e a 10000 euro nella forma sociale, nonché la prassi di concessione, i tempi di restituzione e di erogazione, caratteristiche che sono in gran parte allineate alle soglie utilizzate nei programmi comunitari.

L’evoluzione delle erogazioni confermano l’opportunità di tale intervento. Nei giorni scorsi infatti l’Ente Nazionale per il Microcredito (ENM), che ha sede a Roma, ha presentato alla Camera dei Deputati il rapporto sull’attività svolta nel 2014. I dati ENM evidenziano una crescita significativa soprattutto nella forma produttiva che registra un aumento annuo del 75%, mentre quella sociale risulta stabile. Nel 2014 sono stati erogati 11.500 microcrediti, per un ammontare complessivo di oltre 147 milioni di euro, che però hanno soddisfatto meno della metà (44,4%) delle richieste sottoposte a valutazione. Si tratta di un ammontare modesto, ma dal confronto con le banche emerge che queste ultime nel 2014 hanno ottenuto di fatto dalle famiglie rimborsi netti complessivi di 5,5 miliardi di euro, considerando sia i crediti a breve scadenza (erogati per 1.5 miliardi) sia quelli a scadenza protratta (rimborsati invece per 7 miliardi) (Relazione Annuale della Banca d’Italia, tav. 7.4).

Le richieste risultano soddisfatte solo in parte a causa della indisponibilità di risorse. Ciò può essere interpretato come un segnale di quanto spazio di crescita vi sia e di quanto utile possa essere l’attività svolta dagli operatori del settore. Dal 2011 al 2014, la domanda è stata significativamente più elevata del numero dei prestiti effettivamente erogati, segnalando – come sottolinea ENM – che l’offerta disponibile, per quanto in aumento, non è attualmente ancora in grado di soddisfare le lievitanti richieste, in special modo quelle per il microcredito produttivo che trovano una risposta solo nel 34,6% dei casi.

Per capire meglio invece la convenienza delle operazioni è necessario far riferimento alle condizioni applicate, cioè ai tassi di interesse, ma i dati disponibili non consentono una valutazione puntuale. La Torre sottolinea in proposito, con riferimento al 2013, che il microcredito viene erogato a tassi non particolarmente elevati, che favoriscono l’inclusione finanziaria: nel 2013 il tasso medio applicato risultava pari al 3,1% (2,5% nella componente sociale e al 3,3% nella microimprenditorialità). Per contro, gli operatori avrebbero potuto applicare un tasso ben più elevato, pari all’8,4% nel pieno rispetto della normativa. Un risultato quindi a favore dell’operato del mercato.

Un ulteriore elemento che merita di essere richiamato è dato dalla possibilità riconosciuta a tutti i soggetti presenti sul mercato del microcredito (quindi non solo gli intermediari finanziari, ma anche i soggetti senza fini di lucro, le casse peota attive nel Nord Est, gli operatori di finanza mutualistica e solidale) di poter svolgere in autonomia tutte le attività della filiera produttiva. A questo proposito va riconosciuto alle banche un ruolo significativo di fatto, poiché esse rappresentano un partner coinvolto nelle iniziative in quasi 9 casi su 10, sempre secondo i dati riferiti al 2014 presentati dall’ENM.

Sebbene non manchino alcune aree di incertezza, legate innanzitutto alle modalità di finanziamento degli operatori che erogano il microcredito nonché ai profili fiscali, va riconosciuto che la nuova normativa ha rappresentato un importante passo avanti. Sul campo rimane però ancora molto da fare per facilitare il ricorso al credito da parte di piccoli imprenditori e famiglie anche nel nostro paese.

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