Il presbitero secondo il rito di ordinazione /1 (di Simone Bellato)


ordinazione

Ho ricevuto questo articolo da Simone Bellato, presbitero romano, che ha concluso una brillante licenza a S. Anselmo l’anno scorso, sul tema del “carattere sacramentale”. In questo intervento egli riprende la discussione che si è svolta su questo blog sul tema del ministero, del sacerdozio e della eucaristia: nel suo testo, che è solo il primo di tre, egli legge la teologia del presbiterato a partire dal rito di ordinazione, con molte osservazioni di grande interesse. Lo ringrazio per i suoi testi, che possono dare un contributo molto ricco al dibattito sul tema, aprendo prospettive di lettura molto feconde.

IL PRESBITERO: In Cristo per edificare il Suo Corpo che è la Chiesa

1/ il rito di ordinazione: la presentazione e l’omelia

 1. Il Concilio e l’architettura ecclesiale

Con il Concilio Vaticano II, siamo passati da un sacerdote rivolto ad una pala d’altare che offre “il sacrificio”, prescindendo da una presenza alle sue spalle, spesso concentrata in altro1, all’odierna forma in cui un popolo è congregato da Cristo, in un’azione liturgica che presieduta da un ministro, attraverso la Parola e la mensa, ha come fine l’edificazione del Suo corpo che è la Chiesa, segno e strumento della sua presenza nel mondo.

Queste due epoche storiche sono divise dallo spartiacque del Concilio Vaticano II, che compie una parabola iniziata almeno a metà dell’’8002, e apre un tempo di adeguamento teologico-dogmatico, giuridico e di prassi pastorale, dovuto alla tensione sull’architettura ecclesiale esercitata dalla costituzione sulla Liturgia che ha richiesto il cambio dei testi e delle forme liturgiche, e da quella sulla Chiesa passata da societas perfecta, (hierarchica e inaequalis), a sacramento primordiale, corpo di Cristo, tempio dello Spirito Santo. Rovesciata la piramide gerarchica e cambiate le forme e i testi liturgici ci ritroviamo in questo cambiamento d’epoca, chiamati ad una lenta opera di adeguamento di tutto l’edificio ecclesiale e delle sue categorie, che espone la Chiesa universale a gravi tensioni che rischiano di lacerarne il tessuto e richiedono enormi sforzi, non minori a quelli profusi durante l’ultimo Concilio ecumenico.

2. Un sacerdozio nuovo

Uno dei temi che subisce maggiormente questa tensione è quello del presbiterato, perché legato fortemente a tutti questi aspetti: liturgici, ecclesiologici, sacramentali, giuridici. Per animare il dibattito suscitato da un articolo del prof. Grillo sulla riduzione di sacerdozio ed eucaristia, vorrei offrire una prospettiva di questo sacramento a partire dal rito di ordinazione del presbitero. È proprio il rito post-conciliare infatti ad assumere questo passaggio dalla visione del sacerdote ordinato per “conficere eucharistiam” ad un diverso modello ancora in divenire.

Nel rito anzitutto il candidato viene presentato al Vescovo da chi ne ha curato la formazione a nome della “Santa Madre Chiesa”, e così il popolo cristiano fa subito la sua apparizione3. La sua chiamata non è un fatto privato tra Dio, il Vescovo, e i formatori, ma le informazioni sono prese anzitutto dal popolo cristiano, che il rito indica come primo utero della “dignità” del chiamato. A tale proposito il Papa Francesco spesso ha dichiarato che un presbitero non spunta come un fungo, ma nasce da una comunità.

Purtroppo quanto dichiarato nel rituale era disatteso nella prassi, perché il popolo di Dio soprattutto nelle grandi città non veniva e non viene mai interpellato dal Vescovo. Per questo negli ultimi anni nei Seminari c’è stato un movimento in uscita nel tempo della formazione per avvicinare il candidato al popolo di Dio, con tirocini pastorali nelle parrocchie al fine di raccogliere feedback informali attraverso il parroco a cui il Seminarista è affidato. La via imboccata è buona, attualmente a Roma un seminarista prima dell’ammissione come candidato agli ordini sacri, passa metà della settimana in parrocchia nell’anno propedeutico, vi si reca per un tirocinio pastorale due volte a settimana nel biennio filosofico, e vi rimane tutti i giorni per un anno intero prima di iniziare il baccalaureato in teologia, durante il quale ricomincerà il suo tirocinio in un’altra parrocchia e in luoghi come ospedali, carceri, o Caritas.

3. Partecipe della missione di Cristo maestro, pastore e sacerdote

Dopo questo dialogo il rito propone un’omelia (che Papa Francesco nelle ordinazioni segue quasi alla lettera aggiungendo qualcosa a braccio soprattutto riguardante la prassi in confessionale). L’omelia fa un’anamnesi della genesi del ministero dicendo che i presbiteri sono collaboratori (cooperatores) dei Vescovi «ad essi uniti nel ministero sacerdotale [da Cristo] sono chiamati al servizio del popolo di Dio». Il senso della sua ordinazione è esplicato qualche riga dopo: «stiamo per elevare all’ordine dei presbiteri questo nostro fratello, perché al servizio di Cristo maestro, sacerdote e pastore cooperi ad edificare il corpo di Cristo, che è la Chiesa, in popolo di Dio e tempio dello Spirito Santo». Già questo basterebbe a travalicare l’idea del “conficere eucharistiam”, il presbitero infatti non è chiamato ad occuparsi solo del corpo eucaristico di Cristo ma del suo corpo che è la Chiesa.

Perché configurato a Cristo, sommo ed eterno sacerdote, e associato al Vescovo nel Suo servizio, il presbitero sarà: «predicatore del Vangelo, pastore del popolo di Dio, e presiederà le azioni di culto, specialmente nella celebrazione del sacrificio del Signore». L’ordine è importante, e segue tre aspetti della vita di Cristo: maestro, pastore, sacerdote. Questo amplia ciò che è un presbitero è chiamato ad essere, e pone la fonte della sua chiamata non in un sacramento, ma nella vita stessa di Cristo che inaugura un nuovo sacerdozio, l’omelia sembra suggerire questo quando parla del neo-presbitero come «vero sacerdote del nuovo Testamento», distinguendo dunque il sacerdozio dei discepoli di Cristo da quello più stringato dell’ebraismo volto all’offerta del sacrificio e al culto nel tempio.

Ognuno di questi aspetti viene poi ampliato: la partecipazione alla missione di Cristo maestro avviene attraverso la dispensazione della parola di Dio che il presbitero ha prima ricevuto e che con la meditazione assidua continua a ricevere perché la sua vita sparga il buon profumo di Cristo ed edifichi la chiesa.

Il presbitero continua l’opera santificatrice di Cristo attraverso la celebrazione dei sacramenti: l’eucaristia viene messa al primo posto acquistando un notevole spessore spirituale, e come per gli altri sacramenti  di essa viene evidenziato un solo aspetto che qui è quello sacrificale, a cui seguono, Battesimo, penitenza e unzione. Nell’opera di santificazione è assunta anche la liturgia delle ore, vista come un dare voce al popolo di Dio e all’umanità intera. La parte sulla missione di santificazione si conclude con un’ammonizione: il presbitero deve fare tutto questo per piacere a Dio e non a se stesso.

Infine il presbitero è chiamato a partecipare alla missione di Cristo capo e pastore in comunione con il suo Vescovo: l’esempio che viene proposto è quello del Buon Pastore, che «non è venuto per essere servito, ma per servire, e per cercare e salvare ciò che era perduto».

Il presbitero nel nuovo rito viene posto come prolungamento del ministero di Cristo, chiamato da Lui alla collaborazione con il Vescovo, che di questo ministero è il primo e pieno estensore, con lo specifico mandato di edificare la chiesa attraverso tanti strumenti: parola, governo e sacramenti tra cui l’eucaristia che, viene presentata sotto un’ottica sacrificale, cioè un’offerta del sacrificio incruento a nome di tutta la Chiesa e a cui i fedeli si congiungono. Tale complessa definizione pare non guardare all’eucaristia dal suo luogo proprio, che è l’azione liturgica comunitaria con tutta la sua ricchezza di parola e di presenza.

Ma a parte questo, ci sembra di poter dire che il rito, nel suo dialogo preparatorio e nell’omelia proposta contenga già indicazioni valide per reperire la fonte della forma presbiterale nella partecipazione alla vita di Cristo maestro, pastore e sacerdote. È da questa partecipazione in collaborazione con il Vescovo che viene una tra le facoltà che il presbitero assume, cioè quella dell’offerta del sacrificio (linguaggio che andrebbe convertito con “presiedere la celebrazione eucaristica”), che dunque viene ad essere una parte importante di un tutto più ampio. Questo apre a prospettive che affronteremo commentando il resto del rito: gli impegni, la preghiera di consacrazione, e poi riflettendo su alcune questioni pastorali odierne.

 

1 Ne parlava Benedetto XVI nel suo ultimo discorso ai preti della diocesi di Roma il 14 febbraio 2013: «Ma erano quasi due liturgie parallele: il sacerdote con i chierichetti, che celebrava la Messa secondo il Messale, ed i laici, che pregavano, nella Messa, con i loro libri di preghiera».

2 Quando già Rosmini lamentava come prima piaga della mano sinistra della Santa Chiesa: la divisione del popolo dal clero nel culto pubblico.

3 «Reverendissimo Padre, la santa Madre Chiesa chiede che questo nostro fratello sia ordinato presbitero». «Sei certo che ne sia degno?». «Dalle informazioni raccolte presso il popolo cristiano e secondo il giudizio di coloro che ne hanno curato la formazione posso attestare che ne è degno»

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