Il Sinodo e il piano inclinato: quando il voto femminile diventa un incubo


sinod2018

 

L’ultima settimana di lavoro del Sinodo dei Vescovi metterà a nudo uno dei punti più delicati del dibattito delle ultime settimane. Ossia la eventualità che anche ad alcune donne intervenute nel percorso sinodale sia riconosciuto un effettivo “diritto di voto”.

La questione può apparire marginale e può subire risposte di estrema drasticità. Si dice: se il Sinodo è “dei Vescovi” come si può chiedere che le donne possano votare?

In realtà, questa obiezione è debole. Perché nel Sinodo “dei Vescovi” secondo regolamento, votano anche alcuni soggetti che Vescovi non sono. Dunque, l’argomento può essere ribaltato: se votano anche soggetti diversi dai Vescovi, perché mai a nessuna donna è concesso di votare? Perché il sesso è “impedimento”?

L’incubo del “piano inclinato”

Nel “non detto” del Sinodo non è difficile trovare evocata la fortunata immagine del “piano inclinato”: prima si comincia con una piccola concessione “di voto” nel Sinodo, poi la si estende ad altre istituzioni ecclesiali, e si finisce con il perdere tutti i preziosi limiti della tradizione cattolica circa il femminile, finendo in una misera “protestantizzazione” della fede romana. Per evitare questa “deriva” bisogna restare fermi, saldi, irremovibili, prima di qualsiasi concessione di “suffragio universale”, per quanto piccola o limitata.

Questo ragionamento, fondato sulla “paura di scivolare” è particolarmente fortunato ed efficace, ma ancor più è fragile e ingiusto. E lo è in modo particolare per una assemblea sinodale, che sembra dimenticare quella bella pagina di storia, assembleare, che ci viene raccontata  dal film di S. Spielberg, “Lincoln”. Nel film ci troviamo di fronte a una grande “svolta profetica” che apre il nostro tempo: la equiparazione dei neri ai bianchi davanti alla legge, iniziava la fine della schiavitù, iniziava la “società aperta”. Ma un oppositore di Lincoln, alzandosi nell’aula della Camera dei rappresentanti, pronuncia un discorso forte, che assomiglia tanto a quello sussurrato da qualche padre sinodale. Egli dice: “Oggi, signori, in questa aula, l’arroganza degli uomini vuole sconfiggere la volontà di Dio. Quel Dio che ha voluto gli uomini diseguali verrà messo a tacere e gli uomini si proclameranno uguali! Ma non finisce qui. Come su un piano inclinato, gli eventi precipiteranno. Tra qualche anno, in questa aula, verranno questi stessi neri, che da domani saranno liberi, e avranno una nuova pretesa: vorranno votare. E voi glielo concederete. Ma non sarà ancora tutto. Dopo altri anni, in questa aula verranno a chiedere di votare anche le donne. E allora sì che avremo toccato il fondo”.

Nel sentire alcune opposizioni alla domanda di “voto” da parte delle donne presenti al Sinodo, ho pensato a questo testo amaro, che si ascolta nel film di Spielberg. Se qualche membro della assemblea sinodale volesse approfondire, potrebbe scoprire che negli stessi anni, ossia nella seconda metà del XIX secolo, alcuni zelanti padri gesuiti, sui primi numeri della “Civiltà Cattolica”, scrivevano pagine terribili, sulla moralità della schiavitù e sulla esigenza di mettere all’indice libri pericolosi come “La capanna dello zio Tom”.

Non piano inclinato, ma lenta crescita della coscienza ecclesiale

Il piano inclinato evoca un movimento incontrollabile, sempre più veloce, sempre più pericoloso, sempre più dannoso. Più che una immagine evoca un incubo. In realtà, la acquisizione di una autorità femminile, ufficialmente dotata di “potere di voto”, dovrebbe essere ormai da tempo una acquisizione anche della Chiesa cattolica. Almeno dal 1963, da quelle parole di fuoco, con cui Giovanni XXIII nella enciclica Pacem in terris riconosceva come un segno dei tempi l’acquisizione di un ruolo “pubblico” da parte della donna.

Non piano inclinato, dunque, ma lenta salita, graduale accettazione delle forme moderne con cui la civiltà, e con essa la Chiesa, scopre la dignità di ogni soggetto e si arricchisce di questa comune acquisizione. Sarebbe bello che la Chiesa lo facesse, soprattutto davanti ai giovani: perché siano edificati dal voto, e non restino scandalizzati dal divieto.

 

 

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