Il Venerdì santo della storia (di Cosimo Scordato)
Dopo la riflessione di Severino Dianich, ora Cosimo Scordato mette a confronto tradizione pasquale ed esperienza del male della guerra. Lo ringrazio per questo intervento alla fine del primo giorno del Triduo Paquale. (ag)
Il Venerdì santo della storia
di Cosimo Scordato
E’ stata appresa con grande gioia da buona parte delle congregazioni religiose la notizia della ripresa delle processioni; ci uniamo a questo compiacimento anche perché è espressione di ritorno alla normalità; ma sentiamo altrettanto il bisogno che ci si disponga con nuova attitudine spirituale; non si tratta, infatti, soltanto di ereditare forme del passato, spesso anche anacronistiche, ma anche di ripensarle profondamente per renderne vivi i contenuti. Il rischio di pensare che l’atto religioso vada in parallelo con l’esperienza della vita è sempre in agguato e ciò può favorire percorsi alienanti verso una religiosità anestetica. La drammaticità del momento presente, invece, ci interpella a ripensare radicalmente anche le nostre prassi religiose.
Ci sembra opportuno dare un tono nuovo alle processioni della settimana Santa, in particolare alla processione del Venerdì Santo. Infatti, i cristiani non sono chiamati a ricordare soltanto l’avvenimento del passato della crocifissione di Gesù; ma, ancora più a riviverlo nella sua dilatazione in tutti i crocifissi del mondo, nelle devastazioni delle guerre, e quella subìta dall’Ucraina in particolare. Con questo non vogliamo mistificare la croce e quasi compiacerci che essa è molto presente nella nostra storia contemporanea. Piuttosto vogliamo sottolineare che la vicenda di Gesù non è estranea alla storia della nostra umanità e ci mette anche in guardia dai tanti meccanismi perversi che la martoriano: sete di potere, meccanismi di dominio, deliri di onnipotenza, tradimenti, prevaricazioni; essa può diventare chiave di lettura per orientarci nelle distorsioni della vita.
Infatti, la vita di Gesù si presenta con un amore disarmato che, da un lato, si fa carico dei bisogni di chiunque lo incontra e, dall’altro lato, mette a nudo le sopraffazioni che incombono sulla gente a partire da quelle istituzioni che, invece che difenderla e prendersene cura, l’annientano nella misura in cui diventano spazio prevalente per l’esercizio del dominio, tanto più grave perché spacciato come volontà di Dio. Di fronte alle diverse forme di alienazione religiosa, sociale, politica Gesù cerca di costruire l’alternativa mettendo al centro ogni uomo con i suoi bisogni e con la sua sete di pienezza; a ciascuno egli va incontro con la parola amorevole e con atti di cura, aprendo varchi di possibilità nuove; parimenti, egli indica la strada per non farsi risucchiare dalla violenza sempre incombente: “rimetti la tua spada nel fodero”, egli ingiunge ai suoi discepoli invitandoli a non reagire alla violenza con la violenza.
Purtroppo questo non è avvenuto nel caso dell’Ucraina e l’uso delle armi è diventato sempre più urgente e inevitabile anche per motivi di difesa. Ma proprio questo ci lascia sgomenti perché avremmo voluto che la nostra società avesse raggiunto una modalità organizzata che, attraverso gli anticorpi della più autentica tradizione cristiana e dell’illuminato percorso della modernità, la difendesse preventivamente da ogni deriva. Ci eravamo convinti che la guerra fosse diventata improbabile e addirittura impossibile; ma ciò non è avvenuto per due motivi fondamentali. Il primo è che tutti, sotto sotto, hanno delle armi da tirar fuori alla prima occasione considerata opportuna; il secondo è che ancora consideriamo l’altro come possibile nemico. Questo sfondo mentale prima o poi farà nascere un nemico reale o immaginario. Le armi, all’inizio pensate come deterrente, prima o poi si rendono necessarie di fronte al nemico. In questa logica cresce la posta in gioco perché ciascuno raggiunga la propria superiorità, risucchiato dalla patologia dell’inimicizia.
In nome dei crocifissi della storia, facendo memoria della passione di amore che Dio nutre per ogni uomo, i cristiani dovrebbero trovarsi insieme con tutti gli uomini di buona volontà per promuovere una profonda svolta antropologica; essa comporta che sia superata la violenza in tutte le sue forme (e delle armi in particolare) per dare spazio alla parola e alla mediazione della politica; e sia superata l’idea della inimicizia per coltivare la persuasione che l’unione fa la vera forza; unendo le proprie energie, gli uomini, di qualsiasi credo e etnìa, possono superare i problemi di tutti gli abitanti del pianeta, rendendolo più vivibile per tutti. Cosa possiamo augurare entrando nella Settimana cara a tutti i cristiani e in particolareai nostri fratelli ortodossi, sia Ucraini che Russi? Rimettere le armi nel fodero e seppellirle mettendo in conto che da un lato e dall’altro ci sono padri e madri di famiglia, che hanno amore da donare ai figli; e che ci sono giovani, che non sognano trincee, ma piuttosto un futuro libero da armi e una terra che finalmente diventi paradiso, ossia giardino pieno di fiori, che per noi sono pace e libertà.
Come costruire vie non fasulle di pace?
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