Il “volto” della giustizia


Domenica delle Palme e della Passione del Signore – C

Lc 19,28-40; Is 50, 4-7; Fil 2, 6-11; Lc 22, 14 – 23, 56

Introduzione
Con la Domenica delle Palme e della Passione del Signore entriamo in un tempo particolare di quell’itinerario iniziato con il mercoledì delle ceneri: la Settimana santa. In questa domenica la liturgia ci pone davanti il racconto della passione del Signore. Nell’anno C leggiamo il racconto secondo Luca. La passione del Signore sarà nuovamente proclamata il Venerdì santo, seguendo il Vangelo di Giovanni. Questa domenica crea con la domenica di Pasqua un annuncio pasquale completo, con la narrazione della passione, morte e risurrezione del Signore. Il medesimo annuncio pasquale viene ripreso, seguendo una logica differente, nel Triduo santo.
Oltre alla Passione del Signore secondo Luca, nella liturgia di questa domenica viene letto ogni anno il terzo canto del Servo del Signore tratto dal Libro di Isaia (I lettura) e l’inno cristologico della Lettera ai Filippesi (II lettura). Si tratta di due letture che ci guidano nella lettura dei fatti della passione, facendone emergere più chiaramente il senso teologico e cristologico.

Riflessione
Proviamo a cogliere qualche tratto particolare del racconto della passione secondo il racconto lucano. Ogni evangelista infatti, presentando il racconto della passione, ha delle sottolineature proprie. Luca ci presenta la vita e la morte di Gesù come il modello di “una morte e una vita che piace al Signore”, egli è “il giusto”. Basta pensare alla “correzione” che Luca porta alla sua fonte, quando in bocca al centurione pone l’affermazione: «Veramente quest’uomo era giusto» (Lc 23, 47). Gli altri due sinottici infatti mettono sulla bocca del centurione un’espressione diversa: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!» (Mt 27,45; Mc 15,39).

Sguardi differenti”
Nel racconto della passione secondo Luca, al cap. 23 del suo Vangelo, l’evangelista dipinge molti sguardi rivolti al Cristo innalzato sulla croce da parte dei personaggi che stanno ad assistere a quel fatto: il popolo sta a vedere (theoreo – v. 35), i capi e i soldati lo scherniscono, le folle accorrono per vedere uno “spettacolo” (theoria) e se ne vanno percuotendosi il petto, i conoscenti di Gesù stanno ad osservare (orao – v.49) da lontano, anche le donne che lo avevano seguito dalla Galilea osservano questi avvenimenti e stanno a vedere il luogo dove depongono il corpo di Gesù (theomai – v. 55). Infine, abbiamo lo sguardo (orao – v.47) del centurione che, vedendo morire Gesù, riconosce in lui un uomo giusto.
Nel cap. 22, durante il processo di Gesù, c’è un altro personaggio che assiste alla passione e che ha una sua reazione di fronte a Gesù. In questo caso non si parla esplicitamente del personaggio che “guarda Gesù”, ma dello “sguardo” di Gesù rivolto a questo personaggio. Si tratta di Pietro, nell’episodio del suo rinnegamento. Dice il Vangelo di Luca: «Pietro disse: “O uomo, non so quello che dici”. E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore, voltatosi, guardò (blepo) Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto. E, uscito, pianse amaramente» (Lc 22,59-62).
Da tutti questi testi in cui si parla del “guardare” si può affermare che di fronte alla visione del crocifisso si possono assumere atteggiamenti molto differenti e contrastanti tra loro: scherno, insulto, contemplazione silenziosa, percuotersi il petto, invocazione, glorificazione di Dio, riconoscimento della giustizia. Si può inoltre lasciare che il suo sguardo ci trafigga e ci converta. Alla piena visione si giungerà solamente il primo giorno dopo il sabato, quando il risorto aprirà il cuore alle Scritture e si rivelerà pienamente nello spezzare il pane: «Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero» (Lc 24,30-32). Là ci sarà lo svelamento degli occhi per poter comprendere con uno sguardo diverso ciò che è accaduto nei fatti della passione-sepoltura-risurrezione del Signore.
Proviamo a ripercorrere questi sguardi diversi, questi modi differente di guardare e di osservare che Luca esprime attraverso verbi diversi, per comprendere anche il nostro modo di stare – come i suoi discepoli – davanti alla croce di Gesù.
Ci sono innanzitutto alcuni personaggi che “osservano” (theoreo). Si tratta del popolo e della folla. La passione di Gesù nel suo insieme è definita come uno “spettacolo” (theoria). C’è qualcuno quindi che sta ad osservare come spettatore. Alcuni di questi personaggi tuttavia non sembrano così distaccati dal momento che se ne vanno “percuotendosi il petto”. Altri invece sembrano non essere nemmeno capaci di osservare, ma scherniscono Gesù (i capi dei giudei, i soldati…): forse coloro che hanno fatto l’abitudine a scene come questa.
C’è poi chi assiste a ciò che sta accadendo in modo diverso. Per esprimere questo Luca non usa più il verbo theoreo ma il verbo orao che nel nuovo testamento ha il significato base del percepire, fare esperienza, osservare. Questi personaggi più vicini a Gesù stanno come impietriti davanti ciò che sta accadendo, stanno lontani ma estremamente coinvolti in ciò che sta accadendo. Sono lontani, ma coinvolti allo stesso tempo. Una situazione strana, propria di chi incredulo sta a guardare il frantumarsi di tutte le sue speranze, i suoi progetti. Essi vedono la fine inaccettabile di una persona nella quale avevano posto la speranza, il loro futuro. Questo stesso tipo di sguardo caratterizza il centurione: egli fa esperienza della giustizia di Gesù, assistendo alla sua morte.
Ci sono poi le donne, che guardano il luogo nel quale il corpo di Gesù viene deposto (theomai). Si tratta di un osservare con gli occhi del corpo. Un modo di guardare anche questo coinvolto e pensoso, che tuttavia non sa “vedere” altro che un corpo che viene deposto in una tomba. Uno sguardo quindi rassegnato a ciò che si vede, a ciò che appare.
Tutti questi sguardi sullo “spettacolo” della passione di Gesù indicano modi diversi di rapportarsi con essa, tutti sguardi che hanno bisogno di un ulteriore salto in avanti per poter “vedere” veramente.

Lo sguardo di Gesù
Ma c’è – come abbiamo visto – un altro sguardo molto importante, per il quale Luca usa un verbo differente da tutti quelli usati per questi “sguardi” rivolti ai fatti della passione. Si tratta dello sguardo che Gesù getta su Pietro. Per questo sguardo si usa il verbo em-blepo che è un composto di blepo. Questo verbo indica il guardare, contemplare, percepire con gli occhi. Ma l’aggiunta della preposizione “en” sottolinea il guardare “dentro”, guardare con profondità. Lo sguardo del Signore rivolto a Pietro provoca nel discepolo il ricordo delle parole del Signore e quindi il pianto. Se consideriamo che Luca è l’unico evangelista a riportare questo particolare dello sguardo che Gesù rivolge a Pietro, dobbiamo concludere che non ci troviamo davanti ad un fatto di pura cronaca, che egli racconta per curiosità, ma ad un messaggio molto importante nel racconto lucano della passione. Lo sguardo di Gesù provoca il ricordo delle sue parole. Anche questo non è solamente il ricordarsi della predizione di Gesù circa il rinnegamento del primo tra i discepoli, ma un “ricordarsi” potremmo dire “teologico” delle parole di Gesù, quel “ricordarsi” che fa passare dall’incredulità alla fede. La stessa esperienza faranno le donne al sepolcro la mattina della risurrezione, la stessa esperienza faranno i due di Emmaus, la stessa esperienza faranno i discepoli riuniti nel cenacolo. Alle donne i due uomini in bianche vesti dicono: «Non è qui, ma è risuscitato. Ricordatevi come vi ha parlato quando era ancora in Galilea» (Lc 24,6).
Come è importante questo sguardo di Gesù all’interno della narrazione della passione secondo Luca, così dovrebbe essere importante per noi suoi discepoli, che diciamo di seguirlo sulla sua via. Questo “sguardo” dovrebbe influenzare e plasmare anche il nostro modo di entrare nella Settimana santa. Anche noi infatti “guardiamo” con diversi sguardi lo spettacolo della passione di Gesù, ma solo l’essere posti sotto il suo “sguardo” su di noi può portarci a “ricordare” tutto ciò che egli ha detto e tutto ciò che nelle Scritture si riferisce a lui. Ognuno di noi, in questi giorni, avrà il suo sguardo su Gesù e sulla sua croce, ma ciò che veramente sarà decisivo nel nostro vivere la Pasqua sarà lo sguardo unico che egli rivolge su ciascuno di noi e sull’umanità nel momento supremo del suo dono.

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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