Invitati


XXII domenica del Tempo ordinario C

LETTURE: Sir 3, 17-18.20.28-29; Eb 12, 18-19.22-24; Lc 14, 1. 7-14

Introduzione
La Lettera agli Ebrei (II lettura), in un passaggio solenne e suggestivo, ci annuncia che c’è un luogo al quale noi ci siamo accostati per incontrare il volto di Dio. Non si tratta di qualcosa di solenne e meraviglioso, non una rivelazione di Dio tremenda e che incute timore. E’ suggestivo il paragone con l’epifania di Dio al Sinai, quando Israele scongiurò Mosè di fare da mediatore tra Dio e il popolo, perché era troppo per degli uomini ascoltare direttamente la voce di Dio. Noi, secondo l’autore di Ebrei, ci siamo accostati all’umiltà della carne di Cristo Gesù. Lui è il mediatore nella sua carne di uomo di una nuova alleanza nella quale tutte le Genti possono entrare grazie alla fede.
Questa rivelazione in Gesù del volto di un Dio che si lascia incontrare dal povero e dall’umile, di cui ci parla anche la pagine del Libro del Siracide (I lettura) viene presentata nella pagina evangelica di Luca (vangelo), dove la partecipazione ad un banchetto da parte di Gesù in casa di un capo dei farisei diventa l’occasione per narrare una parabola.

Riflessione

L’ultimo posto
Siamo in giorno di Sabato e Gesù si trova a pranzo nella casa di uno dei farisei: è il giorno di festa, profezia di un giorno futuro in cui Dio sarebbe stato l’ospite dell’umanità radunata a Gerusalemme, l’ospite generoso e ricco che avrebbe preparato «un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» (Is 25,6). Gesù, in casa di un capo dei una influente corrente religiosa del suo tempo, i farisei, pronuncia un insegnamento basato sull’immagine di un banchetto, un banchetto di nozze, nel quale alcuni sono inviati e uno è colui che rivolge l’invito. L’insegnamento di Gesù va ben al di là di un insegnamento sulle buone maniere. Gesù infatti, attraverso l’immagine di questo banchetto nuziale, dipinge il suo volto, quello della Chiesa e quello dell’umanità giunta al termine del suo cammino nella storia. L’insegnamento di Gesù si suddivide in due parti: da una parte a partire da chi è invitato, dall’altra a partire da colui che rivolge l’invito.
Nella prima parte del discorso di Gesù tutto si concentra su uno che viene invitato ad un banchetto di nozze. Ma Gesù pronuncia queste parole proprio mentre lui stesso è “l’invitato” ad un banchetto. Non è difficile quindi vedere qui il comportamento stesso di Gesù che «da ricco che era si fece povero» per rendere noi «ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9). E’ Gesù stesso che per primo ha scelto l’ultimo posto e la croce sarà il posto ultimo che egli sceglierà, portando alle estreme conseguenze il suo “abbassamento”. Nelle sue parole troviamo, in fondo, un invito rivolto ai suoi discepoli a seguirlo, a fare propria la sua stessa logica di vita.
Gesù, che ha scelto l’ultimo posto, è stato invitato dal Padre a sedere “più avanti” alla sua destra. La Epistola agli Ebrei afferma che Gesù «in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l’ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio» (Eb 12,2). Così anche i discepoli possono pensare al medesimo innalzamento che passa per la scelta dell’ultimo posto, ad immagine del loro maestro. Tuttavia non si tratta di un semplice invito all’umiltà, non è una “virtù morale” quella a cui Gesù invita i suoi discepoli. Si tratta di una scelta di fede: credere nel Dio che ha scelto l’ultimo posto, come unica via per la salvezza autentica della propria vita. Infatti Gesù afferma: «chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Sarai beato perché non hanno da ricambiarti
Nella seconda parte del brano il discorso di Gesù cambia ed egli si rivolge al suo ospite, un capo dei farisei, un uomo appartenente ad una corrente religiosa spesso portata a sentirsi costituita dai “primi”. Parlando a quest’uomo che lo ha invitato a pranzo a casa sua, Gesù lo esorta dapprima a non invitare certe categorie di persone: amici, fratelli, parenti, ricchi. Gesù invece prosegue il suo discorso proponendo al suo ospite di invitare: poveri, storpi, zoppi e ciechi. Potremmo leggere queste due liste mettendole a confronto tra loro, specialmente a partire dalla coppia povero/ricco, che è la più evidente. I termini potrebbero corrispondersi in ordine inverso: ricchi/poveri, parenti/storpi, fratelli/zoppi; amici/ciechi. La chiave di lettura di queste coppie si trova al v. 14: «sarai beato perché non hanno da ricambiarti». Il ricco può ricambiare i tuoi doni, il povero no: può solamente riceverli. I parenti possono sostenerti nei momenti di difficoltà e aiutarti in diversi modi. Se sei malato, i parenti possono curarti. Lo storpio invece no. Egli va sostenuto e curato, ma non può ricambiare queste attenzioni. I fratelli in particolare, forse quelli che appartengono al medesimo gruppo religioso, possono sostenerti e facilitarti, lo zoppo non può, non può fare molta strada e non può con facilità pensare nemmeno ai suoi affari. Infine gli amici possono farti sentire tutto il loro apprezzamento per le cose che tu doni loro e per le tue qualità, i ciechi non possono nemmeno vedere tutto questo. Essi non vedono ciò che tu doni loro.
Anche in questo caso dobbiamo vedere in questo insegnamento di Gesù in primo luogo ancora una volta l’invito a seguire la sua medesima logica di vita: egli ha scelto e invitato poveri, storpi, zoppi e ciechi. L’umanità fatta soprattutto da poveri che non hanno nulla da restituire a Dio; di storpi incapaci di fare il bene; di zoppi non in grado di camminare e di fare della strada da soli; di ciechi incapaci di vedere e di riconoscere tutto ciò che Dio ha operato per loro. Proprio per questi Dio in Gesù ha scelto l’ultimo posto. Una scelta che il Dio di Israele ha fatto da sempre, fin dalla scelta di Israele, un piccolo popolo tra i regni della terra.
Il discepolo di Gesù è chiamato alla stessa vita del suo maestro. Ad agire nei confronti degli uomini e delle donne con quella gratuità con la quale è stato amato da Dio.

Una festa di nozze
E’ significativo che Gesù abbia utilizzato l’immagine di un banchetto di nozze per dare questo annuncio ai suoi discepoli. L’immagine delle nozze è una delle immagini più care al Primo Testamento – ma anche al Nuovo Testamento – per parlare del rapporto tra Dio e il suo popolo. Usando quindi questa immagine, Gesù rivela che ciò che sta dicendo, ancor prima che riguardare i rapporti tra gli uomini, ancor prima di interessare la morale, il buon comportamento, riguarda il rapporto con Dio. In fondo Gesù afferma che lui stesso è la manifestazione dello stile che Dio ha sempre avuto nella storia: ha scelto gli ultimi posti; ha inviato poveri, storpi, zoppi e ciechi. Nello stesso tempo egli invita anche i suoi discepoli a occupare come lui gli ultimi posti e a sentirsi oggetto dell’amore di Dio non in quanto amici, fratelli, parenti, ricchi, ma in quanto, loro per primi, poveri, storpi, zoppi e ciechi che non hanno nulla da dare in cambio di un tale invito, ma tutto da ricevere come dono: un dono gratuito non dovuto e non meritato.

Matteo Ferrari, monastero di Camaldoli

Share