La politica del disprezzo e l’effetto presepe
Ci sono, nelle tradizioni, logiche profonde e complesse, che vanno rispettate proprio nella loro complessità. Anche la tradizione cristiana, e in particolare quella cattolico-romana, non sfugge a queste logiche. Quasi 70 anni fa un parroco diede fuoco a Babbo Natale, sul sagrato della Chiesa, per “difendere” Gesù bambino dai “culti pagani”. Questo episodio diede lo spunto, a C. Lévi-Strauss per scrivere un bell’opuscolo, dal titolo “Babbo Natale giustiziato” nel quale metteva in luce la profonda continuità tra culto pagano e culto cristiano, sulla base della antica festa del Sol invictus, dove i temi della luce, delle piante sempreverdi e dei “vecchi/morti” e dei “bambini/neonati” si intrecciano strutturalmente.
Ora, in questo contesto, quando la polemica diventa vuota e formale, possiamo trovare il paradosso per cui politici senza vero retroterra di fede, la cui sensibilità verso lo straniero è proverbiale, diventino i “difensori del presepe” (e del Crocifisso), pretendendo di far passare pastori e cristiani come “nemici del popolo”.
La questione decisiva, in tutto questo, è ciò che da tempo chiamo “effetto presepe”. Vorrei provare a spiegarlo brevemente. In tutte le grandi tradizioni, infatti, i passaggi decisivi – nel nostro caso cattolico, il Natale e la Pasqua – diventano “luoghi di riconoscimento”, non solo religioso, ma culturale e sociale. “Fare il presepe” a Natale, e “visitare i sepolcri” a Pasqua diventano luoghi di identità. Ma, proprio in questo passaggio, le tradizioni si mettono a rischio, perché concentrano in un punto tutti i “messaggi” e proprio per questo “sovraccarico” rischiano di perderne il senso. Il presepe e il Crocifisso diventano, così, meri simboli di identità, in cui la comunità si identifica “contro qualcuno”, contraddicendo in modo vergognoso il significato del simbolo stesso.
Il presepe, in modo esemplare, costituisce un caso tipico di questa “tentazione”. Presepe dice, in latino, “mangiatoia” e costituisce la “versione di Luca” del mostrarsi del Salvatore. Che si rivela ai pastori irregolari e non ai buoni credenti regolari del tempo. La tensione, in quel testo di Luca, è tra la grandezza del Signore e la piccolezza umana che può riconoscerlo solo nella irregolarità dei pastori. Nella versione di Matteo, invece, la dose è ancora rincarata: la tensione è tra la stella e i magi che la seguono, nella loro condizione di stranieri, e la ostilità viscerale dei residenti. Il “presepe”, mescolando tutti questi messaggi, rischia di non aumentare, ma di diminuire la forza della tradizione, riducendola a un “soprammobile” borghese. Il presepe significa che ultimi, stranieri e irregolari riconoscono Gesù, mentre Governatori, Ministri e residenti regolari cercano di ucciderlo. Esattamente come, a Pasqua, sanno riconoscere Gesù una donna dai molti mariti, un disabile grave come il cieco nato e un cadavere come Lazzaro, mentre i potenti lo uccidono senza pietà. Queste sono le categorie privilegiate dalla Chiesa!
Ciò che il mondo cattolico deve chiedere, con parole pacate, è un passo avanti nell’assumere il significato autentico del Presepe e del Crocifisso, chiedendo ai politici di fare un “passo indietro” su temi che non si possono fare entrare nella bieca speculazione politica. Ecco come lo aveva detto, alcuni anni fa, il Vescovo di Padova: «Fare un passo indietro non significa creare il vuoto o assecondare intransigenze laiciste, ma trovare nelle tradizioni, che ci appartengono e alimentano la nostra fede, germi di dialogo. Il Natale, in questo senso, è un esempio straordinario, un’occasione di incontro con i musulmani, che riconoscono in Gesù un profeta e venerano Maria». Solo con un piccolo passo indietro si fa un grande passo avanti. Nella pura tradizione cristiana. E non è un caso che i politici dell’odio e della indifferenza oppongano a questo una resistenza viscerale.
Vogliono cacciare gli stranieri e i crocifissi dall’Italia e avere in ogni ufficio crocifissi e presepi come soprammobili? Questo è semplicemente disgustoso. Delle due l’una: o riempiamo di simboli natalizi e pasquali una terra che sappia dimostrarsi accogliente e non indifferente. O scegliamo di cacciare chi è senza casa e tutti i crocifissi della terra, ma, almeno per un minimo di pudore, cerchiamo di arrossire davanti ai simboli di ciò che non accettiamo e vogliamo soltanto combattere. E’ ovvio che, per chi gioca solo su odio e disprezzo, anche il presepe e il crocifisso possono diventare non strumenti simbolici di comunione, ma strumenti diabolici di disprezzo. A questo uso distorto e perverso dei grandi simboli cristiani ci opporremo sempre con assoluta determinazione.
Per quel che possono contare, gentile dott. Andrea Grillo, le faccio di cuore i miei complimenti per queste sue considerazioni che trovo assai pertinenti.
I simboli religiosi, che nelle festività maggiori ( Natale e Pasqua) sembrano trovare nuova linfa, in realtà assumono, nella sostanza della realtà dei nostri tempi, un inquietante aspetto di vergognosa ipocrisia che stride con il senso profondo ad essi intrinseco.
Infatti vengono sbandierati dai cristiani cattolici più intransigenti come strumenti inalienabili di difesa delle nostre tradizioni religiose, mentre chi se ne riempie la bocca orgogliosamente, smentisce, con le parole e con i fatti, il valore profondo di quei simboli. E questo è davvero intollerabile.
Lei ha detto bene: presepe e crocifisso possono diventare “strumenti diabolici di disprezzo”.
A parte certi politici che girano ridicolmente col rosario in tasca e nelle mani, si vedono non pochi sedicenti cristiani cattolici, convinti di esserlo davvero solo perché apparentemente umili nel parlare e pronti ad inginocchiarsi davanti al tabernacolo levando lo sguardo al cielo e biascicando non si sa quali preghiere, respingere gli stranieri appellandosi a mille cavilli.
Costoro hanno compreso davvero i contenuti della loro religione? Hanno letto bene il Vangelo? Hanno capito che Gesù preferiva i disprezzati e gli emarginati? Che il suo messaggio aveva lo scopo di diffondere l’amore fra gli uomini mostrando il vero volto del Padre?
Urge da parte loro una profonda revisione del credo cristiano, per non creare scandalo mistificando la religione cui dicono di appartenere, mentre ne sono assai distanti dimostrando di aver recepito pressoché nulla di quel che il Maestro diceva ai discepoli e alle folle. E a noi.
Pienamente d’accordo con quanto scritto dall’autore dell’articolo, desidero mettere qui una riflessione sulla stessa questione che ho pubblicato sulla mia pagina facebook. “FEDE E’ RIVOLUZIONE! Nel IV secolo, quando si comincia a celebrare il Natale cristiano sostituendolo al Natale precristiano dedicato alla nascita del dio sole, si sostituisce alla retorica del potere (Dies Natalis Solis Invicti) – che finiva per fare del massimo potere oppressivo (l’imperatore) il figlio di dio -, la speranza di una rivoluzione dal basso con l’incarnazione di Dio in uno sconosciuto bambino nato povero tra i poveri, profugo e vittima del potere tra profughi e vittime del potere … accolto solo da “stranieri” (i magi), da “poveracci” (i pastori) e da “animali” (bue, asino, pecore … non dimentichiamo gli animali …), completamente snobbato dalla gente per bene (tutte le statuine dei vari mestieri che mettiamo nel presepe rappresentano la gente per bene che se ne strafrega di lui) e perseguitato da subito dal potere (Erode) … uno “sconosciuto” che, dopo aver lottato per i diritti dei poveri e dei diseredati, terminerà i suoi giorni terreni condannato alla peggiore delle pene di morte, la croce, insieme ad un gruppo di altri condannati per reati comuni (neanche l’onore di una esecuzione personalizzata) … FEDE E’ RIVOLUZIONE: quest’uomo, che rappresentò l’antipotere per eccellenza, è IL VERO FIGLIO DI DIO … da lui nasce un movimento che, per fedeltà al sua maestro, dovrebbe essere un movimento di RIVOLUZIONE PERMANENTE, nel nome del Dio dei poveri, contro tutti i poteri di questo mondo …. Solo così, ancora e di nuovo BUON NATALE !!!!”
Dunque Salvini come Erode? Andrea Grillo è fin troppo generoso con Salvini. Abbiamo un bel dire sui valori universali del presepe, ma nella circostanza la questione è piccina piccina: i vescovi sono intervenuti sistematicamente a gamba tesa in campo politico, non hanno titolo di lamentarsi adesso se la politica interviene a gamba tesa nel loro campo.